domenica 31 maggio 2015

Il racconto dei racconti - Tale of Tales (2015) di Matteo Garrone


Trailer del film



Interessante esperimento di Garrone, che si cimenta con parziale successo in un film favolistico. La pellicola di divide in tre linee parallele che si intrecciano durante la narrazione. Queste tre storie vanno a raccontare altrettante favole dalle tinte abbastanza crude, le quali vedono coinvolti vari personaggi in un contesto medioevale. La prima tratta di una regina che sta tentando di avere un figlio ad ogni costo e, una volta ottenuto, si troverà a provare un attaccamento quasi morboso per lui, il quale la porterà a gesti estremi.
Una donna anziana si risveglia giovane e bella
La seconda storia racconta di un re che vuole tenere la figlia con sé, nonostante il parere contrario della ragazza, la quale si troverà successivamente sposata ad un uomo che non ama. La terza e ultima storia vede un re molto passionale fare la corte ad una donna che lui non sa essere molto vecchia. I tre racconti sono sviluppati con uno stile molto simile e dai toni molto crudi e adulti. La pellicola infatti abbandona quasi totalmente le atmosfere leggere tipiche delle favole per presentare il tutto in una chiave più "realistica" e violenta. Non mancheranno infatti momenti abbastanza forti che rendono il film non adatto a dei bambini. Questa scelta l'ho trovata molto interessante ed è stata portata avanti con una certa cura. Purtroppo non tutte le sequenze mantengono il livello di crudezza aspettato ed infatti in alcuni momenti c'è un ritorno ad uno stile più soft, come ad esempio gli strangolamenti dell'orco, che sembrano un po' edulcorati dalla violenza che un tale atto presuppone. La narrazione prosegue quindi intrecciando le tre storie bene, così da dare una certa varietà alla narrazione. I racconti cominciano tutti molto bene e suscitano subito interesse nello spettatore, peccato che questi si concludano in maniera fin troppo frettolosa, lasciando un po' in sospeso la buona atmosfera costruita fino a quel momento. Nonostante ciò rimane da apprezzare lo stile narrativo, anche se non è stato espresso tutto il suo potenziale.
La regina mangia il cuore del drago marino
C'è inoltre da notare come nei racconti emergano dei tratti comuni, come ad esempio l'ingerenza dei genitori che, credendo di avere il pieno potere sul destino dei figli, causano in realtà solo dolore e come, nel racconto delle vecchie, una disperata ricerca di un'immagine migliore porti a nefaste conseguenze. Questi temi sono ben trasmessi, anche se in maniera un po' didascalica. Dal punto di vista registico la pellicola ha alti e bassi, dato che lo stile adottato è molto interessante, ma la qualità è altalenante in alcuni momenti, soprattutto nelle fasi finali dei racconti. Devo ammettere che alcuni momenti sono veramente interessanti e riescono a rapire per via della loro potenza visiva, come il momento in cui la regina mangia il cuore del drago o una scena un po' gore durante il racconto delle due donne anziane. La fotografia è molto buona, dato che tratteggia bene l'ambientazione, anche se non si concede quasi mai delle inquadrature particolarmente ampie, che avrebbero a mio avviso giovato all'opera. I colori e l'illuminazione sono però ben fatte, così come le ambientazioni, anche se quest'ultime potevano essere presentate in maniera un po' più fantasiosa.
La figlia del re porta i segni del suo infelice matrimonio
Il montaggio fa un buon lavoro nell'intrecciare le storie, ma non sempre è stato mantenuto un ritmo adeguato, dato che in alcuni momenti ci sono lievi cali dovuti in parte al minor interesse delle scene in oggetto. La colonna sonora è buona, anche se non spiccherà durante l'incedere del racconto. Il lato narrativo partiva da delle buone idee che sono state ben sfruttate, anche se non completamente. I personaggi non godono di una caratterizzazione degna di nota, anche riescono a mantenere una certa forza e, trattandosi di un contesto favolistico, riescono a risultare adeguati al tipo di racconto.
Le due donne anziane corteggiate per sbaglio dal re
Questo film risulta essere un buon esperimento per Garrone, che riesce a confezionare una pellicola con alcuni spunti interessanti, anche se non riesce a spiccare quanto dovrebbe per delle scelte narrative e stilistiche che non hanno osato fino in fondo. Ciò che resta è quindi un prodotto godibile che non lascerà delusi, ma che poteva elevarsi ben oltre la media, semplicemente inserendo alcune caratteristiche più distintive e dando più enfasi ad alcuni aspetti visivi, che avrebbero compensato alcune debolezze nelle fasi finali della trama.

