venerdì 31 gennaio 2014

Jimmy Bobo - Bullet to the Head (2012) di Walter Hill


Trailer del film


Bel film old style firmato Walter Hill, che recupera le atmosfere dei buddy movie anni 80, aggiornando l'ambientazione e lo stile registico, senza tradire l'essenza del genere. La storia è quella di Jimmy Bobo, killer professionista a cui viene ucciso il partner per via del doppio gioco del datore di lavoro. Sulla vicenda inizierà ad indagare Taylor Kwon, un poliziotto coreano che deciderà di chiedere aiuto a Jimmy per portare avanti la ricerca del colpevole. Una delle cose più interessanti del film, pur presentando meccaniche rodate e viste innumerevoli volte è la qualità del racconto con cui viene sviluppato il rapporto fra i due protagonisti. Fra i due infatti, oltre a nascere una specie di amicizia, verranno a scontrarsi le rispettive visioni della giustizia. Bobo porta avanti dei metodi violenti e non esiterà a torturare e uccidere a sangue freddo anche nemici ormai inermi. Il poliziotto invece tenterà di arginare la spietatezza del killer, ma si troverà in parte trascinato dal suo modo di fare e riuscirà con difficoltà a far emergere la sua filosofia. Una cosa che ho apprezzato molto è il fatto che vengano riproposte in maniera adeguata delle situazioni molto ironiche che aiutano molto a entrare in empatia coi personaggi, riuscendo a stemperare la tensione in alcuni momenti. Unica pecca a livello narrativo è soprattutto lo scontrarsi fra il giovane Taylor, dipendente dalla tecnologia e Bobo, che invece non se ne intende molto. Questo aspetto l'ho trovato un po' stereotipato, ma nel bilancio generale non è un difetto molto rilevante. Un grande qualità del film è che ha un ritmo ottimo e scorre via benissimo. Apprezzabile è anche il fatto che sia stato deciso di mostrare un po' di violenza senza troppi filtri così da rendere più credibile e interessante la vicenda. La regia è molto curata, ben fatta e riesce in ogni situazione, anche in quelle più movimentate, a rimanere chiara pur utilizzando uno stile molto veloce. Il regista riesce a mantenere la tensione e il ritmo su livelli adeguati, riuscendo a creare, così, interesse pur sapendo dove andrà a parare la vicenda. La fotografia è buona e, insieme alla regia forniscono alcune scene veramente ben fatte, in ambientazioni che aiutano a dare il giusto tono. Gli interpreti danno prove buone e, anche se i comprimari non sono molto approfonditi, tutti hanno, bene o male, una loro identità. I due protagonisti sono caratterizzati bene e riescono a rimanere impressi nello spettatore, anche se Bobo è quello più interessante. Nel complesso quindi, questo è un film che in mani meno esperte poteva venir fuori brutto e tirato via, ma grazie a Walter Hill ci troviamo di fronte ad un bel film d'azione che sacrifica l'innovazione narrativa per concentrarsi sulla regia, che porta avanti egregiamente la vicenda fino all'azzeccatissimo finale.

