lunedì 29 giugno 2015

La teoria del tutto (2014) di James Marsh


Trailer del film


Buon biopic che, senza molto mordente, racconta con grazia la storia di Stephen Hawking. La pellicola segue le vicende della vita dello scienziato partendo sai suoi primi successi accademici, che coincidono con il manifestarsi della sua terribile malattia. La storia seguirà quindi la sua vita e la sua relazione con Jane, la sua futura moglie. Il film riesce a trasporre la vicenda senza scadere eccessivamente nel patetismo, ma riesce a raccontare con una certa grazia l'avanzare della malattia e come questa vada ad influire pesantemente sulla vita di tutto il nucleo familiare. Nonostante la drammaticità della vicenda, non manca un forte messaggio di speranza, dato che Stephen sembra reagire con molta forza positiva contro le avversità, mentre Jane è quella che ne soffre di più. Le situazioni si susseguono con un ritmo molto buono e lo spettatore si troverà ad appassionarsi e a sentirsi emotivamente  abbastanza in empatia con la vicenda raccontata, per via della cura che è stata data alle sequenze, le quali sono doate del pathos necessario. Purtroppo il modo con viene presentatao il tutto, se da un lato convince perchè non sceglie mai la strada che porta alla lacrima facile, dall'altro presenta una storia un po' troppo positiva, nella quale non esistono momenti che stupiscono o che riescono a dare quel qualcosa in più che non viene trovato in numerose pellicole simili. Non dico di modificare la realtà per renderla più cinematografica, ma il taglio scelto è forse fin troppo classico e questo non giova nel bilancio dell'opera. Non è stata data la giusta drammaticità a molti momenti che hanno caratterizzato la vita dello scienziato, svuotando alcune scene della loro potenza visiva.
Stephen viene posto sulla statua delle regina
A mio avviso alcuni aspetti potevano essere trattati meglio e con più forza, come la crisi in famiglia, e poteva essere dato più risalto alla carriera accademica del protagonista. Entrambi questi aspetti non sono trattati a dovere, il primo perché viene mostrato in maniera fin troppo blanda con degli sviluppi che non colpiscono perché non vengono gestiti con la giusta forza, mentre il secondo funge solamente da contorno alla vicenda, anche se avrebbe potuto dare dei begli spunti. Non nego che sono presenti sequenze pregevoli e che riescono a colpire, ma mi è mancato il salto di qualità che avrebbe reso la pellicola qualcosa di più. Nel complesso comunque l'opera è appassionante e la scelta di non far provare pietà per Stephen l'ho trovata coraggiosa e vincente, anche questa mancanza non è stata compensata dal punto di vista emotivo.
Stephen con sua figlia
