mercoledì 30 luglio 2014

Dreamscape - Fuga nell'incubo (1984) di Joseph Ruben

Trailer del film



Piccolo cult di fantascienza che ha come punti di forza una messa in scena ispirata ed una trama coinvolgente. Il film racconta di Alex, un ragazzo che ha preso parte a degli esperimenti scientifici per via delle sue potenzialità psichiche. Egli infatti riesce a leggere nella mente e ha il potere della telecinesi. Un giorno viene richiamato dal suo vecchio istituto di ricerca perché stanno facendo degli esperimenti sui sogni delle persone. Viene infatti ricercato un modo per entrare nei sogni della gente e aiutarla a superare i propri incubi. La vicenda si incrocerà con la storia del presidente degli Stati Uniti, che è in crisi per via dei propri incubi riguardanti un olocausto nucleare. Il film si sviluppa in maniera abbastanza classica, ma molto efficace, dato che sono presenti pochi cali di ritmo e viene intessuta sapientemente la trama in modo da creare un efficace crescendo, non solo nel ritmo, ma anche nelle sequenze oniriche. Esse sono infatti uno dei nuclei centrali della pellicola e risultano realizzate molto bene. Nelle prime esperienze nei sogni vengono presentate situazioni irreali ma poco visionarie, ma man mano che si procede nella trama, vengono allestite situazioni visivamente molto ispirate che risultano affascinanti e coinvolgenti. Anche l'idea di utilizzare i sogni delle persone per manipolarle o addirittura ucciderle l'ho trovata azzeccatissima e riesce a portare avanti una trama che rischiava di risultare banale, senza le giuste aggiunte. Viene anche inserita una certa ironia nel racconto, come ad esempio il signore che non si fida della fedeltà della moglie. Anche la scelta di inserire il presidente è molto funzionale per via delle idee che decide di portare avanti e di come esse vengano ostacolate dal governo, attento solo al guadagno e non al benessere del cittadino. Tutta la messa in scena è la componente che rimane più impressa, con le sequenze oniriche che la fanno da padrone. Il film procede quindi con una buona qualità, minata a volte da scene un po' clichettose, ma che non arrecano molto danno. La regia è buona e riesce a creare un'ambientazione e delle situazioni interessanti e appassionanti. Ogni tanto il film ha dei cali di ritmo, ma nel complesso sono ampiamente bilanciati dai restanti momenti. Le inquadrature sono anche abbastanza curate e viene mantenuto un registro adeguato alla vicenda. La fotografia e la messa in scena, come già detto, sono riuscitissime e rimangono impresse creando situazioni senza cali di stile e visivamente accattivanti. La colonna sonora è ben riuscita, dato che è straniante e molto adatta ai temi trattati. Gli attori sono abbastanza in parte, con un protagonista convincente, anche se non è niente di eccezionale. Il resto del cast può vantare alcuni membri ispirati che riescono ad avere un certo spessore. Il protagonista, nel finale recupera un certo interesse per via del suo comportamento spietato che fa intuire come il potere rischi di corrompere la sua moralità e che si sia scatenata una mina vagante nel mondo. Questa è una pellicola molto affascinante che funziona per via di una messa in scena ispiratissima e di una narrazione molto interessante, che è ripresa in parte dal recente Inception, senza che quest'ultimo raggiunga un livello così interessante nelle fasi oniriche.