Locke (2013) di Steven Knight


Trailer del film



Gran bel film, strutturato in maniera originale, che mette in scena una fondamentale svolta nella vita di un uomo. La storia è veramente semplice: un capocantiere, Ivan Locke, la notte prima di portare a termine il lavoro più importante della sua vita, decide di prendere la macchina per dirigersi verso Londra per arrivare in tempo ad un incontro che lui ritiene imperdibile. Questa scelta avrà forti ripercussioni sulla sua vita privata e professionale e lui si troverà a dover sbrogliare le questioni in sospeso durante il tragitto fra il suo posto di lavoro e la sua destinazione. Il tutto parte da questo incipit e prosegue in maniera veramente intelligente e ben strutturata.
Ivan pensieroso alla guida dell'auto
Uno degli aspetti che dà maggior forza all'opera è la scelta di ambientare tutta la vicenda all'interno dell'auto del protagonista. La storia si sviluppa interamente attraverso le chiamate effettuate dalla macchina e l'ambientazione non si sposterà mai dall'abitacolo. La pellicola si concentra sulle interazioni sociali di Ivan, che dovrà giustificare la sua scelta e spiegarla alle persone coinvolte da questa presa di posizione. Nonostante sia stata scelta una struttura che poteva portare ad un'eccessiva staticità, il ritmo del film è sempre mantenuto adeguato e riesce a scatenare sempre forte interesse sul destino di Ivan. L'opera riesce a mostrare come le scelte nella vita riescano a modificare in maniera radicale la realtà che ci circonda e come un errore effettuato in passato possa avere ripercussioni imponenti anche dopo molto tempo. Anche la forza del protagonista viene messa in primo piano, mettendo in risalto la sua determinazione nel portare avanti, senza mai cedere, la sua decisione, che lui vive come una rivincita verso un padre che lo aveva abbandonato da piccolo e che lui non ha mai perdonato. Uno dei punti che più mi ha stupito è come il regista sia riuscito a far percepire l'azione che avviene dall'altro capo del telefono, facendo sentire solo le voci degli interlocutori.
Non sarà un viaggio facile per il protagonista...
A mio avviso è stato raggiunto un risultato non facile che denota molta bravura ed una visione ben definita del risultato finale. Alla fine la vicenda presentata non ha niente di straordinario o fuori del comune, essendo una situazione che potrebbe capitare a molte persone, ma questa viene posta sotto una luce molto interessante e fa riflettere sulla fragilità della vita e della condizione sociale che ognuno di noi si crea. Anche il finale è ben fatto e riesce, non dando molte risposte, a lasciare aperte numerose chiavi di lettura della storia. Il lato tecnico denota una cura ottima e risulta di qualità. Il regista riesce a portare avanti una narrazione nella maniera più complicata, senza virtuosismi inutili, ma con un'efficacia invidiabile. Il racconto mantiene infatti una buona dinamica durante tutta la sua durata. Ovviamente non c'è da aspettarsi movimenti di macchina degni di nota, visto lo spazio ristretto in cui si svolge l'azione, ma viene mantenuto un tono senza eccessi che porta avanti il racconto in maniera intelligente. La fotografia riesce a creare una bella atmosfera intorno alla vettura, che sembra vagare in un ambiente quasi alieno e isolato dal resto del mondo. I paesaggi notturni sono molto suggestivi, anche se non viene dato molto spazio ad inquadrature di ampio respiro. Il montaggio riesce a mantenere una certa dinamica nelle scene e impedisce cali eccessivi di ritmo. Dal lato narrativo, partendo da una trama semplice, è stata creata una sceneggiatura molto interessante, che pur non essendo adatta a tutti i palati, non manca di forza e dialoghi ben scritti e molto scorrevoli. Una menzione di onore va ovviamente a Tom Hardy, che praticamente da solo riesce a portare avanti la storia con un'intensità incredibile e riesce a tratteggiare un personaggio non semplice e composto da molte sfaccettature. La caratterizzazione di Ivan è ben fatta e viene ben sviscerato il suo carattere e i suoi turbamenti, creando così una figura molto umana e di forte spessore. C'è da aggiungere che la normalità della storia può essere considerata da alcuni uno dei punti deboli della pellicola, ma io credo che riesca invece a risultare uno dei mezzi migliori per veicolare il messaggio verso lo spettatore, rendendolo comprensibile e facilmente assimilabile. Ci troviamo quindi di fronte ad un'opera veramente interessante che ha dalla sua parte una messa in scena e un struttura originali, che vengono sfruttate sapientemente per mostrare come la vita sia composta da innumerevoli scelte che vanno ad influire sullo status quo con una forza spesso inattesa, ma grazie alla giusta convinzione è possibile superare anche degli ostacoli che sembrano troppo grandi.