Da ciò che ho scritto finora risulta chiaro come il mio giudizio sia combattuto su un prodotto confezionato come si deve, ma che, una volta visto, lascia un senso di incompiutezza e di occasione mancata. L'aspetto che ho trovato più riuscito è il modo con cui viene mostrato lo sviluppo della malattia, la quale ha un'evoluzione tangibile e che permette allo spettatore si seguire il percorso del protagonista verso un'esistenza sempre più complicata. Anche il personaggio di Jane l'ho trovato importante nel bilancio generale dell'opera, essendo uno dei più sfaccettati ed essendo l'unico che porta un po' di scompiglio nell'idillio sociale costruito. La regia è molto buona, dato che riesce a strutturare abbastanza bene la storia e darle un tono non molto forte, ma nemmeno patetico. C'è un buon uso delle soggettive, che vengono ben sfruttate per dare un bell'impatto alle sequenze e l'avanzare della malattia viene esaminato a dovere. Purtroppo alcune inquadrature insistono fin troppo sulla sua crescente incapacità nel muoversi, quasi a voler far capire fino allo stremo allo spettatore che sta per accadere qualcosa di grave. La fotografia fa un buon uso delle luci, creando delle inquadrature veramente ispirate e che riescono a rimanere impresse, come lui nella vasca da bagno all'inizio del manifestarsi del suo morbo. Il volto di Stephen è spesso oggetto di inquadrature ravvicinate, che vanno a mostrare la forte umanità che traspare dalle sue espressioni.
Un momento di gioia poco prima dell'aggravarsi della malattia
La messa in scena è buona nel complesso, ma la scelta di far rimanere pressoché invariata la fisionomia di molti personaggi nel passare degli anni risulta quasi ridicola e senza senso. Tolto questo neo, il resto, ambientazioni e costumi, sono ben fatte. Il montaggio riesce a ritmare benissimo la vicenda e regala alcune sequenze ben strutturate e che posseggono una buona forza visiva, soprattutto durante le crisi fisiche dello scienziato. La fase di scrittura è stata strutturata senza infamia e senza lode, dato che la storia è stata sfruttata mettendo in mostra gli aspetti più immediati e semplici, senza dare risalto anche alle ombre più profonde dell'animo umano, mostrando sempre il lato più positivo, scelta adatta per attirare il pubblico, ma non adatta per creare un'opera indimenticabile.
La moglie tenta di comunicare col marito
I personaggi sono ben fatti, anche se come già detto, avrebbero avuto bisogno di una sfaccettatura maggiore. Stephen riesce ad avere una buona caratterizzazione e le sue emozioni sono rese palpabili durante la visione, anche grazie alla bellissima interpretazione di Eddie Redmayne, che risulta veramente in parte. Anche Jane, come già scritto, riesce a spiccare, per via dei suoi turbamenti, che purtroppo non riescono ad avere l'importanza che meriterebbero. Quindi, ci troviamo di fronte ad un buon film, che emoziona ed intrattiene, grazie ad una buon tecnica e ad degli interpreti veramente bravi. Purtroppo una scelta stilistica veramente troppo classica, anche se ben fatta, per questo genere, impedisce alla pellicola di spiccare, anche per via del modo con cui viene analizzata la storia stessa, che non presenta mai aspetti di contrasto all'amore che circonda il protagonista in ogni momento, impedendo alla storia di avere una forza che rimanga impressa.