Il mucchio selvaggio (1969) di Sam Peckinpah


Trailer del film



Capolavoro western che svuota il vecchio West dell'epica e mette in scena reietti della società in una spirale autodistruttiva. La storia è quella di un gruppo di fuorilegge, il mucchio selvaggio appunto, che, dopo una rapina finita male fuggirà in Messico a cercare nuovi affari. Là verranno in contatto con la guerra fra il governo e i ribelli e si troveranno invischiati in intrighi più grandi di loro. Nel frattempo verranno seguite le vicende dei loro inseguitori, anche se questa parte di trama viene usata come cornice per approfondire un po' del passato del protagonista, dato che uno degli inseguitori è un suo vecchio amico. Questo personaggio si sente anch'esso fuori dal tempo e inadatto e l'inseguimento gli permetterà di riflettere su se stesso e sulla sua condizione. Il film è raccontato in maniera eccezionale, con una trama molto significativa sviluppata con intelligenza e maestria. Il vecchio West viene rappresentato in maniera molto cruda e viene spogliato di qualsiasi epica. I personaggi non sono mostrati come eroi solitari in cerca di avventura, ma come disperati fuorilegge che non riescono a trovare il loro posto in una realtà in evoluzione, che li sta rendendo inadeguati. Questa visione è molto interessante e rende la vicenda molto umana. Il mucchio selvaggio cercherà una nuova frontiera nelle terre messicane, dove vivono ancora le atmosfere e gli usi del West. Inoltre nessun personaggio è positivo, ma tutti sono interessati alla sopraffazione e all'arricchimento con qualsiasi mezzo. Un altro punto fondamentale della pellicola è la visione del regista riguardo alla violenza. Essa viene infatti mostrata come una caratteristica innata nell'uomo sin dalla nascita, la quale lo rende pericoloso ad ogni età. Anche i bambini, presenti in molte sequenze, non sono caratterizzati dall'innocenza tipica con la quale sono spesso rappresentati, ma presentano una certa dose di malvagità e dei comportamenti crudeli, dovuti in parte ad un'innata attrazione verso la violenza e in parte ad un ambiente crudele che non contiene alcun valore e che disumanizza chi ci vive. Nonostante l'ambiente nel quale si muovono i personaggi si presenti come ostile e malvagio, i fuorilegge del mucchio mantengono fede ad un codice d'onore che gli spinge a rimanere coesi e a non abbandonarsi, anche se li porterà verso l'autodistruzione. Questa è una storia cruda, spietata, che non rimarrà impressa per il fascino con il quale siamo abituati a vedere i western. Ciò rende tutto molto più tragico e carica di potenza ogni parte del racconto. La violenza fisica e della società stessa viene messa sotto accusa, o per meglio dire alla berlina, e porrà lo spettatore a chiedersi se in se stesso non sia presente una certa dose di brutalità e di istinto di sopraffazione. La regia è superba con sequenze fatte ottimamente, molto ispirate e significative. L'azione è sempre comprensibile e ben strutturata, così da immergere lo spettatore nella vicenda e rendergli il tutto interessante dall'inizio alla fine. Il regista riesce anche a caratterizzare bene l'ambientazione e ad infondere significato in molte scene, semplicemente inserendo dei particolari o strutturandole in un certo modo. La fotografia è ottima con delle ambientazioni ottime e degli scorci veramente ispirati. Il Messico è delineato molto bene è viene sempre trovata la giusta angolazione con la quale mostrare una scena. Anche la messa in scena è veramente realistica, con costumi e ambienti realizzati molto bene. Il montaggio è una delle componenti tecniche meglio riuscite, dato che riesce a rendere ogni scena comprensibile e utilizzando spesso un montaggio alternato fra più situazioni, anche vicine, che danno un ritmo e un impatto visivo veramente belli da vedere. Alcune scene risultano semplicemente splendide, con lo scontro finale che è da antologia. Gli attori sono veramente bravi, riuscendo a dare un forte senso di decadenza e inadeguatezza ai propri personaggi, anche grazie ad un lavoro di scrittura ottimo che va a tratteggiare la fine di un'epoca. Anche le relazioni personali, seppur classiche, risultano perfette nel contesto nelle quali sono calate. I personaggi sembra sempre che vogliano recuperare l'innocenza di quanto erano giovani, pur sapendo che ormai sono perduti e non li resta che farsi da parte e sparire. Questa è un'opera imperdibile per gli amanti del cinema e del western, dato che vengono raggiunti dei picchi artistici difficilmente eguagliabili, che vanno a comporre una storia triste e malinconica di un tempo andato che non tornerà.

