mercoledì 30 aprile 2014

Lost in Translation - L'amore tradotto (2003) di Sofia Coppola


Trailer del film



Bella commedia sentimentale che è ben girata e segue una linea narrativa interessante. La storia è quella di Bob, un famoso attore in declino che si reca a Tokyo per girare uno spot pubblicitario, e di Charlotte, una giovane ragazza che ha seguito suo marito a Tokyo per accompagnarlo nel suo lavoro. I due si incontreranno e fra di loro si creerà un legame profondo che, vista la situazione nella quale vivono, non nasce sotto i migliori auspici. La trama procederà fra toni allegri e malinconici verso una conclusione non sforzata e intelligente. Una delle cose più riuscite è il tono che assume il film durante lo svilupparsi della vicenda. Esso infatti viene cambiato molto bene fra situazioni allegre e ironiche ad altre più drammatiche e dai risvolti molto seri e amari. Il rapporto che si crea gradualmente fra i due viene sviluppato come si deve, dato che si svolge in maniera molto naturale e con la giusta velocità. La vicenda viene raccontata in maniera poetica, senza esagerare con la melassa, ma presentando tutto con semplicità e creando empatia verso i protagonisti. La loro "love story" ha uno sviluppo anomalo rispetto ad altre pellicole dato che la loro attrazione emerge come possibilità di evasione dalla realtà e va oltre la mera attrazione fisica. Nel film sono presenti delle gag, alcune delle quali sono riuscite, come quella dove il regista dello spot parla molto e l'interprete traduce in due parole, ma nel complesso sono un po' datate, anche se efficaci. Non viene mai raggiunto un livello di comicità tale da scadere nel ridicolo, ma viene invece mantenuta in alcune situazioni un'ironia di fondo. Le relazioni di Bob e Charlotte vengono confrontate ed entrambi iniziano a vedere nell'altro una possibile via di fuga da una vita insoddisfacente. Un aspetto che ho molto apprezzato è come sia stata sfruttata bene la città, che diventa una perfetta ambientazione dove far muovere i due personaggi. Essa offre molti luoghi interessanti e le diverse abitudini culturali offrono spunti di riflessione ai protagonisti per ripensare alla propria vita. Unico difetto che mina un po' l'opera è il ritmo, che non viene sempre mantenuto su livelli adatti a ciò che viene raccontato. La narrazione soffre infatti di alcuni cali che rendono alcuni punti un po' troppo lenti e meno riusciti. La regia è molto buona, dato che riesce ad intessere una storia interessante e ben strutturata, anche se è minata dai difetti di cui ho appena parlato. La telecamera viene mossa poco, ma nel complesso le scene sono ben strutturate e hanno una buona dinamicità. Il fatto che la maggior parte del film sia in interni fa risaltare molto le scene lungo le vie di Tokyo e dà una sensazione di libertà quando Bob e Charlotte vanno a giro liberamente per la città senza avere alcun freno. La fotografia è bellissima, sia in interni, con ambientazioni ben costruite e che sono visivamente accattivanti, sia in esterni con delle riprese molto belle delle vie e dei locali di Tokyo, soprattutto durante le sequenze notturne, che la rendono un luogo molto vitale. La colonna sonora e ben fatta e si adatta bene alla vicenda, con una scelta musicale un po' indie che risulta accattivante. Gli attori sono, nel complesso, convincenti con un Murray veramente eccezionale e con Scarlett Johansson che lo accompagna in maniera veramente convincente vista la giovane età. Gli altri personaggi non sono molto approfonditi, con alcuni che rischiano di scadere nel macchiettistico, ma vista la struttura della vicenda questo non è un aspetto che mina la qualità del prodotto. I due protagonisti sono sfaccettati molto bene e dimostrano un'evoluzione molto interessante. Nel complesso questa è quindi una commedia sentimentale che diverte, ma non risparmia i toni malinconici e riesce ad appassionare molto per via di una bella sceneggiatura supportata da una tecnica che è visivamente molto interessante e ben fatta, che fa passare in secondo piano i problemi di ritmo.