4 mosche di velluto grigio (1971) di Dario Argento


Trailer del film



Bell'horror di Argento, che presenta un'atmosfera molto interessante e in cui è possibile vedere il perfezionamento del suo stile. Il protagonista del racconto è il giovane musicista Roberto, che un giorno inizierà ad essere perseguitato da un maniaco, il quale causerà una lunga scia di morte intorno al ragazzo. La trama segue un andamento abbastanza classico, ma Argento riesce a gestirla molto bene e riesce a costruire benissimo la tensione e l'interesse dello spettatore verso la vicenda. Nonostante alcuni momenti nella storia non siano chiari o molto coerenti, devo ammettere che la vicenda è travolgente e riesce a creare un'atmosfera unica.
La scena nel parco
Il regista non sta toccando ancora gli apici artistici della sua carriera, ma riesce comunque a proporre una ricercatezza visiva non comune e che dà un qualcosa in più alla vicenda. La cura con cui vengono orchestrate le morti denota molta bravura e viene centrato l'obiettivo di rendere quelle sequenze appassionanti. Non mancherà nella pellicola anche una certa ironia, come quando Roberto incontra Diomede, il quale viene chiamato Dio, e viene intonato un'alleluia come musica della scena. Questa alternanza di momenti più scanzonati ad altri più crudi e terribili permette ai momenti horror di essere ancora più efficaci. La trama in sé per sé non presenta delle caratteristiche particolarmente interessanti, ma risulta funzionale allo sviluppo delle situazioni, che è talmente ben fatto da far passare sopra ad alcuni buchi nella trama, i quali risultano antesignani dell'anarchia narrativa di molte opere di Argento. Il suo stile è riconoscibilissimo ed è palese il desiderio di sperimentazione del regista.
Le quattro mosche del titolo
Anche il mistero che si nasconde dietro il folle piano dell'assassino viene mantenuto vivo abbastanza bene fino alla fine, anche se il suo svelamento non rivela nessun colpo di scena degno di nota, ma viene usato solo come "scusa" per la scia di omicidi. Sono presenti anche numerose scene oniriche o surreali, come il sogno del protagonista, oppure la scomparsa delle persone nel parco giochi, poco prima che l'assassino si incontri con la domestica di Roberto. Questi momenti sono inseriti con gusto e vanno a completare un quadro nel complesso molto positivo. Anche il finale è ben fatto, anche se il cattivo perde un po' di fascino, e va a concludere degnamente la vicenda. La regia è molto buona, ancora da perfezionare, ma è già possibile vedere la maestria di Argento. Alcune inquadrature sono veramente ispirate e vengono utilizzati punti di vista insoliti, come quello all'interno della chitarra, che danno allo spettatore una sensazione di straniamento. La telecamera risulta abbastanza mobile e riesce a seguire bene l'azione.
Roberto con l'investigatore privato
Il ritmo è sempre adeguato ma non viene mai spinto troppo l'acceleratore, eccezion fatta per le scene degli omicidi. La fotografia è veramente curata, dato che sono utilizzate delle immagini veramente belle. Anche le soggettive riescono ad essere convincenti e risultano funzionali alla storia. Il montaggio risulta curatissimo e vengono create numerose sequenze orchestrate benissimo, come l'inserimento del sogni di roberto nella narrazione o la sequenza nella quale Roberto sta andando dall'investigatore, che viene alternata con momenti in cui lui è già nell'ufficio dell'uomo. C'è una certa sperimentazione che non sempre porta a risultati eccezionali, ma risulta sempre apprezzabile. La colonna sonora è molto bella e viene fatta sposare spesso con ciò che viene mostrato a schermo, creando delle scene bellissime con un ritmo musicale eccezionale. Questo può essere definito come uno dei marchi di fabbrica del migliore Argento. I personaggi sono poco caratterizzati e fungono unicamente come bersagli della furia del killer. Quest'ultimo e il protagonista risultano invece abbastanza approfonditi. Nel complesso le figure che vediamo risultano comunque funzionali e non sembreranno mai tirati via.
Un sogno ricorrente di Roberto
L'assassino è un personaggio ben sfruttato e ha un background che alla fine non è eccezionale, ma viene costruito molto bene e crea una buona aura intorno a lui rendendolo molto minaccioso e fuori controllo. Alcuni caratteristi sono inoltre da menzionare per il loro contributo, come Diomede o l'investigatore, entrambi dai tratti macchiettistici, ma che restano piacevolmente impressi. Questa è una delle prime opere di Argento, ma è già visibile la sua maestria e il suo modo originale di trattare una vicenda abbastanza classica, rendendo così il film molto interessante sia sul piano narrativo che visivo, creando delle ottime atmosfere e costruendo benissimo la tensione. Insomma, un prodotto di qualità, imperdibile per i fan del genere e che risulta appassionante e disturbante, oltre che visivamente molto stimolante.