mercoledì 29 gennaio 2014

Bella addormentata (2012) di Marco Bellocchio


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Bel film che analizza molto bene la società italiana di fronte al tema dell'eutanasia durante i giorni precedenti la morte di Eluana Englaro. Il film è composto da quattro linee narrative, di cui solo due intrecciate fra loro, con la vicenda di Eluana sullo sfondo. La prima è quella di un senatore, Uliano Beffardi, che si trova in conflitto morale sul votare o meno la proposta per rendere obbligatorio l'accanimento terapeutico. La seconda è quella della figlia del politico, Maria, che manifesta contro l'eutanasia e che conoscerà due ragazzi, uno caratterialmente instabile e l'altro più pacato che lo tiene a bada. Lei si innamorerà del secondo e, pur avendo idee diverse riescono a passare dei momenti insieme. Queste prime due storie sono collegate dal fatto che padre e figlia interagiranno durante il film. La terza è quella di un medico che si dovrà occupare di una tossicodipendente caduta in coma e per la quale prova attrazione. L'ultima, invece, racconta di una madre che ha deciso di abbandonare completamente la sua vita e la sua famiglia per accudire la figlia in stato vegetativo. La pellicola, attraverso queste vicende riesce a comporre un quadro, fatto di persone che si trovano a contatto con la questione dell'eutanasia e mostrerà come reagiranno di fronte al problema. Quasi nessuno di loro, qualsiasi sia la loro opinione, viene mal visto, eccezion fatta per il ragazzo instabile e per la classe politica nella quale si muove Uliano che viene mostrata superficiale, gretta e non realmente interessata al problema se non per fini propri. Il film mostra dei personaggi credibili che reagiscono a modo proprio, ma comunque legittimo di fronte alla questione, mostrando come il singolo non possa sopportare il peso di un problema così grande e importante per la vita di tutti. Ovviamente pur non condannando nessun personaggio comune, non tutte le scelte vengono viste positivamente, dato che ad esempio la scelta della madre con la figlia in stato vegetativo (Divina Madre) di rinunciare a vivere e abbandonare il resto della sua famiglia, chiudendosi in una bolla con la giovane, viene presentata come una situazione non condannabile, ma che porta solo sofferenza. Molto interessante è il fatto che una realtà sfaccettata e priva di una distinzione netta fra giusto e sbagliato venga rappresentata con superficialità e stupidamente dalla televisione che punta solo a creare due fazioni contrapposte. Nel film la bella addormentata è la nazione stessa che, vittima di un impoverimento culturale non riesce a creare un dialogo per raggiungere a posizioni condivise, ma ognuno resta della sua idea senza volersene separare. I politici invece sono completamente al di fuori dei problemi della gente e ciò viene mostrato nelle sequenze in senato, dove sembrano immersi in una realtà parallela. Questo può sembrare scontato, ma risulta veritiero e funzionale al film. La regia è ben fatta, come un ritmo posato e delle inquadrature interessanti, una in particolare è quella nel bagno turco. Nel complesso comunque sono rari i momenti in cui c'è un calo eccessivo di ritmo. La fotografia è molto curata, mantiene dei toni scuri e, nel complesso, abbastanza cupi, fornendo delle inquadrature nella norma, con alcuni momenti riusciti. Il cast dà buone prove, pur non eccellendo, tranne i personaggi dei politici che sono, a mio avviso, più riusciti, insieme a quello della Divina Madre, che riesce a dare molto carisma e crea una figura interessante. La storia d'amore della figlia del politico, pur essendo significativa dal punto di vista dell'unione di due opinioni opposte, non mi ha convinto appieno e l'ho trovata meno efficace degli altri. Nel complesso il film mi è piaciuto e riesce a far ragionare su una questione dove dare giudizi insindacabili non è corretto né facile e, anche senza mantenere la stessa qualità in ogni momento, rimane comunque un'opera ben fatta, intelligente che grazie ad una regia adeguata e curata riesce a rimanere impressa non scadendo nella banalità e nelle facilonerie.

domenica 19 gennaio 2014

Wampyr (1978) di George A. Romero


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Grande horror che distrugge e ricrea magistralmente la figura del vampiro spogliandola dell'aura mitica e romantica, per restituire un ragazzo malato immerso in un ambiente decadente. La storia è quella di Martin, un ragazzo che viene mandato a vivere con suo zio (Cuda) e sua cugina (Christina) in una piccola città. Lo zio è stato incaricato dalla famiglia di tenerlo d'occhio, dato che il giovane è dipendente dal sangue e per ottenerlo narcotizza le sue vittime, solitamente giovani donne, per poi berne il sangue. Questo è un film horror atipico, dato che viene dato molto più risalto al conflitto interiore del protagonista, che si vede costretto ad uccidere per via della sua dipendenza, più che per volontà propria. Questo aspetto viene sviluppato molto bene e risulta evidente la difficoltà di Martin nel resistere ai propri istinti. Altra cosa molto interessante è come è stato scelto di rappresentare questo "vampiro". Infatti lui non avrà le caratteristiche classiche del mostro, ma avrà un aspetto normalissimo e sarà in tutto e per tutto una persona normale, tranne per la dipendenza che si porta dietro. Da questo punto di vista è possibile assimilare la sua condizione a quella di un tossicodipendente, presentando tutte le sue debolezze e i suoi lati negativi. Con questa operazione viene magistralmente eliminato tutto ciò che rende i vampiri creature affascinanti e misteriose, mostrando quindi un personaggio debole, insicuro e vittima degli eventi. L'ambiente in cui è immerso ha inoltre caratteristiche che non lo aiutano ad andare avanti e a superare il suo problema. Infatti la società che lo circonda è caratterizzata da una certa superficialità e viene mostrato come sia, per i cittadini, molto più importante l'apparenza, di qualsiasi altra cosa. Le persone tentano di mantenere un'immagine impeccabile, pur nascondendo delle situazioni torbide e moralmente discutibili, insieme ad una forte vena egoistica. Emblematica è la scena in cui Martin narcotizza un uomo e la donna che è con lui preferisce rischiare di farlo morire, pur di non chiamare la polizia, per paura che il marito scopra la loro relazione. Anche la figura dello zio rispecchia questa mentalità e si preoccuperà molto di salvare l'onore della famiglia, mentre in realtà si macchia di azioni criminali e malvagie. Unica eccezione, oltre al ragazzo, è la sua cugina che però si troverà costretta a fuggire con un uomo che non ama pur di allontanarsi da quella realtà. La pellicola si schiera apertamente contro il fanatismo religioso dello zio, che vede in Martin solo una minaccia sovrannaturale, non cercando mai di aiutarlo a superare il suo problema. La regia è superba, con un ritmo posato che rende il film un'opera introspettiva che analizza benissimo la situazione di Martin. Nonostante questo non viene sacrificata la componente horror, anche se viene rilegata in alcune sequenze e lasciando nelle altre l'orrore dato dai rapporti sociali di quella realtà. La macchina da presa è mossa con maestria e, pure le sequenze più concitate, sono mantenute chiare ben orchestrate. Viene anche resa benissimo l'idea della morbosità con cui lui commette le sue efferatezze, che vengono rappresentate come atti sessuali, più che come omicidi veri e propri. Le sequenze migliori sono senza dubbio quelle nelle quali sono inseriti frammenti in bianco e nero, ambientate nel passato, come se lui fosse in un film di vampiri anni 30. Queste sono visivamente splendide, sono inserite benissimo nella narrazione e possono essere interpretate come delle visioni alle quali è sottoposto il ragazzo durante gli attacchi della dipendenza. Molto bella è la sequenza dove lui prepara la prima dose di narcotico. La fotografia è molto ispirata, con delle ambientazioni curate e che delineano bene la cittadina, e con le sequenze in bianco e nero veramente magistrali. Gli effetti speciali e i trucchi sono ben fatti, anche se risentono un po' dell'età. Gli attori danno buone prove, delineando personaggi realistici e mai sopra le righe, per via di un buon lavoro di caratterizzazione, anche se Martin è quello, ovviamente, più approfondito e sfaccettato. In conclusione questo è un'opera veramente bella che parte dal mito del vampiro per mettere in scena una versione rivisitata del mostro, inserito in un contesto realistico, che, attraverso i suoi problemi, permette di mostrare una società fatta di falsità, dove nessuno è accettato per quello che è e ciò, insieme ad un'ottima realizzazione tecnica, compone un film di alta qualità.