domenica 20 luglio 2014

Hates - House at the End of the Street (2012) di Mark Tonderai


Trailer del film



Scadente thriller senza idee, che poteva diventare un gioiellino, ma rimane solo una delusione. Il film inizia con l'omicidio da parte di una bambina di entrambi i suoi genitori a colpi di martello. La piccola killer farà perdere le sue tracce nel bosco e la scena si sposterà un po' di anni dopo e seguiremo le vicende di Elissa e Sarah che si sono appena trasferite in una casa vicino a dove è stato commesso il delitto. Conosceranno quindi il fratello, ormai cresciuto, della bambina omicida e verranno a galla alcuni retroscena e verità inquietanti nel tranquillo quartiere. La storia procede a stenti, per via di un ritmo un po' troppo lento ed una storia senza guizzi degni di nota. I dialoghi e molte scene sanno di già visto ed è palese il fatto che alcuni momenti sono riempitivi, per via della trascuratezza di alcune situazioni e interazioni. Vengono inoltre forniti particolari alla trama per darle più drammaticità, anche se risultano forzati ed inutili, come il fatto che i genitori di Ryan erano drogati. La trama segue un andamento lineare che permette di prevedere molte svolte e situazioni, anche se devo ammettere che un paio di twist narrativi li ho molto apprezzati. Purtroppo quest'ultimi non bastano a risollevare una narrazione sottotono che non ha molto da offrire. Perfino i momenti più riusciti sono vanificati da situazioni non all'altezza e, un ritmo inadeguato completa un quadro tutt'altro che roseo. Un vero peccato perché alcuni momenti facevano ben sperare per via della loro efficacia. La regia non è granché, dato che presenta una narrazione eccessivamente lenta e sfrutta molti stili visivi senza riuscire a dare una linea ben definita. Si passa infatti da scene con uno stile simil-psichedelico senza alcun senso (dato che non sono nemmeno in soggettiva), ad altre realistiche e molto fredde. Inoltre la regia non riesce quasi mai ad appassionare lo spettatore, che procede nella visione in maniera passiva, attendendo il successivo momento di tensione. Anche gli espedienti per far paura sono della tipologia più semplice e meno duratura, dato che viene semplicemente alzato il volume della musica e viene fatto fare un scatto agli attori. Va inoltre aggiunto che il film non punta mai sulla violenza visiva e risulta pudico a tal punto da rendere fin troppo pulite alcune scene che dovrebbero essere almeno un minimo sanguinolente. Ad esempio, quando la protagonista rimarrà a contatto prolungato con una lampada incandescente, non subirà nemmeno un minima bruciatura sul braccio. Non vengono nemmeno sfruttati i momenti più riusciti, come ad esempio la scena al buio, che riesce a creare molta tensione, finché il cattivo non si comporta in maniera così stupida da far scadere tutto nel ridicolo. La fotografia non è il massimo, ma riesce saltuariamente a dare delle ambientazioni abbastanza ispirate, anche se molto derivative. Il montaggio è una delle componenti che mi ha convinto meno, per via di alcune scene veramente inguardabili, come quella alla festa nella quale c'è un montaggio tale da far sembrare tutto un videoclip di serie B, e altre nella norma che comunque non convincono, anche a causa di una narrazione mal gestita. Gli attori recitano nella norma, anche se, per via di personaggi bidimensionali non riescono ad esprimere granché e risultano semplicemente delle sagome alle quali far accadere spiacevoli eventi. Il lavoro di scrittura è malfatto soprattutto nei dialoghi e nelle relazioni interpersonali, che risultano finte e senza enfasi. Quindi, questo è un prodotto non riuscito, essendo stato affidato a mani inadatte alla materia trattata e per via di una storia che non brillava per originalità, che viene affossata da una realizzazione sciatta e senza ispirazione.

