martedì 31 dicembre 2013

Hardware - Metallo letale (1990) di Richard Stanley


Trailer del film


Bel film di fantascienza postapocalittica a tinte horror. Il film racconta di un uomo che compra, da un ricercatore di rottami, una testa di un androide. Lui la porterà dalla sua ragazza senza sapere che il robot è ancora attivo e che, quindi, a breve si sveglierà per uccidere tutto ciò che gli capita a tiro. La storia è raccontata molto bene, grazie a scelte narrative interessanti e non banali, grazie alle belle ambientazioni che costruiscono un mondo postapocalittico credibile e grazie all'azzeccata scelta dei tempi e delle situazioni. La pellicola è molto citazionista, alcune di queste sono il robot che ricorda Terminator e le ambientazioni che hanno dei rimandi a Mad Max. Molto interessante è la scelta di spostare l'attenzione, per buona parte del film, dall'uomo alla sua ragazza che si troverà ad affrontare l'androide nel suo appartamento. Il ritmo è buono, anche se presenta alcuni cali, ma riesce a creare una buona atmosfera e creare bene tensione. La sfida che viene combattuta nell'abitazione dà un forte senso di claustrofobia e risultano quasi necessarie le sequenze al di fuori dove il protagonista scopre il pericolo che corre la sua metà. Un'altra cosa degna di nota è senza dubbio la creazione di un microcosmo coerente e credibile che riesce da solo a dare spessore a tutti i personaggi al suo interno. Non mancano nemmeno frecciate ai governi che decidono di continuare a costruire armi sempre più potenti, solo per portare morte ad un mondo già orientato verso la distruzione. Sono presenti anche molti rimandi alla religione, ad esempio il robot si chiama M.A.R.K. 13, che è una citazione ad un versetto della bibbia, e viene anche mostrata una luce somigliante ad un eclissi solare, come se aleggiasse una sorta di giudizio divino sulla Terra. Forse questo aspetto poteva essere sfruttato meglio, ma risulta molto suggestivo. La regia è buona ed orchestra bene uno scontro che, in un ambiente così piccolo, poteva risultare ridicolo e brutto da vedere. Oltre a ciò riesce a creare tensione ed evita di far sembrare forzate alcune scelte narrative. La fotografia è ottima, con gli esterni costantemente immersi in un rosso acceso, indicante un ambiente non più adatto all'uomo. In casa invece vengono scelte inquadrature più classiche, ma comunque efficaci ed anche quelle che rappresentano la soggettiva del M.A.R.K. 13 sono ben fatte. La messa in scena è la parte più convincente perché, oltre a creare degli ambienti caratteristici e curati, riesce a fornire credibilità al racconto donando belle tinte cyberpunk in ogni inquadratura. Anche gli effetti speciali sono fatti molto bene, con il robot che si muove e si ricompone benissimo, e con trovate splatter realizzate come si deve, senza farle risultare eccessive. I personaggi non sono molto sviluppati, dovendo solo difendersi dalla minaccia per quasi tutto il film. Nonostante questo risultano avere una certa personalità e riescono a suscitare interesse nello spettatore, soprattutto, come già scritto, grazie all'ambientazione. Ovviamente i due protagonisti sono i più interessanti, pur non brillando per una caratterizzazione accuratissima. La colonna sonora è buona e rimane impressa, essendo azzeccata al contesto e alle situazioni che si presentano. In conclusione questo è una bella pellicola, che unisce bene fantascienza e horror, fornendo momenti interessanti e intrattenendo bene, pur con qualche calo di ritmo, grazie ad una realizzazione coerente e meticolosa.