Che fine ha fatto Baby Jane? (1962) di Robert Aldrich


Trailer del film



Meravigliosa opera che mette in scena il rapporto malato fra due sorelle che restano schiacciate dal mondo dello spettacolo. La storia segue le vicende di due sorelle, Jane e Blanche, entrambe con una carriera alle spalle nel mondo dello show business. Infatti la prima è stata una bambina prodigio di buon successo che è successivamente decaduta durante l'età adulta, mentre la seconda è sbocciata più tardi e ha avuto una carriera molto più solida ottenuta durante un'età più matura.
Jane con un espressione poco rassicurante
Fra le due i rapporti non saranno facili fin dalla più giovane età e il tutto di aggraverà nel momento in cui Jane andrà in decadenza e Blanche avrà sempre più successo. Un giorno Blanche verrà coinvolta in un incidente d'auto e rimarrà paralizzata. Le due si troveranno, quindi, a dover convivere. La storia si sviluppa da questo punto in poi, analizzando benissimo il rapporto fra le due donne. La situazione familiare andrà man mano aggravandosi, con Jane che inizia a torturare psicologicamente la sorella, portando avanti una tremenda vendetta nei suoi confronti, ritenendola colpevole del suo insuccesso. La follia della donna viene resa in maniera ottima e riesce in questo modo ad essere sfruttata per creare scene di tensione veramente ben fatte. La prigionia di Blanche riesce a coinvolgere molto e farà stare lo spettatore incollato allo schermo per sapere fin dove si spingeranno le vessazione della sorella. Jane non viene per fortuna mostrata come una folle senza alcuno spessore, ma denota dei disturbi psichici che le donano anche un lato patetico che non la fa identificare come crudele, ma semplicemente come una donna bisognosa di cure. La trama si sviluppa molto bene e segue un andamento logico ed interessante che sviscera gradualmente la psiche delle due sorelle, creando un quadro decadente del loro rapporto e di come la loro vita sia stata condizionata negativamente dal mondo dello spettacolo.
Jane vuole trascinare la sorella fuori casa
Quest'ultimo viene infatti mostrato come una delle cause, insieme all'errata educazione dei genitori, degli squilibri psicologici di Jane. Catapultare una giovane bambina nello spettacolo, senza farle capire la realtà in cui vive è risultato in questo caso disastroso per la sua crescita. Il modo con cui viene sviluppato l'aggravarsi della situazione in casa è stato strutturato benissimo, con un crescendo che permette di mantenere sempre vivo l'interesse. Anche i colpi di scena soprattutto verso il finale, riescono ad essere piazzati molto bene e vanno in alcuni casi a ribaltare la posizione presa dallo spettatore nei confronti delle protagoniste. La regia è eccellente con sequenze girate sempre con gusto e con un ottimo uso degli interpreti.
Blanche, la sorella paralitica
Il modo con cui viene presentata la vicenda è perfetto e non mancano alcune scene che restano fortemente impresse, come quando Jane canta davanti allo specchio e poi grida una volta che vede la sua immagine riflessa e si rende conto di essere anziana. Anche le altre sequenze musicali trasmettono molto bene la decadenza e l'inutilità dei tentativi di Jane di tornare ai fasti di un tempo. La fotografia è molto curata e regala alcune inquadrature strutturate molto bene. Nel complesso tutto il comparto tecnico denota un'ottima cura ed infatti la pellicola riesce a stupire per la qualità espressa nelle varie scene e per la creazione della tensione. La colonna sonora è molto buona e sfrutta molto bene la canzone cantata da Jane durante la sua giovinezza, aiutando a dare un tono oscuro ad alcune scene. Dal punto di vista narrativo, la trama parte da una buona idea, la quale è stata sfruttata bene, in un racconto non banale e dal forte impatto emotivo. Le due protagoniste regalano delle prove attoriali eccellenti, dando una forza unica ai loro personaggi.
Le due sorelle in spiaggia
Questi denotano anche una caratterizzazione di prim'ordine che permette di renderli vitali e molto interessanti, non essendo ingabbiati in stereotipi che potevano sminuire la qualità della storia. Nel procedere nel racconto i loro caratteri sono ben approfonditi e vediamo come appaiano molte sfaccettature che modificano l'idea che lo spettatore potrebbe essersi fatto inizialmente. Jane risulta la più complessa e rimane un personaggio indimenticabile. Questa è un'opera meravigliosa nella quale, sfruttando un comparto tecnico di alta qualità, viene messa in scena una storia molto cruda e crudele, che analizza molto bene la psiche dei personaggi e il contesto che li ha portati a raggiungere quella situazione. I tempi sono perfetti e, insieme ad una storia veramente ben congegnata, viene composta una vicenda caratterizzata da soprusi e torture, nella quale si scontrano due figure distrutte da una vita crudele che le ha danneggiate sia nel fisico che nella mente.