Dead Man Walking - Condannato a morte (1995) di Tim Robbins


Trailer del film



Struggente film contro la pena di morte, che porta avanti il suo messaggio colpendo lo spettatore dritto allo stomaco. La vicenda raccontata è quella di Matthew, un condannato a morte che viene visitato da una suora con cui si era scritto delle lettere. Lei è profondamente contraria alla pena di morte e tenterà in tutti i modi si salvare il giovane uomo dalla fine, cercando nel frattempo di redimerlo e farlo pentire per ciò che sembra aver commesso. La storia è raccontata in maniera molto poetica e sensibile, che riesce a far tenere col fiato sospeso lo spettatore dall'inizio alla fine. La trama ha il grande pregio di portare avanti la sua critica alla pena di morte senza presentare il punto di vista dei contrari come privo di difetti e senza demonizzare i familiari delle vittime per desiderare la morte dell'assassino, anche se da un punto di vista umano è fortemente deprecabile. La suora tenta in tutti i modi di salvare il condannato, in parte spinta dalla compassione e dalla speranza che sia solo una vittima degli eventi. La narrazione procede in maniera ottima, riuscendo a mettere in scena delle situazioni dal forte impatto emotivo, che veicolano bene il messaggio e mostrano la crudeltà della giustizia americana. Infatti, è presente una fortissima critica verso la società americana, che viene mostrata come crudele ed ingiusta, non solo per via delle pene inumane che infligge ai condannati, ma anche per via delle condizioni impari nelle quali mette le persone di fronte alla legge. Viene reso in maniera palese come le figure più deboli non abbiano diritto allo stesso trattamento di quelle più abbienti. Il film segue l'odissea di Matthew che via via si apre alla suora, facendo emergere lati umani di lui che lo mostrano indifeso e vittima di una società che non crede nel reintegro nella società per i criminali. Anche la politica non viene risparmiata dalla pellicola, dato che viene mostrata interessata solo all'immagine e non a ciò che è giusto. Perfino il prete, che dovrebbe essere un difensore dei più deboli, accetta senza battere ciglio una situazione disumana, solo per mantenere il quieto vivere. Nel complesso emerge quindi un quadro desolante, dove l'umanità della suora risulta più efficace e potente del sistema giudiziario, al fine di redimere le persone. Il problema sembra sorgere dalla società stessa che riesce solo a provare odio per il criminale e chiunque abbia avuto contatti con lui, colpevolizzando un intero nucleo familiare solo perché un membro ha sbagliato. Il film riesce ad emozionare moltissimo, fino a sconvolgere lo spettatore nella parte finale del film che risulta insostenibile per via dell'empatia che si crea col condannato e per l'impotenza nella quale si trova lo spettatore guardando il fluire degli eventi. Ovviamente il film non è esente da difetti, dato che viene presentata una situazione fin troppo idilliaca e simbolica che rischia di scalfire lievemente il messaggio del film. La regia è molto buona, dato che riesce a dare la giusta intensità ai momenti cruciali e riesce a mantenere un buon ritmo. C'è un certa cura nelle inquadrature che non le fanno mai apparire ruffiane o banali. Alcune sequenze sono veramente riuscite, come quella del delitto che è d'impatto ed è visivamente interessante, anche grazie ad un discreto bianco e nero. SPOILER La scena finale dell'esecuzione è veramente insostenibile per via delle fortissime sensazioni che scatena, oltre a creare una sorta di parallelismo con la crocifissione che le dà un forte senso simbolico FINE SPOILER. La fotografia è molto ispirata e alterna momenti molto pacifici e rilassanti ad altri più crudi e claustrofobici, che creano un bel distacco fra la vita fuori e dentro la prigione. Anche il montaggio è riuscito e crea sequenze visivamente stimolanti e ben amalgamate, come quella del delitto o le riprese della giovinezza della suora. Gli attori sono in parte con Sean Penn veramente eccezionale e Susan Sarandon adatta a sostenere un ruolo non facile. I personaggi sono scritti molto bene e hanno una profondità che permette di creare una serie di relazioni non bidimensionali, ma che invece riescono a convincere e a creare un contesto realistico. Nel complesso quindi questa è un'opera veramente bella che risulta insostenibile per i più sensibili e pone molti interrogativi su un sistema sociale, senza fare una semplice morale, ma creando un contesto e una situazione che permette di far riflettere senza scadere nel banale.