lunedì 30 dicembre 2013

Meatball Machine (2005) di Yūdai Yamaguchi e Jun'ichi Yamamoto


Trailer del film


Bel film splatter che punta molto sull'eccesso e riesce ad intrattenere bene fornendo un prodotto interessante. La storia narra di una razza sconosciuta di parassiti (forse alieni) che prende possesso del corpo degli esseri umani per poter vivere e nutrirsi. Un operaio, Yōji, e una ragazza, Sachiko, si troveranno, loro malgrado, a venire a contatto con queste creature con conseguenze funeste. La trama è sviluppata molto bene soprattutto nella prima parte, quando non tutta la vicenda è ancora nota e lo spettatore viene a conoscenza dei particolari insieme al protagonista. I parassiti sono resi molto bene e il fatto di mostrarli mentre manovrano i loro involucri umani, ricorda molto i piloti dei mecha dei cartoni giapponesi, anche se in questo caso la situazione è completamente diversa. Interessante è anche il fatto che si nutrano di emozioni negative e che scelgano le vittime fra le persone più infelici. Questo aspetto mostra come i parassiti sappiano sfruttare le sensazioni umane e ne riescano, infine, a comprendere il vero potere per poterlo sfruttare per i loro scopi. Essendo un film horror che punta sullo splatter più estremo, non mancheranno situazioni visivamente disturbanti per via dei convincenti effetti speciali e per l'efferatezza con cui vengono inferte le ferite. Questo è veramente un film bizzarro, con molti rimandi a Tetsuo e ad Alien, che per tutta la prima parte mette in scena maggiormente la ricerca dell'amore da parte di Yōji, il quale cercherà di conquistare Sachiko, senza concentrarsi troppo sui mostri. Verrà quindi lasciata aumentare la curiosità dello spettatore e sarà creato interesse per la sorte dei protagonisti. Unica pecca che ho notato è il forte aumento dei combattimenti nell'ultima parte, che stuccano un po' e potevano essere ridotti per lasciare più spazio alle atmosfere prettamente orrorifiche. La regia è comunque ben fatta e regala sequenze interessanti, alternando il punto di vista fra l'interno e l'esterno del corpo umano, così da mostrare il controllo del parassita e la perfetta unione fra uomo e macchina, che lo disumanizza e lo rende un mostro. Anche le sequenze di combattimento non sono orchestrate male, anche se non tutte risultano convincenti (soprattutto quella finale), dato che dai giapponesi ci aspettiamo solo il meglio da questo punto di vista. La fotografia è molto curata e convincente, dato che fornisce un'atmosfera adeguata alla varie situazioni, con colori caldi durante i combattimenti e freddi durante i momenti con più tensione. Gli effetti speciali sono fatti molto bene e, pur risultando molto esagerati, non risultano comici, vista la tragicità del racconto. I pochi interpreti principali danno delle buone prove attoriali, riuscendo a creare dei personaggi interessanti e di spessore. L'empatia maggiore sarà verso i due protagonisti, i quali riusciranno a far provare interesse verso la loro relazione e il loro destino. Questa è una pellicola molto interessante, che sceglie uno stile non adatto a tutti i palati, ma riesce a portarlo avanti senza gravi sbavature e consegna così un prodotto convincente, che saprà coinvolgere e intrattenere bene, grazie ad un comparto tecnico di buona qualità che riesce a confezionare molto bene l'opera.