lunedì 18 maggio 2015

Doomsday - Il giorno del giudizio (2008) di Neil Marshall


Trailer del film



Bell'action, che con onestà e stile regala del buon intrattenimento condito con della critica sociale. La storia è ambientata in una realtà post-apocalittica, nella quale una parte della Gran Bretagna è stata isolata a causa di un'epidemia. Dopo molti anni di calma il virus si manifesta anche fuori dalla zona di quarantena e allora il governo manda una squadra nella zona dove è scoppiata inizialmente l'epidemia per cercare uno scienziato che stava lavorando ad una cura.
La folla sta per giustiziare un prigioniero
Da lì in poi seguiremo le vicende del gruppo della squadra che se la dovrà vedere con molti pericoli durante il suo cammino. La storia non è originalissima e ricorda molto 1997: Fuga da New York, ma riece a risultare comunque intrigante per via di alcune trovate e svolte niente male. La narrazione è mantenuta con un buon ritmo e riesce ad appassionare lo spettatore. Buona parte del merito va all'intrigante protagonista e alla bella ambientazione che viene costruita intorno. Inoltre il fatto di non prendersi eccessivamente sul serio, inserendo anche della grottesca ironia, riesce a fare ben digerire alcuni eccessi narrativi. Lo stile e l'atmosfera che si respira ricorda moltissimo quello di Carpenter, cosa veramente positiva, e di Mad Max, oltre ad aver creato una protagonista che ha un carattere e uno appeal niente male.
La compagna di Sol
Un altro aspetto che favorisce la qualità dell'opera è l'inserimento di una linea narrativa parallela che vede come protagonisti i politici che da Londra tentano di gestire l'emergenza, tentando nello stesso tempo di uscirne con un'immagine pulita. Il loro attaccamento alla poltrona e al potere risulta funzionale per portare avanti una forte critica verso il potere. Il confronto fra il potere nel "mondo civile" e quello dentro la zona contaminata risulta immediato ed è meno semplice del previsto stabilire chi sia il migliore, dimostrando tutti numerosi difetti. Quello che sembra subire la critica maggiore è la società che ha rinunciato alla modernità per tornare ad un nuovo medioevo, la quale si dimostra chiusa in se stessa e impossibilitata ad evolversi.
Il dottor Kane
Anche l'intrattenimento riesce ad avere un ruolo da protagonista con numerose sequenze ben ritmate, anche se a volte caratterizzate da una durata un po' eccessiva. Il tutto prosegue molto bene fino ad un finale splendido in cui si capisce la scelta morale della protagonista che, capeggiando i selvaggi, si pone come una bomba pronta ad esplodere per purificare anche la società all'esterno della zona contaminata. Non mancherà anche una certa violenza, che viene mostrata in maniera molto cruda ed efficace grazie a degli ottimi effetti speciali fatti a mano. La regia è molto buona, con sequenze d'azione quasi sempre ben gestite, anche se con qualche difficoltà negli spazi chiusi. Un grande pregio della regia è che riesce a comunicare e a far entrare lo spettatore nella vicenda grazie ad un buon uso delle immagini, senza utilizzare eccessivi spiegoni che rischiavano di appesantire l'opera. Riuscire ad inserire un aspetto sociale nell'opera senza renderla predominante, ma comprensibile, è un altro grande pregio del regista che riesce a veicolare il suo messaggio senza risultare pesante. La fotografia è ben fatta, con un predominio dei toni freddi nella prima parte ed un tono più caldo durante i momenti nella società medioevale. Alcune inquadrature restano impresse e denotano una certa cura. Anche il montaggio e il resto del comparto tecnico sono sfruttati bene garantendo una buona qualità generale. La colonna sonora sfrutta brani che sanno un po' di già sentito, ma non stona nel bilancio generale.
Sol tortura Eden
Il lato narrativo, come già scritto, è ben strutturato e riesce ad essere sfruttato bene, grazie anche a dei personaggi intriganti e ben strutturati che, anche quando risultano non troppo approfonditi, riescono ad avere una certa forza nella narrazione. La protagonista è la figura che spicca maggiormente e riesce ad avere una buona presenza scenica, rappresentando una forza incontenibile capace di smuovere le fondamenta stesse della società. Nel complesso, questo è un film d'azione di qualità, che non raggiunge le inarrivabili vette di Carpenter, ma ne prende ispirazione per creare un prodotto molto godibile, che porta avanti una sua visione della società attraverso un racconto ben strutturato che trasporta efficacemente lo spettatore in un'ambientazione accattivante e ben sfruttata. Non il film dell'anno, ma da vedere.