lunedì 7 luglio 2014

La regola del silenzio - The Company You Keep (2012) di Robert Redford


Trailer del film


Buon thriller che racconta elegantemente la storia, pur rimanendo fin troppo nei canoni classici del genere. Il film racconta le vicende di Jim Grant, avvocato e padre di famiglia, dal momento in cui viene associato ad una rapina commessa 30 anni prima nella quale è morta una guardia giurata. Al crimine presero parte dei membri di un gruppo pacifista radicale, del quale faceva parte pure l'avvocato. La verità viene ricercata da Ben Shepard, un reporter che vedendo la possibilità di fare un grosso scoop, indagherà sulla vicenda avvenuta 30 anni prima e tenterà di scoprire cosa è realmente accaduto quel giorno. Il film segue due linee narrative che si incroceranno più volte: la prima segue le mosse dell'avvocato in fuga dalla giustizia ed intenzionato a far emergere la verità, mentre la seconda segue il reporter, anch'esso con il solito obiettivo. Il ritmo è buono, dato che alterna adeguatamente sequenze di ricerca e scoperta ad altre più movimentate dove si sente la tensione e la curiosità per ciò che sta succedendo. Anche lo sviluppo della vicenda è ben dosato e il film scorre liscio senza far sopraggiungere mai il senso di noia. L'unica cosa, da questo punto di vista, che mi ha fatto storcere il naso è la scelta di far prendere alla storia pieghe fin troppo battute, privando quasi totalmente la pellicola di innovazione, soprattutto per uno spettatore più smaliziato. Anche alcune scelte di trama sono un po' telefonate e tendenti ad alcuni cliché del genere. Nel complesso comunque la storia è molto interessante grazie ad una buona capacità nel racconto. Il buon ritmo e lo sviluppo intrigante di una trama nota, fa passare in secondo piano alcune imperfezioni nella sceneggiatura e riesce a intrattenere benissimo. Un'altro aspetto molto curato è il collegamento fra il presente e il periodo in cui è avvenuta la rapina, descrivendolo bene e mostrando quali lotte e abusi si verificavano in quegli anni. La regia è buona e riesce a strutturare bene la vicenda evitando quasi sempre tempi morti e tenendo un ritmo quasi sempre adeguati. Purtroppo come già detto segue uno stile e una narrazione molto classici, che fanno risultare un po' datato il lavoro, per colpa anche di una sceneggiatura senza elementi innovativi, eccezion fatta per il contesto e il background dei personaggi. Ho trovato inoltre un po' più debole la linea narrativa del reporter che si occupa unicamente di scoprire la verità senza apportare grandi aiuti alla vicenda. risulta comunque utile come figura, dato che aiuta lo spettatore ad avere un quadro completo che si scopre gradualmente. La fotografia e il montaggio sono ben fatti e rendono il film curato dal punto di vista tecnico, aiutandolo ad appassionare e ad interessare. Gli attori sono molto in parte, soprattutto i membri del nucleo pacifista che risultano nel complesso ben caratterizzati e intriganti, tranne Mimi, vecchia fiamma dell'avvocato, che risulta meno approfondita e più macchiettistica per via dei suoi comportamenti nel film. Il lavoro di scrittura è ben fatto, ma è minato da alcune situazioni e scelte narrative che risultano difettose e fuori contesto. Quindi, questa è un'opera che ha molti pregi, grazie ad una bella narrazione che riesce ad appassionare, anche se, per colpa di alcuni difetti di scrittura e della scarsa innovazione impediscono alla pellicola di diventare un gioiellino, ma resta "solo" un buon film.