venerdì 25 aprile 2014

I duellanti (1977) di Ridley Scott


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Bel film che racconta uno scontro fra due uomini d'onore durato anni, inscenando una macabra danza della morte fra i due protagonisti. Il film è ambientato nell'Europa di inizio '800 e racconta del rapporto conflittuale che si crea fra Armand D'Hubert e Gabriel Feraud, due militari al servizio di Napoleone. I due si combatteranno in vari duelli durante gli anni, ogni volta che le loro strade si incontreranno per via delle campagne militari alle quali parteciperanno. Il modo con cui viene vissuta la sfida dai protagonisti è diametralmente opposto, dato che Armand non accetta mai di buon grado i duelli proposti, ma vi partecipa per tenere alto l'onore, mentre Gabriel cerca in ogni modo di organizzare continue sfide. Il film è raccontato molto bene e la scelta di farlo procedere durante le varie fasi della storia napoleonica l'ho trovata un'idea azzeccatissima, che permette di creare parallelismi fra la ricerca dello scontro da parte di Gabriel e quello di Napoleone vero l'Europa. La narrazione procede molto bene e riesce a far entrare in empatia con i personaggi. Su tutta la vicenda aleggia costantemente un'aura mortifera che si amplifica ogni volta che i due protagonisti vengono in contatto. Feraud verrà rappresentato come una minaccia continua per il povero Armand, che non potrà mai sentirsi al sicuro fin quando la sua nemesi è ancora in giro. Il rapporto fra i due duellanti non è stato però trattato in maniera piatta, ma sono inserite delle scelte narrative che danno molta profondità alla narrazione e creano un legame di odio e rispetto fra i due. Anche il modo in cui viene risolta la vicenda l'ho trovato molto intelligente e amplifica il parallelismo con le azioni napoleoniche. Una cosa che ho trovato molto interessante è come sia sempre e comunque rispettato il codice d'onore, a qualsiasi costo, come fosse la cosa più importante da difendere nella vita. Questa scelta narrativa è portata avanti con maestria e rende plausibile e accattivante una vicenda che poteva risultare troppo inverosimile. La regia è molto buona, con dei movimenti della macchina da presa molto misurati e che riescono a dare molto ritmo alle scene. Sia durante le fasi più concitate, sia in quelle più calme, viene mantenuta una qualità registica notevole e ciò permette alla storia di avere un buon ritmo ed una narrazione coinvolgente. Le riprese durante i duelli sono quelle che mi hanno maggiormente convinto, con il posizionamento della telecamera alle spalle dei contendenti alternando sapiente le inquadrature, così da rendere molto dinamiche e comprensibili le sequenze. La scenografia è splendida con una realizzazione dell'Europa ottocentesca molto suggestiva. Vengono composte inquadrature e ambientazioni evocative e che restano impresse dal punto di vista visivo. Alcune sequenze con la nebbia mi hanno colpito molto. La fotografia è molto bella ed alterna adeguatamente colori caldi a toni più freddi nei momenti in cui la morte aleggia nell'aria. Viene prestata molta cura nelle inquadrature e alcune di queste sono realizzate in maniera tale da ricordare dei dipinti d'epoca. Questo aiuta molto a creare la giusta atmosfera, con l'impressionante inquadratura finale che è una delle migliori. Anche il montaggio è curato e in alcuni momenti riesce a creare sequenze riuscite, come ad esempio nello scontro a cavallo, che viene intervallato da immagini dei duelli passati. Gli interpreti danno delle belle prove attoriali, donando ai propri personaggi spessore e caratterizzandoli adeguatamente. I due protagonisti sono ovviamente i più sfaccettati e rimangono le figure centrali di tutta la vicenda, anche se ho trovato Gabriel un po' troppo forzato nel suo perseverare la sfida, anche se per via del suo ruolo quasi inumano, risulta comunque coerente e azzeccato. Nel complesso questo è quindi un bel film di Ridley Scott che riesce a intessere una vicenda quasi surreale, in cui la morte sembra sempre in agguato, coinvolgendo molto e facendo percepire molto bene le sensazioni provate da Armand nel sottostare alle angherie del rivale, grazie ad un'ottima tecnica e con una fotografia molto ispirata.