giovedì 16 gennaio 2014

American Hustle - L'apparenza inganna (2013) di David O. Russell


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Gran bel film che compone in maniera ottima una vicenda intrigante fatta di apparenze. La storia è quella di Irving, sposato con una ragazza madre, che per vivere fa il truffatore vendendo quadri falsi e facendosi dare acconti per prestiti che non concederà mai. La sua vita cambierà quando incontrerà Sydney, un ex spogliarellista che trova nell'uomo un modo di ricominciare. I due inizieranno a truffare in società, ma un giorno, per evitare di finire in galera, dovranno lavorare per un poliziotto che intende incastrare pezzi grossi della politica. Il piano prevede di raggirare questi criminali per coglierli con le mani nel sacco. La trama è sviluppata benissimo e non capita mai di perdere il filo della narrazione. Il film è suddiviso in una prima parte ambientata nel passato (praticamente un flashback) e in una seconda ambientata nel presente. Una cosa interessante è che durante il flashback la voce narrante non è sempre quella del protagonista Irving, ma i narratori diventano Sidney e Richie nel momento in cui viene espresso il loro punto di vista sulla vicenda. Ciò dà molto più ritmo all'azione ed aiuta a creare l'empatia con i personaggi. La pellicola mette in scena un gioco continuo di identità fasulle o celate, infatti molti personaggi dimostrano di non essere quello che sembrano ad un occhio superficiale, ma vengono mostrate molte sfaccettature che ribaltano più volte la visione sulla vicenda. Ad esempio nella prima scena i tre personaggi sembrano tutti poliziotti, mentre in realtà solo uno di loro lo è realmente. Altro caso è quello del sindaco Carmine, che sembra in un primo momento un semplice politico corrotto, ma durante il film mostra di avere realmente a cuore le sorti della città e ciò impedisce di dare un giudizio scontato sul suo operato. Questi sono solo due dei tanti momenti in cui una prima occhiata mostra una realtà parziale e distorta. Viene anche mossa una forte critica verso vari aspetti della società americana: la prima è verso un modello economico che ha spinto molto sull'acquisto a debito degli oggetti e che ha portato i cittadini ad esporsi a dei rischi; la seconda è verso un sistema politico costretto a sporcarsi le mani anche per fare del "bene". Oltre a ciò viene mostrata una forza di polizia (l'FBI) che non è in grado di rimuovere il marciume dalla politica perché esso è parte integrante di essa e sarebbe da riformare l'intero sistema. Questo è anche un film ritmatissimo che riesce ad intrattenere alla grande mettendo in scena una trama coerente ed interessante. La regia è ottima, dato che riesce ad orchestrare benissimo il racconto, dando un ritmo tale da rendere la narrazione scorrevole e facile da seguire. Ho notato che la macchina da presa si muove bene e mi sono sembrati azzeccati i movimenti verso un particolare soggetto, in maniera simile ad uno zoom. Le scene mantengono dei toni adeguati alla situazione, dando tensione dove serve e ironia in altri momenti. La regia inoltre sembra rendere omaggio a Tarantino in due momenti: durante l'apertura di un baule viene proposta la tipica inquadratura dal basso di Tarantino e in un'altra scena Richie mima con le dita un rettangolo come Uma Thurman in Pulp Fiction. La fotografia è ben fatta e riesce a dare inquadrature adeguate, con la giusta composizione degli interpreti. La colonna sonora è ottima e, pur essendo non originale, presenta degli ottimi pezzi che conferiscono ulteriore atmosfera alle scene. Gli attori sono in formissima e danno delle prove ottime, permettendo ai loro personaggi di avere carisma e credibilità. Anche il lavoro di scrittura è stato ben fatto, con personaggi sfaccettati che non sono mai completamente positivi o negativi; ognuno di essi ha dei pregi e dei difetti che li contraddistinguono e li rendono realistici. Saranno molte le personalità che rimarranno impresse e creeranno interesse nello spettatore. Nel complesso, quindi, questo è un film molto bello che riesce a far riflette non sacrificando il lato intrattenitivo, utilizzato anche per mostrare realtà torbide, e consegnando un'opera tecnicamente ottima che rimane impressa per la sua qualità.