Dom Hemingway (2013) di Richard Shepard


Trailer del film



Buona pellicola che presenta un personaggio interessante. La trama vede come protagonista Dom Hemingway, uno scassinatore finito in cella dopo un colpo andato male, il quale riacquista la libertà dopo dodici anni. Avendo mantenuto la bocca chiusa sull'identità dei suoi complici, parte per andare a ritirare la sua parte di bottino e poter iniziare a godersi la vita. Purtroppo non tutto andrà come previsto e Dom si troverà a fare i conti col proprio passato per trovare un riscatto morale, soprattutto verso la sua famiglia. La storia propone dei temi abbastanza classici, essendo presente una parabola che porta gradualmente alla redenzione del protagonista, ma questi vengono presentati in una trama molto interessante e nel complesso ben strutturata.
Dom con il suo compare Dickie
Il tono che caratterizza l'opera è fortemente ironico e riesce a divertire e ad alleggerire una trama che sulla carta è abbastanza seria. Infatti ci troviamo di fronte al dramma umano del protagonista, che ha letteralmente perso 12 anni di vita e i suoi affetti per denaro. Vedremo quindi il suo tentativo di tornare in pista, con scarsi risultati. La pellicola gira tutta intorno alla sua figura e le costruisce intorno un microcosmo abbastanza parodistico della criminalità del luogo, per rendere più leggero il tono della pellicola. Dom è un personaggio ben fatto che nasconde un'aura fortemente patetica dietro una facciata da spaccone e da persona sicura di sé.
Dom in un momento di crisi
La storia è gestita abbastanza bene, anche se visto il bell'inizio, speravo che si sviluppasse in maniera un po' più ricercata, pur avendo numerosi elementi a suo favore. Partendo dagli aspetti negativi, il finale non è granché, essendo fin troppo consolatorio e cerchiobottista, mentre l'inizio nella villa del boss ha dei momenti veramente riusciti, come l'incidente e alcune sequenze di dialogo particolarmente ispirate. Un aspetto interessante e che dietro la facciata un po' leggera vengono mostrare situazioni abbastanza crude e pericolose, che fanno comunque sentire l'aura minacciosa che le caratterizza. Quindi, per quanto questa sia una pellicola atipica, non si discosta molto da alcune scelte narrative già battute, ma non scade troppo e mantiene una buona qualità narrativa. Un ultimo aspetto che vorrei sottolineare è il fatto che vengano mostrati i danni psicologici che la galera porta ai detenuti, anche se questo tema è marginale e non viene approfondito molto durante la pellicola. La regia è abbastanza buona, con alcune trovate registiche buone, come il già citato incidente in macchina, e nel complesso viene mantenuto un tono che dona un certo fascino alla vicenda.
Il protagonista mentre tenta di aprire una cassaforte
Non mancano scene un po' più banali, soprattutto quando vengono mostrati momenti legati alla famiglia di Dom, che sanno forse un po' troppo di già visto e smorzano eccessivamente il ritmo. La fotografia è ben fatta, le ambientazioni risultano coerenti fra loro e vanno a formare un contesto criminale interessante, anche se sopra le righe. Gli attori sono disposti bene nelle inquadrature, le quali sono visivamente abbastanza curate. Il montaggio riesce a dare un ottimo ritmo alla vicenda e crea alcune buone sequenze molto rapide che fungono da intermezzi fra momenti più approfonditi. Il lato tecnico nel complesso non si spinge verso una ricerca visiva eccessiva, ma sfrutta bene il registro adottato, cucendolo bene sulla vicenda. I personaggi, escluso Dom, non sono molto approfonditi, ma riescono ad avere un buono spessore e portano avanti molto bene la vicenda.
Dom tenta di riappacificarsi con la figlia
Il protagonista invece dimostra una profondità inaspettata e, dietro un'eccessiva cafonaggine, dimostra una fragilità che aiuta a creare empatia con lo spettatore. La storia in sé non ha dalla sua numerosi elementi di spicco, ma nella sua classicità riesce a sfruttare bene alcuni snodi narrativi, riuscendo a valorizzarsi ponendo come focus centrale Dom. I dialoghi e i monologhi sono ben scritti e ben ritmati, riuscendo così a creare numerose situazioni ben fatte. Per concludere, questa è un'opera che riesce a convincere e a far divertire, senza prendersi troppo sul serio e riuscendo a costruire una buona narrazione, che riuscirà ad appassionare. Purtroppo non viene fatto il salto di qualità che lo avrebbe reso indimenticabile, ma riesce comunque a non lasciare assolutamente delusi.