mercoledì 23 aprile 2014

Gigolò per caso (2013) di John Turturro


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Commedia riuscita in parte che diverte e fa riflettere, ma non convince fino in fondo. La storia è quella di Fioravante, che decide di intraprendere la carriera di gigolò per aiutare il suo amico Murray, il quale per problemi di soldi è stato costretto a chiudere la sua libreria. All'inizio sarà un'attività saltuaria, ma man mano che il sistema prende piede inizierà ad essere svolta con più regolarità. Tutto procede bene fino al momento in cui Fioravante viene in contatto con Avigal, la vedova del rabbino del quartiere, che andrà da lui per un massaggio. Fra i due nascerà un rapporto che metterà in crisi le convinzioni di entrambi. Il tono della commedia viene mantenuto leggero e non mancano i momenti divertenti e scanzonati, per la maggior parte legati alla figura di Murray che si troverà a vivere situazioni surreali e ironiche. Altro aspetto che ho apprezzato molto è il fatto di mettere in discussione le proprie certezze, iniziando a pensare che lo status quo non è per forza positivo e c'è bisogno della forza per cambiare il proprio modo di vivere e pensare la vita. La pellicola è caratterizzata dagli incontri fra personaggi insoddisfatti e solitari che cercano nel sesso un palliativo per la propria incompletezza o noia. Fioravante si troverà a scegliere fra un legame sentimentale piuttosto che un guadagno ad ogni costo. Purtroppo il film non riesce a prender il decollo per via di alcuni difetti che ne minano la qualità. Il primo fra tutti è una narrazione un po' confusionaria e la scelta di fare una distinzione troppo netta fra le vicende dei due protagonisti, le quali hanno dei toni così diversi da far credere di star vedendo due film separati. Inoltre alcune trovate narrative sono un po' forzate e ci sono cambiamenti veramente troppo repentini per essere credibili, per colpa di una storyline che non riesce ad omogeneizzare abbastanza bene gli sviluppi che prende la vicenda. Un aspetto che non ho apprezzato molto è la scarsa evoluzione che hanno i personaggi, dato che alla fine non sembrano aver superato pienamente le proprie difficoltà, ma anzi in alcuni casi sembrano aver accettato il proprio mondo, come avviene per Avigal. La regia non è male, ma per i problemi finora descritti, non è riuscita a convincermi. Oltre a ciò il comparto registico mi ha ricordato lo stile alleniano, senza però raggiungerne la maestria e lo stile. Questo mi ha un po' infastidito perché sembra che Turturro non sia riuscito a dare la propria impronta alla pellicola, ma pare che abbia tentato di essere un po' troppo derivativo. La fotografia è la componente più riuscita, dato che sono presenti molti scorci interessanti e vengono create inquadrature ben studiate che riescono a rimanere impresse, pur non essendo supportata da un montaggio che riesce a valorizzarla appieno. Purtroppo la messa in scena risulta essere fin troppo casta per le situazioni che vengono presentate. Oltre alla poca credibilità della vicenda, cosa alla quale do poco peso, risulta veramente ridicolo il fatto che le donne con cui lui fa sesso siano vestite completamente. Non lo dico per un fatto di morbosità, ma semplicemente perché quando viene deciso di mostrare determinate situazioni, non è possibile presentarle in maniera così pudica e sciatta. La colonna sonora è buona e accompagna con stile la vicenda, riuscendo ad essere intrigante, anche senza avere molta varietà. Gli attori danno delle prove buone, con Woody Allen mattatore della componente comica della pellicola e Turturro che dà una buona intensità al suo personaggio. Anche Avigal risulta essere un personaggio interessante, anche se prende delle decisioni e ha un'evoluzione un po' tirata via. Gli altri personaggi non sono male nel complesso, anche se ho trovato un po' macchiettistiche Sharon Stone e Sofia Vergara, mostrate solo come donne ricche, annoiate e vogliose. In conclusione ci troviamo di fronte ad una commedia tutto sommato piacevole e divertente, che pone alcuni spunti di riflessione, senza però approfondirli tutti adeguatamente. Il tutto è accompagnato da una tecnica buona, ma carente in alcune parti e che non fa rimanere impressa un'opera che, minata da alcuni difetti, si ispira troppo allo stile alleniano senza raggiungerne la qualità. Mi aspettavo di più dal film ed è per questo che forse sono stato fin troppo critico nei suoi confronti.