martedì 14 gennaio 2014

Mai Stati Uniti (2012) di Carlo Vanzina

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Ennesimo film ridicolo ed orribile targato Vanzina. Il film racconta di cinque persone che scoprono di essere fratelli e, per ottenere l'eredità del padre, dovranno andare tutti insieme negli Stati Uniti per spargere le ceneri in un luogo ben preciso. Durante questo viaggio accadranno numerose peripezie che porteranno alla creazione di un rapporto fraterno. In questa pellicola non c'è da salvare niente, a partire dalla storia che è infarcita di situazioni stupide e talmente inverosimili da risultare irritanti. Questo non è un film demenziale, quindi il fatto che ogni scena sia irrealistica oltre ogni dire è un gravissimo difetto di scrittura. Le situazioni sono straviste e sono proposte in una delle versioni peggiori che mi è capitato di vedere. Non solo, quindi, la sceneggiatura è un abominio, ma anche la realizzazione tecnica è dilettantesca e mi sono chiesto più volte se qualcuno avesse mai riguardato le riprese fatte durante la realizzazione del film. Ci sono delle imprecisioni imperdonabili come, ad esempio, la luce del sole che sparisce dai finestrini dell'aereo in DUE secondi. Nel complesso comunque le luci si rendono colpevoli di innumerevoli errori che non farebbe nemmeno uno alle prime armi. Una delle scene che reputo emblematica per la sciatteria e l'incapacità con cui è realizzata la pellicola è quella in cui viene mostrato il video realizzato con il cellulare di una passante. Tale ripresa viene mostrata al telegiornale, peccato che sia da un'angolazione completamente sbagliata e, pur di far vedere uno dei personaggi, fanno fare dei cambi di inquadratura inverosimili per un cellulare ed è errato il fatto che segua lui invece di riprendere l'evento principale. Oltre a tutti i difetti già citati, va aggiunta una fotografia da cartolina di scarsa qualità, una colonna sonora ridicola e una recitazione da film amatoriale. I personaggi sono macchiette scritte da cani e gli attori, non so se per scarso impegno o per incapacità, danno delle prove talmente imbarazzanti da provare imbarazzo per loro. Inutile descrivere oltre la bruttezza di questo film, basti sapere che non c'è niente di buono o di valido in questo prodotto, il quale non riesce nemmeno a divertire o ad evitare di annoiare lo spettatore. Una merda totale!