lunedì 15 giugno 2015

Tempi moderni (1936) di Charlie Chaplin


Trailer del film



Bellissima commedia che, con intelligenza analizza la società dell'epoca. La storia vede come protagonista un operaio, che si troverà di fronte ad innumerevoli difficoltà a causa della sua incapacità di trovare un posto nella società. Seguiremo quindi le sue vicende nel tentativo di trovare una stabilità in un mondo che sembra impazzito. L'incontro con una giovane ragazza porterà ancora più scompiglio nella vita del protagonista, il quale tenterà di entrare nelle sue grazie per passare la vita con lei. La storia è costruita molto bene e fornisce molti spunti per permettere e Chaplin di esprimere al meglio la sua comicità. Saranno numerose le scene divertenti, anche se non verranno toccati gli apici di Luci della città.
L'operaio inizia a dare segni si squilibrio
Questa pellicola fornisce anche numerosi spunti di riflessione, soprattutto sulla società, che viene mostrata ingiusta e alienante per l'individuo. Gli operai sono rappresentati come una mandria senza identità che ha il solo scopo di produrre sempre di più per dei padroni insensibili e che hanno perso ormai tutta la loro umanità. Il modo con cui vengono trattati i lavoratori viene messo in evidenza più volte, in scene dal forte impatto visivo, come quelle sulla catena di montaggio o durante gli scontri con la polizia, che dimostra come lo Stato stia palesemente dalla parte dei potenti. Sotto questo punto di vista il film è fortemente eversivo ed invita a non farsi schiacciare da questo sistema sociale. Perfino il protagonista preferisce stare in prigione piuttosto che restare in fabbrica.
La famosa scena negli ingranaggi
Il tutto non viene mostrato in maniera didascalica e banale, ma viene veicolato attraverso la verve comica di Chaplin, in un racconto che diverte e non annoia mai. Non mancheranno i momenti di pura poesia, nei quali l'operaio sta in contatto con la ragazza, dimostrando il suo amore per lei e come la vera felicità sia nello stare insieme piuttosto che nel benessere economico. Infatti la ricerca di uno status migliore non porterà altro che guai ai due. Emblematico risulta essere il finale, il quale resta abbastanza aperto e non fa capire come sarà il futuro della coppia, ma il fatto di vederli ancora insieme rassicura e dà forte speranza per il loro avvenire. Un aspetto che rende il film ancora più interessante è l'inserimento di aspetti surreali nella messa in scena e nella narrazione, infatti la fabbrica ha un aspetto volutamente irrealistico e anche il sogno di Chaplin o il suo cadere negli ingranaggi sono momenti in cui la realtà scompare per andare in un contesto surreale e visivamente ben fatto.
Il numero musicale del protagonista
Il povero anche in questo caso viene rappresentato come moralmente migliore di chi lo comanda, anche se questo aspetto risulta essere forse fin troppo buonista. La regia è buona e riesce a costruire una buona narrazione, lasciando a Chaplin gli spazi necessari per portare avanti le sue gag. Non saranno ovviamente presenti molti virtuosismi, ma si vede che la mano dietro la macchina da presa (lo stesso Chaplin) sa cosa vuole mostrare e raggiunge i risultati voluti. Unico neo che mi sento di mettere in evidenza è l'inserimento un po' invadente di schermate nere che descrivono cosa sta accadendo sullo schermo e che spezzano un po' la narrazione.
La coppia sogna una vita insieme
Il montaggio e ben fatto e la messa in scena riesce ad avere di guizzi inaspettati, mostrando delle ambientazioni molto curate e visivamente stimolanti. Questo permette alla commedia di risultare originale e particolare. La colonna sonora accompagna molto bene le scene e in alcuni momenti dà vita a delle sequenze veramente ben fatte, come la crisi nervosa dell'operaio in fabbrica. La scelta di avere il sonoro, ma solo in alcune parti del film l'ho trovata coraggiosa e riuscita, dato che viene data, in questa maniera, molta più enfasi alle fonti che emettono quei suoni. I personaggi sono abbastanza macchiettistici, ma i due protagonisti mantengono una caratterizzazione più approfondita che li fa entrare in empatia con lo spettatore. Il protagonista riesce inoltre a scatenare emozioni contrastanti, nel vederlo soccombere con un'allegria che lascia interdetti.
I due se ne vanno insieme verso un futuro incerto
In conclusione, questa è una grande commedia che, attraverso una trama romantica e molto piacevole, riesce a mettere in luce tutte le brutture del progresso sregolato e della società di quegli anni. Quest'ultima viene, infatti, mostrata insensibile e sempre più priva di compassione e umanità verso i più deboli, che si trovano a venir trattati come bestie pur di poter sopravvivere. Il tutto viene reso molto digeribile grazie alla potente comicità di Chaplin che rende il messaggio facilmente assimilabile facendoci ridere, che è una cosa non da poco.