domenica 20 aprile 2014

East Is East (1999) di Damien O'Donnell


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Bella commedia dolceamara che tratta intelligentemente il tema dell'integrazione e delle tradizioni. La storia narrata è quella della famiglia inglese Khan, composta da un padre pakistano, una madre inglese e 6 figli (5 maschi e una femmina). La prole è perfettamente integrata nella società inglese e ne ha adottato usi e costumi, ma si trovano a scontrarsi con il padre. Esso è molto legato e fiero delle tradizioni del Pakistan e tenta di obbligare i figli ad accettarle ed applicarle. La madre prova a svolgere il ruolo di mediatore fra le esigenze di entrambe le parti, ma questo si rivela un compito molto arduo. Una delle questioni che crea maggior astio è la volontà del padre di far sposare i propri figli maschi attraverso dei matrimoni combinati, senza sentire il loro parere. Ciò provocherà delle spaccature in famiglia, portando a situazioni drammatiche. La pellicola è di base una commedia ed infatti sono presenti molte scene dotate di una certa ironia che riescono ad alleggerire e controbilanciare alcune sequenze molto drammatiche, dando un tono dolceamaro al film, che lo caratterizza e lo rende molto godibile ed interessante. Vengono infatti descritte e raccontate le vicende senza alcuna retorica, utilizzando un realismo che dà una forza notevole a ciò che viene raccontato. Viene analizzato molto bene il fenomeno dell'integrazione mostrando in maniera negativa sia chi non accetta a priori gli "stranieri" (anche se vivono in Inghilterra da 25 anni), sia chi porta avanti in maniera miope le proprie tradizioni imponendole agli altri, avvalendosi di un'autorità che non gli compete. Vengono gestiti molto bene le relazioni nel nucleo familiare creando un contesto urbano molto vitale e diversificato. Alcune sequenze sono, inoltre, molto divertenti e presentano delle trovate azzeccate per le varie situazioni che si presenteranno, come ad esempio l'incontro fra i protagonisti e la famiglia con cui è stato combinato il matrimonio. Una cosa che ho molto apprezzato è la bravura nel cambio di tono quando c'è il passaggio da un contesto ironico ad uno molto serio, riuscendo a mantenere comunque omogeneità nel racconto. La regia è molto buona e riesce ad intessere un bel racconto con un ritmo quasi sempre adeguato e bilanciando serietà e divertimento. I movimenti di macchina non sono molto accentuati, ma vengono comunque create sequenze ritmate e ben girate. La macchina da presa si muove bene fra le stanze della casa e le strade rendendo lo spettatore partecipe dell'azione. La scenografia è ben fatta, dato che sono presenti molte inquadrature strutturate bene e che aiutano molto a dare identità all'ambientazione. Anche le inquadrature nella casa danno un bell'impatto visivo e vengono sfruttate a dovere senza dare la sensazione di muoversi in uno spazio ristretto. La fotografia usa colori abbastanza caldi, dando una sensazione di forte vitalità alle inquadrature, che si affievoliscono nelle sequenze negli spazi chiusi, come se la strada fosse un ambiente più accogliente rispetto al nucleo familiare. Nel complesso viene comunque usata un'illuminazione naturale, che subisce lievemente i cambiamenti prima descritti. I personaggi sono ben strutturati e sono caratterizzati a dovere. Alcuni di essi sono forse un po' troppo squadrati, ma nel complesso è stato fatto un buon lavoro per renderli credibili e interessanti. Gli attori recitano bene e hanno una fisicità che si amalgama in maniera convincente con i propri personaggi, rendendoli così ancora più vitali. L'unica correzione che avrei apportato è nel padre, che cambia opinione in maniera un po' troppo repentina e risulta a volte un po' forzato nei modi, tenendo conto che è già più di venti anni che vive in Inghilterra. In definitiva questa è una bella commedia, che è stata fatta con intelligenza e non sacrifica la serietà e il realismo per puntare tutto sul divertimento, ma crea situazioni e vicende sfaccettate che vanno a comporre una vicenda che diverte e fa riflettere.

