domenica 15 giugno 2014

Killer Joe (2011) di William Friedkin


Trailer del film



Bel thriller che riesce a creare una storia gestita benissimo ed un microcosmo veramente appassionante. I protagonisti della pellicola sono i membri della famiglia Smith (nome volutamente comune), composta dal figlio Chris, dalla figlia Dottie, dal padre Ansel e dalla matrigna Sharla. Il nucleo familiare è completamente fuori dagli schemi, essendo fortemente disfunzionale e ad un passo dal collasso. Tutta la vicenda nasce dalla necessità del figlio di ottenere dei soldi per pagare un debito ad uno strozzino e, per far ciò, pianifica con il resto della famiglia, di far uccidere sua madre (non la matrigna) ed intascare il premio dell'assicurazione sulla vita. Per far questo verrà assoldato il killer Joe Cooper, un detective che come secondo lavoro uccide persone. I problemi sorgono perché gli Smith non hanno denaro per pagarlo e, come anticipo, decide di farsi dare il permesso di fare sesso con Dottie. Una serie di eventi senza via di uscita porteranno via via alla distruzione della realtà del nucleo famigliare e del killer stesso. La pellicola mostra una realtà suburbana e sociale basata unicamente sulla violenza e sulla cupidigia, le quali portano le relazioni sociali ad imbarbarirsi e a perdere completamente la propria umanità. Molto interessante a tal proposito è la quasi totale assenza di remore morali dei protagonisti nel programmare l'omicidio della moglie. I personaggi non risultano avere alcun lato positivo che possa far pensare ad una possibilità di rivalsa sociale o di redenzione, ma anzi seguono ciecamente le proprie convinzioni portando all'autodistruzione della propria vita. Unico membro che sembra avere una certa innocenza è Dottie, anche se la esprime in maniera vagamente psicotica. Il film ha dei toni grotteschi e alcune scene ricordano un film horror, come il sogno di Chris o alcune scene con la sorella. La storia è gestita ottimamente, mantenendo un ritmo adeguato e sviluppando la vicenda in maniera non banale e ben strutturata. Lo spettatore segue con distacco e critica gli ostacoli che incontrano gli Smith, scoprendo con loro alcuni retroscena sull'omicidio della madre. L'unica forma di empatia viene indirizzata, anche se in maniera blanda, verso i due giovani, come se venissero considerate in parte vittime di una società spietata e senza valori. Non vengono nemmeno risparmiate scene disturbanti e eccessive, come quella con il pollo fritto. Per portare avanti il messaggio dell'opera, cioè di critica alla società americana basata sul denaro, vengono assegnate abitudini molto comuni alla famiglia Smith, oltre a dare un ruolo importante al pollo fritto, che viene elevato a simbolo del decadimento culturale di una nazione, quella americana, che ha venduto la sua anima al consumismo più sfrenato. La scelta di utilizzare un alimento molto amato per scopi malati e perversi è veramente riuscita e ben sfruttata. Tutto procede quindi speditamente verso un finale che rimane sospeso in un delirio sanguinolento, portato dalla vera vittima della vicenda, che ottiene nuova consapevolezza nella perdita dell'innocenza. La regia è molto bella e riesce a dare sempre una sensazione di marcio e di disturbo nello spettatore, che si troverà imbrigliato nel torbido scavare della vicenda. Friedkin riesce a coinvolgere moltissimo e a far provare forti emozioni nello spettatore, che riesce così ad appassionarsi alla vicenda. Lo stile è molto curato e riesce a dare il giusto tono alla vicenda, che varia dall'horror al thriller e al grottesco con continuità, creando un'amalgama oscura dalla potenza rara. Anche la fotografia e la messa in scena contribuiscono a dare questo tono al film, grazie a delle ambientazioni veramente ben fatte e a delle inquadrature che riescono a creare bene tensione, oltre ad essere visivamente intriganti. Il montaggio è una delle componenti che meglio riesce a dare il giusto ritmo alla vicenda e risulta molto efficace in alcune scene, come quella del primo sogno di Chris. La macchina da presa indugia spesso sulle mani e sui piedi di alcuni personaggi, mentre sono alla guida di veicoli, come a voler disumanizzare quelle figure e renderle più minacciose. Gli attori sono molto in forma e riescono a rendere molto bene i caratteri quasi psicotici dei personaggi, oltre a rendere benissimo il quadro sociale nel quale si muovono. I dialoghi e il lavoro di scrittura risulta ben fatto e non ha quasi mai cali di stile. Questa è un'opera riuscita, che riesce nel difficile compito di scuotere lo spettatore e dare un quadro nichilista e brutale della società. Pur non raggiungendo i picchi artistici di questo regista, riesce comunque a convincere pienamente e a rimanere impressa a lungo nella mente, per la sua forza e cura tecnica.

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