Il grande Gatsby (2013) di Baz Luhrmann


Trailer del film



Buon film che sfoggia un'estetica barocca, la quale purtroppo non ha alle spalle una narrazione di alto livello. La trama è raccontata attraverso la voce narrante di Nick Carraway, un ragazzo che ha conosciuto Gatsby, un ricco e famoso personaggio di New York, alcuni anni addietro durante il periodo in cui ha vissuto nella Grande Mela. Lui inizierà a scrivere le sue memorie su quel periodo come aiuto nella sua terapia per superare la dipendenza da alcool. La pellicola quindi prosegue intessendo una trama interessante, adattando l'omonimo romanzo e seguendo il punto di vista di Nick. La storia purtroppo, pur presentando numerosi spunti di riflessione, non è riuscita a dare la giusta forza a tutti i temi trattati.
Una grandiosa festa organizzata da Gatsby
Un aspetto che ho trovato veramente curato, almeno inizialmente, è il contesto nel quale si muovono i personaggi, essendo stata rappresentata con una certa cura, anche se un po' barocca, la New york e la società degli anni '20. Questo aspetto si associa alla critica che viene portata avanti all'inizio del film, quando vengono mostrati gli operai che lavorano duramente per costruire, mentre la classe abbiente se ne frega e continua a vivere nello sfarzo. La deriva morale dei ricchi è palese e viene posto il focus sui loro eccessi e sulla loro pochezza morale. Questa critica non viene però portata avanti con la giusta forza e man mano che la storia procede, questo aspetto viene sempre più lasciato in secondo piano, per poi riproporlo sul finale, senza conseguire però la giusta intensità. Questo penalizza molto l'opera e la svuota in parte del suo significato. Anche il tema del razzismo e del sessismo imperante sono inseriti come meri contorni, quasi forzatamente. Il fulcro centrale risulta essere la storia d'amore fra Gatsby e Daisy, che comincia in maniera fin troppo melensa, per poi proseguire in maniera molto interessante. Soprattutto verso le battute finali, quando vengono messe in discussione tutte le certezze sentimentali di Gatsby, il loro rapporto prende una piega torbida e grottesca che spiazza. Anche l'importanza dell'immagine, in quella società, è uno dei temi ricorrenti, dato che i personaggi danno una forte importanza essa, senza curarsi molto di avere realmente quel candore che vorrebbero rappresentare. Il gioco di creare una sovrastruttura che metta al riparo dai giudizi degli altri sembra essere rappresentato dalle sfarzose feste e dalla messa in scena pacchiana, anche se ritengo che sia stato portato tutto un po' troppo all'eccesso, creando una saturazione che spezza fin troppo l'intensità e la profondità della trama.
Gatsby si prepara ad incontrare l'amata Daisy
Le feste ricoprono uno spazio eccessivo nella narrazione, andando ad appesantire molto il racconto, anche se nella seconda metà c'è un ritorno all'equilibrio. La storia in sé ha comunque un'idea di base molto interessante, ma la sua trasposizione rischia di banalizzarla e di non renderle onore. Inoltre c'è un abuso della voce narrante, che alla lunga stanca e appesantisce ulteriormente la visione. Resta comunque una narrazione che riesce ad appassionare moderatamente e ad intrattenere abbastanza bene. Dal punto di vista registico non ci troviamo di fronte ad un lavoro molto pregevole, dato che il tono della pellicola e lo stile adottato non riescono a coinvolgere eccessivamente, oltre a dimostrare uno studio maggiore sulla messa in scena pacchiana, rispetto al vero fulcro del racconto. Tecnicamente