mercoledì 16 aprile 2014

Vieni avanti cretino (1982) di Luciano Salce


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Divertente commedia dai tratti surreali portata avanti da un incontenibile Banfi. La storia è quella di un carcerato (Banfi) che esce per via di un indulto e si appoggerà ad un amico che lavora al collocamento per trovare un'occupazione. La trama è composta da una linea centrale che unisce una serie di gag legate ai vari lavori che il protagonista si troverà a svolgere. Nel complesso è una pellicola molto divertente con alcune parti molto efficaci e altre in cui c'è un po' di stanca e sopraggiunge la noia. Per fortuna le prime sono in numero maggiore delle seconde e quindi, grazie ad un buon ritmo, scorre tutto agevolmente  fino alla fine. Alcune scenette sono molto ispirate, come quella dove Banfi, per coprire un suo amico, deve indovinare cosa ha raccontato quest'ultimo alla moglie, oppure ho trovato molto interessate e riuscita la gag dell'occupazione in fabbrica, in cui emerge una forte alienazione nel lavoro ripetitivo che si troverà a fare. Purtroppo questi momenti sono in parte compensati da alcune sequenze di qualità più scadente, come quella in cui Banfi fa il meccanico in un'officina e viene una cliente che si spoglia per concedersi a lui così da farla pagare ai fratelli possessivi. Non solo questa parte serve unicamente per scatenare gli ormoni del pubblico, ma è anche recitata da schifo dalla giovane ragazza. Quindi sono presenti alti e bassi, ma si ottiene comunque un bel risultato anche grazie alla componente surreale che accompagna tutto il film e dà un tono particolare alle scene. Anche alcuni personaggi contribuiscono al surrealismo, come il capo della fabbrica che, una volta finito di parlare si mette a fare dei versi senza alcun apparente motivo. Alcune scene rimangono impresse e riescono a far ridere anche dopo la visione, cosa che dimostra una certa forza nelle gag. Nella pellicola è presente anche una lieve critica sociale, nel mostrare come sia necessario avere degli agganci per accedere a determinate agevolazioni e la parte nella fabbrica mostra l'alienazione a cui può essere soggetto un operaio. Ovviamente queste sono aspetti trattati marginalmente rispetto all'opera nel complesso, ma riescono comunque ad arricchirla. La regia è buona, ma non eccezionale, dato che a volte ci sono degli stacchi un po' azzardati e visivamente non belli. Non sono comunque presenti scivoloni gravi, anche se il regista si mette completamente al servizio del protagonista per lasciargli la possibilità di fare il suo "show". La scenografia è abbastanza curata, con alcuni punti veramente ben fatti, e riesce a mantenere un buon livello durante tutta la pellicola. La fotografia dà il giusto tono alle scene, anche se non viene mai azzardata una soluzione visiva eccessivamente fuori dagli schemi. La colonna sonora è orecchiabile e crea dei motivetti che danno un tono allegro che, pur non avendo una qualità eccezionale, si amalgama bene col contesto. Gli attori danno delle prove attoriali buone, volutamente sopra le righe, dando vita a dei personaggi di qualità altalenante. Alcuni sono memorabili e molto divertenti, come l'amico di Banfi o l'uomo che incontra dal dentista, mentre altri veramente scadenti, come la ragazza nell'officina o i due che prendono un caffè. Fra tutti spicca Banfi, vero mattatore del film che porta avanti la baracca pressoché in solitaria e lo fa in maniera egregia, dato che riesce a valorizzare situazioni apparentemente di bassa lega. Quindi, in conclusione, questa è una bella commedia che diverte grazie ad una messa in scena e a degli attori che riescono a creare situazioni divertenti con battute che rimangono impresse, anche senza avere alle spalle una tecnica sopraffina e non mantenendo, purtroppo, una qualità costante.

