domenica 26 ottobre 2014

Io ti salverò (1945) di Alfred Hitchcock


Trailer del film



Bel thriller di Hitchcock che percorre strade narrative interessanti con la solita maestria. La storia è ambientata in un istituto di psicanalisi, nel quale lavora Costance, una bella psicologa dai modi algidi. La sua vita subirà una scossa quando arriverà il nuovo direttore della clinica, Anthony, il quale entrerà quasi subito nelle sue grazie. La situazione andrà a complicarsi una volta scoperto il segreto del nuovo direttore, che porterà entrambi a vivere dei momenti pericolosi per giungere alla terribile verità.
Scatta la passione fra Constance, che si lascia andare, e Anthony
La storia procede molto bene, con il ritmo giusto e creando via via l'atmosfera adatta ad un thriller di questo tipo. Lo sviluppo dei personaggi e le vicende che dovranno affrontare sono strutturati molto bene e l'inserimento della psicanalisi nel racconto dà un ulteriore elemento di approfondimento. Questo porta la storia su vie interessanti, essendo, in alcuni punti, un'indagine effettuata nella psiche per scoprire cosa è realmente accaduto. Viene seguito un andamento lineare, che riesce comunque a mantenere alto l'interesse, grazie alla maestria nella creazione della tensione che è ancora oggi senza pari. Non sto parlando di uno dei migliori lavori del maestro, ma vista la qualità media dei suoi film non siamo di fronte ad un prodotto mediocre, ma di un bel film che si deve confrontare con pietre miliari della cinematografia e quindi dire che non è a quei livelli non è di per sé una critica.
Un'inquadratura del sogno di Anthony
Alcune sequenze riescono ad essere indimenticabili, come la fase del sogno che è visivamente eccezionale e riesce ad essere ben spiegata dagli psicologi. Uno dei temi che viene portato avanti dalla pellicola è mostrare come chiunque possa nascondere torbidi segreti, dietro un'immagine impeccabile, oltre a presentare la giustizia come una mano implacabile che non guarda in faccia a nessuno e rischia di incolpare senza la certezza della colpevolezza. La regia è fantastica, con un'ottima cura dell'immagine e una creazione della tensione che rimane piacevolmente impressa. La macchina da presa è mossa con bravura e riesce ad immergere completamente lo spettatore nella vicenda. Anche le soggettive sono studiate bene, come quella in cui Anthony beve e viene mostrata la sua visuale che osserva attraverso il fondo del bicchiere, che ho trovato molto interessante. Alcune trovate sono ottime, come la mano in primo piano che tiene la pistola, resa attraverso una mano finta, e riescono a dare una certa varietà alla narrazione.
Altra bellissima inquadratura del sogno
Altro aspetto che ho amato è il fatto di inquadrare con dei primi piani dei dettagli ambientali che danno un forte contributo alla crescita della tensione, dato che questa tecnica viene usata con gusto ed efficacia. Non mancano anche i momenti un po' horror, come il flashback con l'uccisione del bambino che, oltre ad essere girata in maniera ottima, scatena forti sensazioni per la crudezza con la quale viene mostrata. La fotografia è ottima, con un uso ottimo delle ombre e con la scena del sogno che da sola merita la visione del film, riuscendo a rimanere anch'essa impressa per via della cura nelle ambientazioni e della simbologia di alcune sequenze. Un esempio in tal senso è l'apertura delle porte nella psiche di lei durante il bacio, aspetto che viene ripreso per rendere più coinvolgente la ripresa di Anthony.
Il flashback che nasconde un terribile segreto
La colonna sonora è di stampo classico ed in alcuni momenti è un po' roboante, ma nel complesso è azzeccata e riesce a risultare piacevole. I protagonisti sono veramente accattivanti e riescono e creare forte empatia con lo spettatore, che si troverà a temere per la loro sorte. Constance ed Anthony sono caratterizzati bene e riescono ad avere un'alchimia amorosa che a volte sfocia nel rapporto dottore-paziente. I comprimari sono abbastanza caratterizzati, anche se un po' chiusi dentro i caratteri dati dalla loro professione. Ciononostante riescono a rimanere impressi e a dare qualcosa in più alla pellicola. Quello che rimane è un bel thriller, nel quale si vede la mano del maestro, che riesce ad appassionare molto e ad essere visivamente così vario ed accattivante da rimanere impresso, anche grazie alle bellissime scenografie di Salvador Dalì e all'ottima tensione suscitata.

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