Ruby Sparks (2012) di Jonathan Dayton e Valerie Faris

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Gradevole commedia romantica che viene sviluppata in maniera surreale e convincente. Il film racconta di Calvin, famoso scrittore che dal suo esordio non è più riuscito a produrre niente di convincente e vive una situazione sentimentale problematica. Lo psicanalista gli consiglierà di sfogarsi scrivendo. Lui inizierà a descrivere la sua ragazza ideale, Ruby, finendo con innamorarsi del personaggio e facendo scomparire il blocco dello scrittore. Un giorno, però, la ragazza si materializzerà in casa di Calvin e lui capirà che corrisponde perfettamente a come l'ha delineata e può, quindi modificarla in caso di necessità. Questa premessa porterà la storia ad avere sviluppi interessanti e mostrerà diversi lati della personalità dello scrittore. Infatti, se all'inizio lui verrà rappresentato come una persona molto insicura incapace di relazionarsi, successivamente emergeranno lati più oscuri della sua personalità insieme ad una forte indole maschilista e possessiva. La trama è sviluppata bene, mostrando situazioni interessanti, anche se a volte un po' prevedibili. L'evoluzione del rapporto fra i due protagonisti è il fulcro centrale della vicenda e credo voglia mostrare come nessuno sappia realmente cosa ricerca nella sua metà e come sia stupido non accettare i difetti insiti in ogni persona. Viene inoltre rappresentato bene il fatto che in ogni rapporto deve esserci impegno reciproco per il suo funzionamento. Queste possono essere teorie un po' banali, ma sono messe in scena molto bene e con intelligenza, oltre al fatto che questo messaggio viene veicolato in maniera molto efficace. Nella pellicola viene omaggiata anche la potenza creativa data dalla scrittura e dall'immaginazione, che riesce a sfondare le barriere della realtà. Molto interessante ho notato il fatto di mutare molto bene le atmosfere a seconda della situazione, passando da parti più spensierate a parti oscure e molto serie. Sono interessanti anche le dinamiche del rapporto creato/creatore che c'è fra i protagonisti. Lui infatti non riesce a gestire bene questa responsabilità e finisce con l'abusare del suo potere scegliendo la strada più facile per salvare il rapporto, a dimostrazione dell'impossibilità dell'uomo di gestire, senza corrompersi, un potere troppo grande come può essere in questo caso quello datogli dalla scrittura. La regia convince molto mantenendo un ritmo adeguato durante quasi tutto il film e con uno stile semplice ma appassionante. La fotografia è molto curata, differenziandosi molto a seconda del tono delle situazioni. Nei momenti più allegri saranno presenti inquadrature luminose con colori molto accesi, mentre nei momenti di tensione o molto seri saranno utilizzate inquadrature più scure con colori più spenti. Nel complesso anche le inquadrature sono curate e danno un buon impatto visivo. Gli interpreti danno delle prove convincenti e i personaggi non risultano finti e senza spessore, non facendoli sembrare delle macchiette. In particolare Calvin è sviluppato benissimo e dimostra di avere un carattere molto realistico, ricco di luci ed ombre, non facendolo passare come un santo in cerca dell'amore. I dialoghi sono ben scritti e non risultano quasi mai sciatti e tirati via, pur essendo a volte un po' troppo ricercati. Nel complesso questa è un commedia romantica veramente ben fatta che analizza bene il rapporto di coppia e riesce, inserendo delle componenti surreali, ad interessare molto e ad incuriosire, creando una storia curata che dà buoni spunti di riflessione.

giovedì 9 gennaio 2014

The Way Back (2010) di Peter Weir


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Gradevole viaggio verso la libertà che parte molto bene, ma si perde un po' per strada. La storia racconta di alcuni prigionieri, politici e non, del regime comunista che fuggono da una prigione in Siberia e tentano di raggiungere il confine. La strada sarà più lunga e impervia del previsto e porterà i protagonisti a precorrere migliaia di chilometri. La trama è sviluppata in manera classica, anche se la prima parte con la descrizione della vita in prigionia è raccontata molto bene e introduce bene nel mondo dei prigionieri, mostrando adeguatamente le dinamiche che lo compongono. Questa ambientazione doveva, a mio avviso, essere sfruttata maggiormente, dato che risulta essere la più efficace dell'intera pellicola. Anche la prima parte del viaggio mantiene comunque un buon livello, mostrando bene sui corpi dei fuggiaschi i segni delle intemperie e della malnutrizione. I rapporti nel gruppo sembrano invece un po' stereotipati, dato che ogni membro ha  i caratteri classici che vengono trovati in pellicole analoghe, pur non risultando marcati in maniera eccessiva. Il ritmo ha un buon livello e la pressoché assenza di colonna sonora aiuta l'immersione nella vicenda. Il film, nella continuazione della narrazione, purtroppo, ripete più volte situazioni simili, cambiando solo ambientazione. Visivamente rimane valido, ma a lungo andare la formula risulta un po' ripetitiva. L'unica nota che permette alla pellicola di reggere più a lungo è l'introduzione della componente femminile. La ragazza riuscirà a dare un tono più vitale al gruppo e aiuterà i personaggi a comunicare fra loro, cosa che finora era stata fatta solo superficialmente. Grazie a questa nuova figura il film sembra riprendersi dal calo di ritmo avvenuto, ma purtroppo vengono nuovamente riproposte le medesime difficoltà in posti diversi e ciò fa crollare il ritmo e l'interesse. Il problema delle loro peripezie è che sono legate unicamente al procacciamento del cibo e all'inospitalità delle terre attraversate (dal punto di vista naturale). Questo provoca situazioni poco variegate e le conversazioni, che sanno di già sentito, non aiutano. Si arriva con un po' di fatica al finale che è tirato un po' via e con un'ultima scena un po' ruffiana. Peccato, perchè sarebbe bastato dare il giusto spazio ad ogni momento e ravvivare un po' la narrazione, accorciando un po' dove possibile. La regia è buona, soprattutto all'inizio, anche se non riesce a mantenere una qualità stabile nella narrazione. Il ritmo è altalenante, anche se il regista riesce a creare alcune sequenze interessanti e visivamente buone. La fotografia presenta dei paesaggi molto evocativi e nel complesso fa un buon lavoro, dato che riesce a dare il giusto tono ad ogni ambientazione. La colonna sonora è pressoché assente e ciò permette di creare atmosfera ed effetti sonori che creano abbastanza bene l'immersione. Gli effetti speciali e il trucco sono ben fatti e ho apprezzato molto il cambiamento di aspetto dei personaggi, provati dalla fatica e dal clima. I personaggi sono di buona fattura e risultano caratterizzati adeguatamente, anche se hanno dei caratteri tipici di questo tipo di gruppo e sanno di già visto. Inoltre la combinazione delle personalità è così equilibrata da dare un senso di studiato, anche se nel complesso non è possibile dire che sia stato fatto un brutto lavoro. Dà più un'idea di frettolosità nella fase di creazione. Quindi, siamo di fronte ad un prodotto realizzato tecnicamente bene, che per problemi di scrittura e di regia perde colpi andando verso un frettoloso finale, facendo venire l'amaro in bocca per l'occasione sprecata. Nonostante ciò è un'opera piacevole da vedere e che lascia comunque abbastanza soddisfatti.