mercoledì 9 aprile 2014

Elysium (2013) di Neill Blomkamp


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Bel film di fantascienza dai forti temi politici che intrattiene bene senza rinunciare a far riflettere. La storia è ambientata nel 2154, in un futuro in cui la gente ricca e abbiente ha lasciato la Terra in rovina per trasferirsi su una stazione spaziale orbitante: Elysium. Sul pianeta sono rimasti solo i poveri che sono costretti a lavorare per sostentarsi e produrre risorse per i ricchi che hanno lasciato la Terra. Un giorno Max, un giovane operaio, subirà una dose letale di radiazioni per un incidente in fabbrica e si troverà ad avere solo 5 giorni di vita. Dato che sulla stazione spaziale esistono dei macchinari che curano ogni malattia decide si rivolgersi a dei ribelli per lasciare la Terra in maniera clandestina e trovare una cura al suo male. La storia è molto accattivante e riesce a creare un'ambientazione ben realizzata e vitale. Balza subito all'occhio come il mondo descritto sia una rappresentazione estremizzata della realtà, in cui i ricchi basano la loro ricchezza sullo sfruttamento del resto della popolazione, impadronendosi di qualsiasi risorsa pur di vivere nel lusso. Forse questa visione politica della realtà è anche troppo palese, ma dà una forte componente aggiuntiva alla pellicola che mostra una bella carica sovversiva nel racconto. Il ritmo è mantenuto su livelli adeguati, anche se avrei preferito un minor numero di scene d'azione. Nel film sono presenti anche un buon numero di scene violente con effetti gore abbastanza spinti. Ovviamente non arriviamo ai livelli dello splatter, ma comunque non vengono usati filtri visivi per alleggerire le sequenze. Una delle cose che porta avanti la pellicola è la cura con cui è stata caratterizzata tutta l'ambientazione in cui si svolge il film, partendo dagli operai sfruttati e maltrattati, fino ad arrivare ad Elysium, vero e proprio paradiso in terra apparentemente immune da pericoli e malvagità. Come è possibile notare però, le figure più meschine e abbiette si trovano proprio nello spazio, in cui è presente un forte arrivismo oltre ad un totale disinteresse per le condizioni di quelli rimasti sulla Terra. Quest'ultimo aspetto viene visto come la colpa più grande, insieme alla mancanza di ogni compassione per le condizioni dei più deboli. I ricchi sono mostrati privi di scrupoli e indirizzati solo verso l'ottenimento di più potere di quanto ne abbiano. Una cosa che però non mi ha convinto molto sono le difese un po' misere di Elysium, anche se probabilmente sono dovute allo stretto controllo che viene effettuato sui "terrestri". La regia è molto curata e riesce a dare un ottimo ritmo alla vicenda e ad intessere una storia semplice ma interessante. Alcune sequenze d'azione mi hanno fatto storcere il naso per via di una telecamera un po' troppo mossa, ma nel complesso c'è una perizia tecnica che le fa comunque apparire molto belle e riuscite. Ogni momento del film sembra curato e non sembrerà mai sottotono. Ho apprezzato maggiormente le scene più calme dove veniva mostrata la psicologia dei personaggi e le sequenze meno movimentate, che pur essendo ben amalgamate con le altre, avrei preferito in numero maggiore. La fotografia è molto bella con degli scorci molto ispirati e riesce a creare delle inquadrature visivamente belle che mostrano un universo vitale. Le scene che mi hanno più convinto sono quelle nello spazio, dato che è lì che è maggiormente visibile la componente fantascientifica del film ed, essendo fan del genere, le ho apprezzate molto. Il montaggio è ben fatto, anche se ho trovato lievemente confuse alcune sequenze più movimentate, anche se in numero ridotto. La colonna sonora ha alti e bassi, con alcune tonalità molto basse che sembrano prese da altri film, mentre altre canzoni sembrano più ispirate e nel complesso rimane un buon livello. Gli attori recitano bene, con Matt Damon e Jodie Foster che danno vita a personaggi molto sfaccettati e ben delineati. Il lavoro di scrittura è stato ben fatto dato che nel complesso i personaggi non sono quasi mai bidimensionali, anche quando approfonditi meno, e vanno a comporre bene l'intreccio della vicenda. Ciò che rimane è un bel film di fantascienza con innumerevoli spunti di riflessione politici, che vengono veicolati bene attraverso del bell'intrattenimento e con una tecnica molto buona che fa ben sperare per la carriera del regista.