La ballata di Cable Hogue (1970) di Sam Peckinpah


Trailer del film



Grande western che riesce a raccontare una storia umana di una persona ormai inadatta alla sua epoca. La pellicola vede come protagonista Cable Hogue, un uomo normale che vive ai margini della società un'esistenza pacifica. Un giorno verrà derubato da due suoi compari e verrà lasciato solo a morire nel deserto. Fortunatamente per lui non è ancora giunta l'ora della dipartita e troverà una sorgente d'acqua in un appezzamento di terra completamente brullo. Da lì in poi la sua storia si svilupperà seguendo la costruzione di un'attività commerciale in attesa di potersi vendicare dei due che lo hanno derubato.
Cable Hogue
La trama è veramente ben fatta, con le giuste svolte e un incedere che rende la vicenda assolutamente appassionante. Cable si troverà ad avere a che fare con molte figure che condizioneranno molto la sua vita e che lo aiuteranno nella sua attività. Nonostante la trama non sfrutti praticamente mai scene di azione, il tutto risulta molto piacevole e scorrevole. Ciò che resta più in primo piano nella vicenda è il percorso di Cable nel costruirsi un futuro e la storia d'amore fra lui e Hildy, una prostituta del paese vicino. La loro relazione è gestita molto bene ed è mostrata in maniera molto dolce, con uno sviluppo strutturato molto bene e che non scade mai nei cliché tipici delle love story. Il film, attraverso la storia di Cable Hogue, riesce a portare avanti una riflessione sul tramonto dell'epoca western e di come l'uomo sia costretto a stare sempre al passo con i tempi per evitare di venire schiacciato dall'incedere del progresso. Cable è infatti un uomo che non ama stare in società, ma preferisce portare avanti la sua vita isolato da un mondo che non sente più suo. Durante tutta la pellicola risulta palpabile come lui non sia più parte integrante della società, rappresentando in questa maniera il tramonto dell'epoca western, che con la sua fine si porterà via anche tutti i residui societari che non si sono adattati al cambiamento.
Cable e Hildy durante la convivenza
In questo aspetto è messo anche in luce la crudeltà di tale processo, che senza alcun riguardo elimina tutti gli elementi al di fuori del sistema. Il contesto in cui si muovono i personaggi è veramente selvaggio, nel quale ancora esiste la legge del più forte, cosa che viene resa molto bene. Nella pellicola è presente anche una buona dose di ironia, la quale stride con la crudezza della vicenda, ma riesce a dare un tono particolare all'opera. La scelta di alleggerire alcuni momenti spoglia di ogni epica il racconto, facendo capire come il periodo delle gesta eroiche a cui eravamo abituati sono finiti. A tal proposito il personaggio che meglio incarna tale filosofia è Joshua, che risulta essere sopra le righe e molto buffo. Sono anche presenti scene colme di pathos che riescono a rimanere impresse nella mente dello spettatore. Anche i rapporti fra i personaggi sono strutturati con gusto e non risultano mai banali, ma presentano numerose sfaccettature che permettono di dare un certo spessore alle loro figure e permettono di dare ulteriore forza alla narrazione. Un altro aspetto che, a mio avviso, viene analizzato bene è come l'uomo non abbia nessun valore nel mercato, che ragiona unicamente attraverso il denaro, lasciando l'essere umano in secondo piano.
Due ex amici di Cable che stanno per subire la sua vendetta
Questo aspetto viene è visibile nel momento in cui Cable si reca in banca e nel vedersi rifiutare un prestito dice: "E io, non valgo niente?". Una frase che viene detta con tanta forza da gelare il sangue, essendo presente anche oggi una realtà analoga. La regia è ottima, con un uso sapiente delle inquadrature per portare avanti con la giusta forza la trama. Il tono viene sempre studiato con cura e spazia dall'ironia al dramma con una maestria unica. Sono numerose le sequenze che meritano una menzione, soprattutto per via delle emozioni che trasmettono con dei semplici scambi di battute con inquadrature ben studiate. La fotografia è veramente curata, con piani lunghissimi pregevoli e alcuni momenti dal forte impatto emotivo, come la scena in cui Hildy va a prendere Cable, che dormiva fuori dalla loro casa, alla luce della Luna, che la illumina in maniera molto suggestiva e dolce. Il montaggio è uno degli aspetti che colpiscono molto, essendo stato sfruttato molto bene per dare un ottimo ritmo e delle sequenze veramente interessanti, con un uso intelligente dello split screen.
Cable ferito con i suoi amici
Anche la colonna sonora, pur essendo abbastanza classica riesce a convincere e va a fare da cornice al resto del comparto tecnico. Sul lato narrativo la qualità è mantenuta ottima, dato che vengono portati avanti con la giusta forza tutti i temi trattati, senza far mai scemare l'interesse dello spettatore, ma creando sempre delle situazioni interessanti e mai banali. La qualità narrativa è resa visibile soprattutto dalla caratterizzazione dei personaggi, che hanno numerose sfaccettature e risultano avere uno spessore invidiabile. Quello che spicca di più è ovviamente Cable, che risulta avere molta bontà d'animo, ma anche un temperamento cinico che gli ha permesso di sopravvivere in quel mondo. Quindi, questa è un'opera di qualità eccellente, che racconta con molta umanità la fine dell'epoca western, attraverso le vicende di un uomo che rimane ancorato ai valori del passato e per questo motivo non riesce ad adattarsi ai mutamenti che lo circondano. Il tutto viene portato avanti con molta cura e maestria tecnica, riuscendo così a dare una forza inaspettata al racconto, che può essere trasportata in parte anche ai giorni nostri.