domenica 5 gennaio 2014

La guerra lampo dei Fratelli Marx (1933) di Leo McCarey

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Brillante commedia che fa dell'intelligente satira sulla guerra e sulla politica di alto livello. La storia che viene raccontata è quella di Rufus T. Firefly che viene insignito della carica di primo ministro della nazione di Freedonia. Quest'uomo è strampalato e si troverà ad avere a che fare con il complotto messo in atto da Sylvania, una nazione rivale. La pellicola è una serie continua di gag interpretate magistralmente dai fratelli Marx che riescono, con la loro comicità d'avanguardia, a far divertire moltissimo, pur non rendendo ogni sequenza memorabile. Le scene diventate giustamente cult sono molte e riescono ancora oggi a far ridere, vista la modernità e la qualità delle battute. Le sequenze migliori sono quelle in cui sono presenti tutti i fratelli Marx, anche se quello più divertente, per me, è Groucho che riesce a giocare bene con le parole per tirare fuori battute nonsense in qualsiasi occasione. Sono presenti alcuni (pochi) numeri musicali, i quali non sono molto convincenti essendo poco originali e qualitativamente non eccelsi. Gli unici che si salvano sono la canzone del momento in cui è dichiarata la guerra e il motivetto di Freedoria, che viene utilizzato e ripetuto talmente tante volte da renderlo ridicolo, così da essere utile come supporto per la critica al patriottismo sfrenato e senza cervello. Dietro la vicenda è inoltre ravvisabile una forte satira verso la guerra, il patriottismo e tutte le figure del governo che orchestrano i conflitti. È presentata magistralmente l'ipocrisia presente in quegli ambienti e gli intrighi che si vengono a creare. Viene messa in luce la pochezza dei governanti, più interessati all'immagine che al popolo ed è mostrato come spesso, per problemi di poco conto, possano crearsi rivalità. Molto interessante è il fatto che sia Mrs. Gloria Teasdale a decidere il futuro politico della nazione, così da rappresentare come il potere economico sia il vero controllore delle sorti del paese. La regia è buona ma non eccezionale, dato che nella maggior parte delle scene comiche viene lasciato spazio ai fratelli Marx, senza apportare un aiuto consistente con i movimenti di macchina. C'è comunque da dire che il ritmo viene mantenuto adeguato e non sono presenti lungaggini inutili o momenti fiacchi. La fotografia e la messa in scena sono discrete, riuscendo a creare ambientazioni e scenografie credibili, soprattutto negli interni. Gli interpreti sono tutti sopra le righe, ma risultano funzionali alla storia e al clima generale della vicenda. I fratelli Marx danno un'ottima prova, con tempi comici azzeccati ed un'espressività che aiuta la riuscita delle gag. Quindi questo è un film molto divertente, che dietro una patina di leggerezza muove una intelligente critica antimilitarista, grazie alla bella prova del quartetto di comici che portano avanti, praticamente da soli, la pellicola.

Il mago di Oz (1939) di Victor Fleming, (non accreditati) George Cukor, Mervyn LeRoy, Norman Taurog, King Vidor