domenica 6 aprile 2014

Cani arrabbiati (1974) di Mario Bava


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Grandioso film talmente innovativo da risultare moderno anche ai giorni nostri. La vicenda narrata comincia con una rapina ad un portavalori da parte di quattro criminali. Uno di loro viene ucciso nella fuga e gli altri tre, per mettersi al sicuro, prendono in ostaggio una donna, un uomo e suo figlio, scappando tutti insieme nella macchina del signore. La vicenda prosegue a bordo del mezzo dove i personaggi interagiscono e i criminali portano avanti il loro piano di fuga. La trama è raccontata alla perfezione ed è scritta veramente bene, dato che poteva rischiare di avere molti momenti di stanca per via dell'ambientazione un po' particolare. Il rischio noia viene sventato grazie ad una narrazione vivacissima e molto ritmata perfino per gli standard odierni. Gli eventi proseguono benissimo mantenendo una buona tensione per tutta la pellicola e scatenando un fortissimo interesse sulle sorti dei protagonisti. Vengono sapientemente intessuti dei dialoghi che scandiscono il ritmo alla vicenda caratterizzando dei personaggi ben definiti. Non vengono risparmiate nemmeno delle componenti violente, essendoci diverse uccisioni abbastanza sanguinolente, e sono presenti alcuni momenti macabri. L'ambientazione è realizzata molto bene e nel complesso la pellicola fa intendere come la malvagità sia radicata nella società dove ancora chi è più forte può riuscire a sopraffare i deboli, anche se per farlo rischia molto. Questa è una visione molto nichilista della società, ma comunque realistica. Viene anche creato un po' di mistero intorno al malore del bambino, che dorme per tutto il viaggio, per via di una presunta malattia. Tutto viene presentato senza filtri verbali o visivi e questo lo rende molto crudo. Quest'opera ha ispirato molti film, fra cui credo Le Iene, proponendo dialoghi e situazioni che ricordano il film di Tarantino. Va anche sottolineato che questo film è stato realizzato ben 20 anni prima de Le Iene e va quindi riconosciuto il merito di Mario Bava nella visionarietà del suo progetto, che non ha visto la luce fino agli anni '90. La regia è degna del maestro che era Mario Bava, con delle riprese e una tecnica che non è facile vedere in giro. I movimenti di macchina e l'orchestrazione delle scene sono molto avanti per l'epoca e anche oggi fanno impallidire la maggior parte dei registi. Riuscire a rendere interessante un road movie infernale e farlo con questa qualità è veramente degno di un genio del cinema. La fotografia è veramente ben fatta con delle inquadrature molto ispirate e di forte impatto visivo. Molti primi piani hanno un'ottima cura e non mancano riprese da angolazioni suggestive. L'ambientazione ristretta per la maggior parte del tempo non crea un ambiente claustrofobico, ma riesce comunque a dare un certo respiro. Il montaggio è una delle componenti migliori, dato che è dinamicissimo e riesce a dare in alcuni momenti un ritmo vertiginoso. La sequenza della rapina è una delle migliori, con un montaggio molto serrato alternato con riprese dell'uomo che verrà rapito alla guida della sua auto. Anche durante alcuni momenti in macchina viene scelto un tempo perfetto che fa rimanere impresse molte sequenze. La colonna sonora è ben fatta, con un motivo accattivante che accompagnerà la vicenda, sostituito solamente da alcune canzoni passate alla radio o cantate da "Trentadue", uno dei rapinatori. Le canzoni riescono nel complesso a dare il giusto tono alle scene, a volte contrastando la gravità di alcuni momenti con canti leggeri. Gli attori sono in forma e danno un buon spessore ai propri personaggi, riuscendo a darli un'identità definita e a farli rimanere impressi. Dietro c'è ovviamente un ottimo lavoro di scrittura che rende tutti molto sfaccettati e più complessi di come appaiono ad una prima occhiata. Quindi, questo è un film italiano da riscoprire e ricordare, per via dell'eccellenza tecnica e della forte innovazione che lo caratterizza, la quale è stata poi ripresa, consciamente o meno, da molti film degli anni successivi, grazie alla visionarietà e al talento di Mario Bava.