2002: la seconda odissea (1972) di Douglas Trumbull


Trailer del film


Buon film di fantascienza che ha delle caratteristiche originali sfruttate bene, ma non al 100%. La storia è quella di Freeman, un membro di una troupe di scienziati che è in missione nello spazio per preservare e studiare le ultime foreste rimaste, le quali sono contenute in delle enormi astronavi, che fungono da habitat artificiale. Freeman viene schernito dai suoi tre colleghi per via del suo attaccamento quasi morboso alla natura, mentre loro considerano quegli esseri viventi solo una fonte di dati per la loro ricerca. Un giorno i capi della missione ordineranno a tutti coloro che sono nelle navi di abbandonare la ricerca e di distruggere tutto. Freeman tenterà di fermare con le buone i suoi compari, ma, non raggiungendo alcun risultato, decide di passare a metodi più violenti. Da lì in poi il film cambierà andamento e si baserà tutto sul rapporto fra lui e i tre robot presenti sull'astronave, con i quali tenta di stabilire un rapporto umano. La trama si sviluppa in maniera insolita e incuriosisce molto soprattutto nei primi minuti, dato che non è facile prevedere come procederà la vicenda. Man mano che il film va avanti, purtroppo inizia a perdere colpi pur trattando temi interessanti. Il problema principale è un ritmo eccessivamente posato che non è supportato da una storia talmente intrigante da far sopportare il lento incedere della vicenda. La trama, dalla metà del film in poi, inizia a sfilacciarsi un po', anche se non ritengo la linea narrativa sbagliata o vuota di significato. Purtroppo l'interesse sulla sorte del protagonista non risulta mai abbastanza elevato per via della scarsa empatia che si crea fra lui e lo spettatore, essendo mostrato al limite della pazzia. D'altro canto i temi e le situazioni trattati risultano a loro modo affascinanti, grazie alla creazione di una bella ambientazione, che viene resa realistica e magica dai bellissimi effetti speciali. Molto interessante è il fatto che il film non si schiera apertamente contro lo sviluppo tecnologico e a favore del ritorno alle origini facendo entrare l'uomo in simbiosi con la natura, ma sembra criticare unicamente la miopia umana, che non riesce ad utilizzare adeguatamente le risorse che ha, sia tecnologiche che naturali, per svilupparsi nel rispetto di tutti gli esseri viventi. Questo viene mostrato dal fatto che la natura viene rappresentata come benevola e danneggiata dallo sviluppo dell'uomo, ma anche la tecnologia viene vista come un mezzo che, se sfruttato a dovere, può aiutare a risolvere i problemi naturali. Questa posizione ambivalente viene mostrata in maniera un po' palese, ma evita di rappresentare un punto di vista bidimensionale, che avrebbe affossato totalmente la vicenda. Anche il fatto che il protgonista compia azioni deprecabili per difendere il suo ideale non lo pone al di sopra degli altri e sembra voglia rappresentare come gli eccessi nell'attaccamento ad un ideale non giustifichino tutto. Nel complesso però questa visione non compensa alcune mancanze nella pellicola e il messaggio non risulta avere abbastanza potenza per essere convincente al massimo. La regia è nella media, senza guizzi, ma senza cadute di stile, anche se non riesce a dare il giusto ritmo alla vicenda, che si perde un po' in inquadrature ambientali che tendono a sovrastare la linea narrativa e a sfilacciare il racconto. Nel complesso vengono mostrate comunque delle inquadrature interessanti con uno sviluppo che tenta di puntare più sull'atmosfera e su un ritmo rilassato, anche se, come già detto, è uno stile riuscito a metà. La fotografia è molto curata e riesce a fornire delle inquadrature molto suggestive, soprattutto quelle che si svolgono nello spazio aperto, per via di effetti speciali molto belli e del fascino delle immagini. La colonna sonora ha toni tipici degli anni '70 e riesce a dare un'atmosfera più rilassata al racconto, pur non facendo gridare al miracolo. Il comparto tecnico in generale non è male e risulta nel complesso convincente, ma ciò che manca è uno stile pienamente convincente che potesse convogliare gli sforzi dei vari reparti verso un obiettivo di alto livello. Gli attori recitano senza infamia e senza lode, per via di personaggi non molto profondi e che rischiano di scadere nella macchietta. L'unico che spicca è il protagonista, che con la sua follia latente riesce a suscitare interesse, anche se la mancanza di empatia con lo spettatore impedisce il crearsi di preoccupazione per la sua sorte. Questa è, quindi, una pellicola riuscita a metà, sfoggiando una tecnica buona, non supportata da una narrazione adeguata, che impedisce all'interessante messaggio del film di essere adeguatamente efficace. Resta comunque un prodotto interessante che merita almeno una visione.