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Delizioso film fantastico che ha fatto storia ed è entrato nell'immaginario collettivo. Nel film è raccontata la vicenda di Dorothy, una ragazza del Kansas che vive una vita noiosa che non la soddisfa. Un giorno si troverà in pericolo e sverrà sul letto per via di un tornado. Al suo risveglio vedrà che la sua casa è stata sollevata dalla tempesta e, così, arriverà nel mondo di Oz. Questa pellicola è famosissima soprattutto per via dell'estetica che ha ispirato innumerevoli film e registi. La scelta di passare dal bianco e nero del Kansas ai colori sgargianti del mondo di Oz l'ho trovata geniale e rappresenta bene l'insoddisfazione della protagonista. Fra l'altro, nonostante siano presenti molte canzoni, devo ammettere che non mi hanno infastidito, ma anzi hanno reso la visione molto piacevole. Ovviamente questo è un film per ragazzi e fanciullesca è, quindi, la morale di fondo: le qualità che uno vuole per migliorarsi sono presenti già all'interno di noi stessi e verranno a galla se le ricerchiamo a fondo e siamo spinti da un desiderio sincero. Anche la vicenda di Dorothy le insegna, dopo aver esaudito il suo desiderio di vedere posti bellissimi, che spesso la felicità è possibile trovarla in famiglia o nelle persone, a noi care, che circondano la propria vita. La regia è buona e usa molte riprese da lontano, facendo alcuni primi piani non troppo ravvicinati. Nel complesso la telecamera si muove intorno alla protagonista e aiuta a fornire dinamicità alla vicenda e a dare profondità ai set creati al chiuso. La fotografia è molto bella e, insieme alla messa in scena, forniscono ambientazioni e inquadrature molto belle e che riescono a creare un mondo interessante e caratterizzato a dovere. La colonna sonora è di ottima qualità, soprattutto per via della bellissima Somewhere Over the Rainbow, scritta apposta per questo film, che dà vita ad uno dei momenti migliori della pellicola. Questa canzone da sola porta verso l'alto la qualità globale del comparto sonoro. Gli altri pezzi sono azzeccatissimi per il mondo di Oz, pur essendo di qualità altalenante, ma comunque molto buona. I personaggi principali hanno fatto storia e risultano caratterizzati bene, riuscendo a rimanere impressi nella mente dello spettatore. Essi, nonostante siano figure abbastanza leggere, inserite in quel contesto non stonano, riuscendo a suscitare interesse per le loro vicende. In conclusione questo è un film bellissimo, anche se a mio avviso non raggiunge per poco il livello di capolavoro, che è riuscito a creare un mondo vitale e credibile che ha ispirato innumerevoli opere, grazie ad un solido comparto tecnico e ad una colonna sonora di prima qualità, veicolando così un messaggio positivo adatto ai più giovani.

venerdì 3 gennaio 2014

Ballata dell'odio e dell'amore (2010) di Álex de la Iglesia

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Bel film drammatico, ambientato nella Spagna franchista, che racconta un triangolo amoroso con una poesia tale da farsi perdonare alcune imperfezioni. La storia racconta di un clown, Javier, che va a lavorare in un circo per continuare la tradizione di famiglia. In quell'ambiente si innamorerà dell'acrobata Natalia, che però è già fidanzata con Sergio, l'altro clown della compagnia circense. Questo triangolo porterà a conseguenze nefaste per tutti e tre i protagonisti che saranno inghiottiti da una spirale di odio e pazzia. La trama è raccontata e sviluppata molto bene e in maniera originale, essendo un racconto abbastanza folle con contaminazioni horror e storiche, per via dell'ambientazione. Nella travagliata storia d'amore ho visto una forte allegoria della situazione vissuta dalla Spagna in quegli anni: Natalia è la nazione, Sergio è Franco che la domina e la fa soffrire, mentre Javier è l'opposizione al regime. Questa ovviamente è una visione soggettiva, ma credo che possa calzare bene con la situazione raccontata. Viene mostrato bene come l'impossibilità di una soluzione pacifica porta alla disumanizzazione di entrambi i contendenti che si troveranno a portare sul proprio corpo i segni della lotta. Questa è un'opera molto violenta che non risparmia allo spettatore atti efferati causati dall'impossibilità del raggiungimento della felicità. Entrambi i clown si ritroveranno ad essere mostri anche a causa di un periodo storico che ha fortemente segnato gli animi, rendendo la Spagna un posto triste in cui vivere. SPOILER Una menzione d'onore va alla scena finale dove si vede Javier che piange avendo capito che la sua follia gli ha strappato Natalia, mentre Sergio, più bestiale, ride per non aver lasciato la ragazza al suo rivale, anche se la sua soddisfazione trasuda tristezza: mantengono fino alla fine il ruolo di clown triste e di clown allegro FINE SPOILER. La regia è molto curata e ben fatta, con una narrazione molto ritmata che prende strade imprevedibili, pur arrivando ad un finale sempre più inevitabile man mano che procede la storia. C'è un uso quasi virtuosistico dell'obiettivo, che però non dà alcun fastidio, ma fa risaltare le sequenze mostrate. Nonostante questo, alcune scelte narrative sembrano un po' forzate, ma si tratta di difetti di poco conto nel bilancio finale, dato che sono compensate da scene visivamente molto potenti e da una storia che suscita molto interesse. La fotografia è curatissima, con delle immagini (ad esempio il bambino con il leone) che rimangono impresse ed ho apprezzato l'utilizzo di toni horror in alcune scene. Il cambiamento di colori dalle epoche passate alle presenti l'ho trovato simile a La stanza del bambino (film del 2006 del solito regista) e, come in quel caso, mi è sembrata una scelta intelligente ed azzeccatissima. Ho apprezzato molto il fatto di non aver posto alcun filtro alla visione dello spettatore mostrando sia immagini poetiche, sia immagini molto violente. Il montaggio è ben fatto, anche se ho notato alcuni errori causati da incongruenze fra alcuni cambi di inquadratura, pur essendo di lieve entità. Il cast offre prove molto convincenti e nel complesso sia i protagonisti, sia quasi tutti i comprimari sono caratterizzati a dovere, anche se Javier è quello più approfondito. La caratterizzazione è aiutata molto da dei dialoghi ben scritti che non risultano mai fiacchi o banali. Gli effetti speciali, soprattutto nelle scene più crude sono stati molto realistici e ben fatti, aiutando a dare la giusta serietà agli avvenimenti. In conclusione, questo è un film molto bello e poetico che racconta bene la vicenda, riuscendo a creare molto pathos, in sequenze visivamente belle ed emozionanti.