mercoledì 2 aprile 2014

Hunger (2008) di Steve McQueen


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Bellissimo film che racconta la battaglia di un gruppo di uomini che si immolano per i loro ideali, contro un sistema che li tratta e li considera come bestie. La pellicola è tratta da una storia vera, durante i Troubles inglesi, in cui dei prigionieri dell'IRA iniziano a protestare nel carcere per ottenere lo status di prigionieri politici e condizioni migliori di detenzione, oltre ovviamente a portare avanti la battaglia per l'indipendenza dell'Irlanda del Nord. Nel film sono presenti la blanket protest, che presupponeva il rifiuto di indossare la divisa carceraria, la dirty protest, in cui i detenuti rifiutavano di lavarsi e spargevano i propri escrementi sui muri delle celle, e infine il secondo sciopero della fame. Lo spettatore seguirà le vicende di alcuni fra questi detenuti che si troveranno ad essere vessati pesantemente dai secondini, facendo diventare il carcere un vero e proprio lager. Parallelamente alle vicende dei prigionieri, vengono anche seguite le gesta di uno dei secondini che si troverà suo malgrado in pericolo per via degli attentati che venivano fatti contro i carcerieri da parte dei membri dell'IRA in libertà. Il film racconta in maniera magistrale la vicenda facendo entrare lo spettatore molto in empatia con i carcerati. Viene sapientemente creato un ambiente claustrofobico che non dà mai un attimo per respirare. Ogni attimo viene vissuto con timore per via delle punizioni che vengono inflitte dai secondini e questo aspetto viene reso benissimo. Oltre a ciò la parte migliore è senza dubbio quella in cui vengono seguite le mosse di Bobby Sands, il primo membro dell'IRA ad iniziare lo sciopero della fame. Le sequenze che lo riguardano sono le più toccanti e le più profonde di tutto il film, con dei momenti struggenti e insostenibili. La sua lealtà all'ideale e e la sua forza d'animo possono risultare eccessivi, ma sono di forte impatto e risulta essere una battaglia fra un uomo e un sistema politico miope e indifferente di fronte alle sofferenze patite dalle persone. L'inflessibilità del sistema politico inglese, che punta a screditare i membri dell'IRA non fa altro che acuire i contrasti e gioca sulle spalle della gente. Ovviamente i prigionieri non sono esenti da crimini, ma è evidente come le condizioni di detenzione siano disumane e indegne per un paese civile. Molto bello è il fatto di rappresentare lo Stato attraverso la voce fuori campo della Thatcher che con quel tono inflessibile rappresenta l'inumanità a cui si è giunti per portare avanti questo muro contro muro. Tutto procede bene fino ad un finale bellissimo privo di qualsiasi enfasi, che svuota di epicità un sacrificio evitabile. La regia è eccezionale, con scene realizzate benissimo con dei movimenti di macchina curati e mai eccessivi. La telecamera avrà dei momenti in cui verrà mantenuta fissa per dare risalto alle inquadrature (come ad esempio l'eccezionale dialogo fra Bobby e il prete), che sono studiate e realizzate benissimo. Vengono anche presentati eccellenti piani sequenza che creano scene bellissime, come la parte in cui i detenuti vengono brutalmente manganellati dai poliziotti. La fotografia è fenomenale, con degli scorci del corridoio fra le celle che rimangono impressi, oltre a fornire un'ambientazione opprimente e disgustante. Molto bello è l'effetto di luce che viene dato alle finestre, che sembrano sempre luminosissime, quasi a voler rappresentare la libertà che c'è fuori con un'aura paradisiaca. Ogni inquadratura è curatissima e risulta sempre di forte impatto visivo. Alcune scene vivono grazie all'ottima composizione dell'ambientazione, senza bisogno di virtuosismi registici. Gli attori recitano benissimo, ma fra tutti spicca Fassbender che fa una prova attoriale fenomenale con dei monologhi e dialoghi di un'intensità incredibile. Riesce a portare avanti un dialogo di 17 minuti senza stacchi senza perdere intensità. I personaggi sono realizzati molto bene dando delle identità ben definite e una caratterizzazione ben fatta. Per concludere, non posso far altro che consigliare fortemente questo grande film che regala forti emozioni facendo riflettere su un evento storico senza scadere in facili buonismi, ma raccontando i fatti in maniera impeccabile e con una tecnica superba.