Why Don't You Play In Hell? (2013) di Sion Sono


Trailer del film



Geniale film di Sion Sono che analizza con ironia l'amore verso il cinema. Il film ha una struttura molto interessante: infatti vengono intrecciate diverse linee narrative che vanno poi a collimare man mano che la storia procede. Vengono quindi seguite le vicende di un gruppo di amici che sognano di girare un film fin dall'adolescenza. Il loro sogno sembra non doversi mai avverare e ciò inizia a creare attriti nel gruppo una volta raggiunta l'età adulta. Nel frattempo vediamo svilupparsi le vicende di due famiglie yakuza rivali.
La troupe si prepara a girare
Nella prima il boss Muto è preoccupato per le sorti della giovane figlia Michiko e sta tentando di organizzare un'accoglienza adeguata per l'uscita della moglie dalla prigione, facendo in modo che la figlia faccia il ruolo di protagonista in un film. La madre si trova dietro le sbarre per aver ucciso brutalmente degli yakuza che erano andati a casa sua per uccidere il marito. L'altra famiglia invece subisce un cambio netto al vertice, dato che il capo viene ucciso da Muto. Al suo posto subentrerà uno degli assalitori, Ikegami, scampato alla furia della moglie del boss rivale. Quest'ultimo ha una segreta infatuazione per la figlia di Muto e cerca in ogni modo di rapirla. Tutti questi personaggi verranno a trovarsi in contatto e a convergere verso le fasi finali della pellicola.
Ikegami con una foto di Michiko
Tutta la storia è stata gestita in maniera magistrale, con una verve e un ritmo rari e con uno stile sempre curato e che dà un tono molto particolare alla pellicola. Infatti è stato scelto di dare molta ironia a quasi ogni momento, così da dare leggerezza alla narrazione, pur non facendo mancare momenti più crudi e colmi di pathos. Il modo con cui viene messa in scena la storia è veramente fuori di testa, con trovate visive eccessive e divertentissime, come il modo in cui gli assalitori vengono uccisi dalla moglie di Muto o di come viene strutturata tutta la parte finale, la quale è un'esplosione di follia e nonsense. Tutti gli eccessi vengono gestiti molto bene e non stoneranno mai nel bilancio complessivo dell'opera. Uno dei temi centrali è indubbiamente l'amore verso il cinema e la magia che quest'ultimo riesce a dare. Attraverso i giovani aspiranti filmmakers viene messo in luce come la settima arte riesca a creare qualsiasi cosa che altrimenti sarebbe impossibile ritrovare nella realtà.
Michiko fa una strage molto particolare
Questo film è un vero e proprio atto d'amore verso il cinema e Sion Sono riesce anche a fare una riflessione sulla sua professione, mostrando come la sua figura sia una vera e propria guida per tutta la troupe e come sia alla fine lui colui che deve dare un senso e una direzione al film. Anche su questi punti non mancherà molta ironia, dato che il regista stesso è mostrato come il più fuori di testa di tutti. Le situazioni sono volutamente esagerate come a voler rimarcare in ogni istante la potenza e l'anarchia dell'arte che viene messa in scena. La storia che fa da contorno a questi temi non sarà un semplice riempitivo, ma va a mostrare una serie di eventi veramente appassionanti e che fungono da veicolo per portare con più forza il messaggio.