sono presenti alcune leggerezze e visivamente sono presenti fin troppi alti e bassi, che non lasciano molto soddisfatti alla fine della visione. Nonostante ciò non nego la presenza di alcune scene ben strutturate che risultano di forte impatto, come quella dello sparo, le quali sono concentrate soprattutto nella seconda parte, che risulta essere quella di maggior qualità, sia tecnica che narrativa. Durante alcuni momenti viene anche creata una buona tensione, che riesce a tenere vivo l'interesse. La fotografia utilizza colori sempre molto accesi, insieme ad un messa in scena eccessiva e rivisitata in chiave un po' più moderna. Questa scelta l'ho in parte apprezzata per il coraggio, anche se il risultato finale non la giustifica.
Daisy in mezzo ai due uomini della sua vita
La scenografie sono comunque molto curate e in alcuni momenti l'impatto visivo non è niente male, denotando una buona cura nei particolari che riesce comunque a far entrare lo spettatore nella vicenda. Un aspetto che mi ha abbastanza infastidito è l'utilizzo della computer grafica che, oltre ad essere superfluo, viene usato per creare sequenze visivamente bruttine. Il montaggio l'ho trovato di qualità altalenante, infatti durante le scene più movimentate ci sono degli stacchi molto veloci che non permettono di seguire facilmente cosa sta accadendo. Inoltre, in questa maniera, non viene dato il giusto tempo per poter osservare le inquadrature proposte, vanificando in parte la cura messa nell'inscenare le feste. Nel complesso il montaggio non raggiunge la sufficienza, essendo troppo frenetico e ciò influisce molto negativamente nella fruizione dell'opera. La colonna sonora mi ha lasciato interdetto perché ho apprezzato molto la scelta di inserire brani dei giorni nostri riarrangiati per dare un tono più moderno al tutto, ma nello stesso tempo spoglia in parte le scene dell'aura retrò che si sarebbero meritate. In quegli anni erano presenti canzoni bellissime e il loro utilizzo, con la messa in scena adottata, avrebbe dato un tono un po' più intrigante alle scene. I personaggi nel complesso sono caratterizzati abbastanza bene, anche se, esclusi Gatsby, Daisy, Nick e Tom non sono presenti caratteri degni di nota.
Gatsby durante una festa
Questi quattro risultano strutturati degnamente, con Gatsby che riesce a spiccare per via delle sfaccettature conferitegli, che lo rendono misterioso e affascinante, ma allo stesso tempo patetico e fortemente drammatico. Nick e Daisy sono ben fatti ma non riescono a creare l'empatia necessaria per rendere molte scene sufficientemente forti dal punto di vista emotivo, cosa resa possible quasi sempre grazie a Gatsby. Quest'ultimo ha una buona forza anche dal punto di vista simbolico, per via delle sue umili origini, che l'hanno mantenuto moralmente più puro e per questo inadatto e vivere in quell'ambiente ormai corrotto e incurabile. Quindi, questa è un'opera che partiva da un ottimo materiale, che stato sfruttato in minima parte, impedendo così al film di avere la potenza e il pathos emotivo necessario per risultare sopra la media. Non mancano ovviamente alcuni aspetti positivi che salvano in parte la pellicola, ma vedere la maniera blanda con cui sono trattati gli aspetti più interessanti e, nel frattempo, notare la cura nell'estetica del racconto, crea un senso di delusione ancora più forte, che impedisce di passare sopra ad una tecnica nella media, la quale è riuscita a confezionare un film gradevole, che verrà ricordato più per lo sfarzo che per la sua profondità.