I sogni segreti di Walter Mitty (2013) di Ben Stiller

Trailer del film


Commedia carina che tenta di mostrare l'evoluzione di un uomo che smette di sognare ad occhi aperti per vivere sul serio. Il protagonista è Walter, un impiegato della rivista Life che rischia di perdere il posto per via della transizione da cartaceo a digitale della rivista. Lui è una persona che sogna spesso ad occhi aperti, senza che abbia mai fatto cose realmente straordinarie o fuori dal comune. Però, a causa della scomparsa del negativo che doveva finire sull'ultima copertina prima del passaggio completo al digitale, dovrà mettersi sulle tracce del fotografo Sean O'Connell per recuperare la foto. Il film presenta come nucleo centrale l'evoluzione e le peripezie che deve superare Walter per raggiungere il suo obiettivo. Nella prima parte sono presenti alcuni sogni ad occhi aperti fatti dal personaggio che fanno ben capire il suo modo di essere. Queste sequenze sono di qualità altalenante, con alcune molto divertenti e riuscite (lui da vecchio è divertentissimo), mentre altre sono abbastanza scarse e sembrano tirate un po' via. Queste scene saranno presenti sempre meno man mano che lui inizia a fare esperienze durante la ricerca. Facendo un bilancio finale è possibile dire che la componente "onirica" viene sfruttata in maniera non ottimale e si limita a riproporre una struttura vista innumerevoli volte nei film che presentano sogni ad occhi aperti. Nonostante questo l'impatto visivo della pellicola è buono, dato che riesce a dare abbastanza bene i giusti toni alle varie scene e ambientazioni. Questo è visibile soprattutto durante il primo viaggio, che risulta essere quello meglio strutturato. Il secondo invece, fatto salvo l'incontro con Sean, è abbastanza piatto e non sembra succedere nulla di interessante. Le parti nella città non sono mal fatte, ma vengono pesantemente minate da dialoghi ridicoli fra Walter e Cheryl, una sua collega con cui vorrebbe avere una storia d'amore. Le scene con entrambi sono banalissime e, a tratti, puoi prevedere ogni singola battuta. Nell'ambiente lavorativo la situazione migliora, ma sono convinto che, se non ci fossero stati i sogni ad occhi aperti, sarebbero parti molto meno interessanti. Come cornice alla storia d'amore e all'evoluzione del personaggio è presente il passaggio dall'era analogica a quella digitale, che viene mostrata come un periodo senza umanità e dove non contano più le persone come singoli. Questo tipo di messaggio è reso bene e anche l'accusa verso l'economia moderna è veicolata bene, anche se in maniera un po' populista. La regia è buona e, pur non presentando elementi di originalità o ricercati, riesce a mantenere un buon ritmo per le quasi due ore di durata. Alcuni momenti sono molto azzeccati, mentre altri si adagiano su meccaniche straviste e, a volte, sembrano tirate via. La fotografia è la parte migliore della pellicola e crea delle inquadrature molto suggestive, grazie alle belle locations scelte per ambientare la vicenda. I personaggi, purtroppo, non sono molto sviluppati, eccezion fatta per il protagonista, e risultano abbastanza piatti e macchiettistici. Quasi tutti sembrano avere un carattere privo di sfaccettature che mostra solo un unico modo di porsi di fronte agli altri o alle situazioni. Unico caso eccezionale è Sean che sembra un personaggio più di spessore grazie al background che gli viene costruito e grazie a Sean Penn che risulta convincente in qualsiasi ruolo. Quindi, il problema principale del film è nella fase di scrittura, dato che dal punto di vista tecnico si difende bene. La vicenda è fin troppo prevedibile nelle sue scelte narrative e troppo irreale in altre per poter ambire ad essere qualcosa di più. Nel complesso rimane comunque un prodotto piacevole e che intrattiene abbastanza bene, anche se gli spunti di riflessione risultano indeboliti dalla realizzazione buonista che non sfrutta a dovere il materiale di partenza.