Hirata dirige la troupe
Molto interessante è come vengono mostrati gli yakuza, i quali sembrano sempre molto infantili e ridicoli, anche se molto brutali. Non esistono figure normali e l'unico personaggio che sembra apparire normale viene travolto e schiacciato dagli eventi che lo circondano. Detto questo, al contrario degli altri film di Sion Sono ci troviamo di fronte ad un'opera dai toni più leggeri e giocosi, come fosse stato più uno sfizio registico, scevro dai toni solitamente più impegnati del regista. Molto interessante è anche il modo con cui viene fatta ogni tanto trapelare la realtà in un questo racconto, ad esempio quando la polizia pone fine agli scontri in maniera sanguinosa. Anche il finale è fantastico e sembra voler citare "I tre volti della paura", del grande Mario Bava. Dal punto di vista tecnico ci troviamo di fronte all'eccellenza, essendo presenti una serie infinita di trovate registiche degne di nota. Le scene memorabili o che restano impresse sono innumerevoli, come tutto lo scontro finale, girato in maniera eccellente. Anche i cambi di tono a seconda di ciò che accade su schermo si fanno sentire e riescono a scuotere lo spettatore e a riportarlo alla realtà. La cura messa nella sequenze è sempre di alto livello e i movimenti di camera sono sempre ben calibrati. Sono presenti anche citazioni ai film di Bruce Lee, dei quali è stata omaggiato anche lo stile registico. La fotografia è ottima, con alcune immagini che denotano una cura rara. Ad esempio è possibile citare il momento in cui la bambina entra nella stanza piena di sangue, che fa gelare il sangue nella vene, per poi smorzare la tensione subito dopo con due semplici linee di dialogo. Il montaggio è veramente ben fatto con alcune sequenze studiate bene. Il ritmo e la chiarezza in scena sono sempre molto buoni e ciò non è da tutti.
Una delle folli fasi oniriche del film
Gli effetti speciali sono volutamente esagerati, ma ben si adattano al tono della pellicola e, perfino durate la scene violente, viene dato uno stile al confine fra realismo e parodia, come a voler ricordare che in fondo è solo un film. La colonna sonora ha dei bei pezzi e un motivetto che riesce a essere un fil rouge durante tutto il film. I personaggi hanno un buon spessore e risultano molto funzionali alla storia, pur non avendo un approfondimento eccezionale. Ognuno di loro riesce a lasciare la propria impronta grazie anche a degli attori in forma. La trama è ben fatta e riesce ad avere degli sviluppi non banali che regalano molte emozioni allo spettatore. Quindi, Sion Sono riesce ancora una volta a stupire con un'opera che denota maestria tecnica, uno stile riconoscibile e una vena artistica che riesce ad esplodere e a coinvolgere, anche in un prodotto che ho trovato più leggero del solito, ma comunque mai banale e con delle idee semplicemente geniali sia nel modo di veicolare il messaggio, sia nel modo con cui è stata portata avanti la trama. Viva il cinema, viva Sion Sono!