Omicidio a luci rosse (1984) di Brian De Palma


Trailer del film



Grande thriller di De Palma che riesce a creare delle bellissime atmosfere e a valorizzare una storia che sulla carta poteva risultare banale. La trama è semplice: Jake, un attore di B-movie di Hollywood sta cercando di ottenere un nuovo ingaggio, purtroppo senza grandi risultati. Durante la sua partecipazione a vari provini, incontrerà Sam, un suo amico e collega, che gli proporrà, dopo aver saputo della recente separazione di Jake dalla fidanzata, di andare a vivere nel suo appartamento mentre lui è via per lavoro. Il protagonista si trasferirà quindi nell'abitazione ed inizierà, dietro consiglio dell'amico, a spiare la donna che abita di fronte. Una sera però la donna sarà malmenata da un uomo e da quel momento Jake temerà per la vita della ragazza, anche grazie alla sua infatuazione per lei, e la seguirà per tenerla d'occhio.
Sam osserva la donna dal suo appartamento
Da qua si svilupperà un intreccio interessante e ben strutturato, che non presenta grandi elementi di novità. La storia viene sfruttata molto bene, essendo creata sempre una buona tensione durante le scene. Inoltre l'intreccio riesce a mantenere vivo l'interesse dello spettatore, che si troverà a provare l'angoscia di Jake per la sorte della misteriosa donna. Molto interessante ho trovato l'idea di far somigliare i comportamenti del protagonista a quelli di un voyeur, mentre guarda con morbosità dalla finestra. Questa sua smania di vedere ogni dettaglio crea un interessante parallelismo fra lui e lo spettatore che per definizione stessa ha in sé un certo grado di vouyerismo. Non mancano nemmeno sequenze abbastanza forti, dal punto di vista della violenza, le quali sono costruite molto bene, caricando l'atmosfera con sempre più tensione che esplode e si libera nell'atto violento stesso. Anche l'idea di ambientare tutto nel mondo dello spettacolo permette di entrare in contatto con esso ,mostrandone luci ed ombre.
Sam debutta nel mondo del porno
Anche il mondo del porno viene visitato ed è intrigante il fatto che quest'ultimo venga presentato in maniera più leggera e meno deprimente degli ambienti più blasonati del cinema "standard". Non mancheranno anche alcune contaminazioni horror che vanno ad arricchire molto la narrazione e permettono di variegare molto la messa in scena. Sono presenti anche numerose citazioni ad altre opere, come La finestra sul cortile o Vertigo, quest'ultimo per via della claustrofobia del protagonista che ricorda le vertigini di John Ferguson, protagonista del film di Hitchcock. Quest'opera può essere vista come un bellissimo omaggio al regista inglese, essendo presenti numerose meccaniche tipiche di Alfred. Dal punto di vista tecnico il film si difende benissimo, dato che il regista e riuscito a valorizzare molto bene una trama che rischiava di scadere nel banale. La cura posta nelle inquadrature è tangibile ed i personaggi si muovono in esse con molta grazia, come se prendessero parte ad una danza.
L'appartamento di Sam
La telecamera si muove sinuosa e anche i pianisequenza sono gestiti ottimamente. Il regista gioca anche con la finzione tipica del mondo dello spettacolo, utilizzando inquadrature che spiazzano ed ingannano lo spettatore. Ad esempio è possibile citare il momento in cui viene inquadrato un cartonato di un paesaggio o quando Jake si affaccia, in soggettiva, in una fossa e senza apparenti stacchi riemerge da essa, mentre in realtà la visuale è semplicemente passata da una soggettiva ad un'inquadratura frontale. Questi sono tutti aspetti che rendono la pellicola visivamente stimolante e aiuta a creare la giusta atmosfera. Una menzione d'onore va al modo magistrale con cui è creata tensione. Sono infatti numerosi i momenti in cui mi sono trovato con gli occhi sbarrati ad attendere gli sviluppi di una scena, non sapendo come sarebbe andata a finire. Anche la fotografia riesce ad essere ben fatta, con alcune inquadrature molto interessanti e dall'atmosfera veramente interessante. Le contaminazioni con l'horror sono rese efficaci anche grazie alla fotografia che riesce a dare la giusta intensità a questi momenti. Il montaggio e il resto del comparto tecnico vanno a completare una messa in scena eccellente, che sfrutta a dovere ogni spunto interessante fornito dalla trama, mantenendo un ottimo ritmo ed una struttura delle sequenze sempre adeguata.
L'uomo che minaccia la donna
La storia non può vantare una svolgimento particolarmente originale e risulta anche abbastanza prevedibile, ma ha comunque permesso di creare situazioni memorabili e non penalizza affatto la qualità finale dell'opera. I personaggi non sono molto approfonditi, ad esclusione di Jake, ma sono comunque di spessore e non mancano di intensità quando richiesta dalla scena in corso. De Palma riesce anche stavolta a girare una pellicola visivamente interessante, che emoziona molto ed intrattiene benissimo, senza scadere mai nel banale, ma mantenendo sempre un registro variegato e che va ad omaggiare con intelligenza lo stile Hitchcockiano, senza copiarlo e senza scatenare sterili paragoni.