giovedì 26 dicembre 2013

Caro diario (1993) di Nanni Moretti


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Bel film di Moretti che si racconta con un po' di autocompiacimento, ma in maniera convincente. Il film è diviso in tre episodi isolati fra loro, che vanno a raccontare tre storie nelle quali Moretti descrive un po' il suo modo di essere. Nella prima lo vediamo andare in Vespa per i quartieri di Roma, studiandoli attentamente, e ci espone alcuni suoi pensieri sulla critica cinematografica e sui film. In questo primo atto vengono ben presentati i quartieri, facendoli vedere come se avessero un'anima e un'identità loro. Queste riprese sono molto interessanti e regalano dei begli scorci di Roma. I pareri critici del regista sui film, invece, dimostrano uno scarso gusto e una scarsa abilità nel giudicare una pellicola, anche se sono mostrati in sequenze divertenti e ben fatte. Si vede bene come ci sia un rimpianto e una certa nostalgia del cinema degli anni passati. Il secondo episodio vede Moretti girovagare con un suo amico per le isole Eolie alla ricerca di un posto tranquillo dove lavorare. Molto interessante è la figura dell'amico che serve a mostrare il forte potere attrattivo della televisione, che viene vista in maniera non del tutto positiva, anche se pure la decisione dell'amico di non vederla mai non viene totalmente apprezzata, soprattutto per il fatto che non sia convinto della sua scelta. Le isole vengono presentate in maniera originale ed ognuna di esse sembra rappresentare un microcosmo isolato, con i suoi problemi e le sue caratteristiche. L'ultimo atto racconta di una vicenda realmente accaduta a Moretti, il quale per risolvere un problema di prurito si fa visitare da molti medici, rischiando la salute per una cura non adeguata, fino a scoprire la sua vera malattia che sarà, infine, curata. Questa è la parte meglio riuscita, per via della bravura con cui viene mostrata la vicenda, che fa vedere come i medici non ascoltino a dovere i pazienti e non provino il dovuto interesse per le situazioni dei malati. Questo punto di vista è ovviamente frutto di tutto quello che ha dovuto sopportare il regista prima di essere curato. Tutto il film è ritmato molto bene, non presentando tempi morti e creando situazioni nel complesso interessanti. Grazie a quest'opera riusciamo ad avere un quadro più completo sulla persona di Moretti, anche se risulta un po' egocentrico e il racconto potrebbe non suscitare interesse a tutti. Ho notato inoltre un punto che accomuna i vari episodi: in tutti e tre sono presentate realtà molto isolate fra loro, infatti nel primo ci sono i quartieri che sembrano scollegati gli uni con gli altri, nel secondo ci sono le isole che, nella loro impossibilità di risultare culturalmente omogenee, non riescono a superare i propri limiti e risultano realtà estreme per alcuni aspetti, infine nel terzo racconto sono i medici ad essere isolati fra loro dato che non sembrano mai ricercare aiuti nei colleghi, pur non avendo intuito quale è il disturbo di Moretti. Questo potrebbe indicare come il regista veda la realtà odierna composta da microcosmi senza coesione fra loro e questo comporti chiusura mentale e problemi sociali. Nel complesso la regia è molto buona, dato che è ben ritmata, riesce a creare una messa in scena bella da vedere e riesce a suscitare interesse ed empatia con il protagonista. Pur non avendo un gran quantità di dialoghi, lasciando la narrazione alla voce fuori campo, e pur non avendo un'azione serrata il film non annoia mai, scorrendo invece piacevolmente fino alla fine grazie ad un buon montaggio e a delle scene surreali che danno colore alla vicenda. La fotografia è molto curata soprattutto nei primi due atti, dove vengono mostrati paesaggi interessanti, e nel complesso le inquadrature sono ben fatte. La colonna sonora è  molto piacevole e si associa bene all'atmosfera che viene creata dalle immagini. Gli attori sono nel complesso bravi e riescono a creare dei personaggi abbastanza interessanti grazie al buon lavoro di scrittura sia in quelli un po' sopra le righe, sia in quelli centrali. Nel complesso comunque non vengono approfonditi tantissimo, eccezion fatta per il protagonista, cosa che può essere in parte giustificata dal fatto che è il suo diario personale. Questo è quindi un film interessante e ben fatto che racconta la realtà vista da Moretti in maniera garbata e poetica, pur presentando un certo egocentrismo.

Himizu (2011) di Sion Sono

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Bel film che lancia un grido di speranza al Giappone. La pellicola vede protagonista un ragazzo che vive nella zona colpita dal maremoto che ha causato il disastro di Fukushima. Insieme a lui vivono la mamma e alcune persone che hanno ottenuto ospitalità davanti al suo piccolo noleggio di barche. La vita per il ragazzo è molto dura, dato che i soldi sono pochi, è vessato da un padre violento e deve portare avanti l'attività di famiglia continuando a frequentare la scuola. Durante la pellicola il ragazzo conoscerà Chazawa, una ragazza benestante che ha una cotta per lui. Lei lo aiuterà durante la vicenda a superare ed affrontare le difficoltà e i traumi che si troverà a vivere. Durante tutto il film vedremo il giovane tentare di raggiungere la normalità nella sua vita, cercando di tagliare i ponti con il passato per poter ricominciare da capo con le sue forze. L'opera è molto allegorica e credo voglia rappresentare le difficoltà e lo sconforto del Giappone dopo il disastro del 2011, mostrando lo stato d'animo del paese attraverso le emozioni del ragazzo, che non vede più un futuro per lui e cerca di arrivare alla normalità perduta. Nel complesso vengono mostrati giovani senza aspirazioni e senza speranze per il futuro a causa di situazioni familiari problematiche in cui i genitori odiano la prole e la vedono come un peso. In tal senso è molto efficace l'immagine dei genitori di Chazawa mentre costruiscono la forca con la quale sperano che la figlia si suicidi. Ovviamente non tutti gli adulti sono personaggi negativi, ma gli unici positivi sono quelli messi ai margini della società ed etichettati come reietti. Questo credo voglia rappresentare come la scorsa generazione abbia minato il futuro proprio e dei propri figli, facendo ricadere le responsabilità sulla prole. Oltre a ciò, la forma di ribellione che hanno i due ragazzi verso i genitori può essere vista come la ricerca del Giappone di liberarsi di un passato scomodo per poter ricominciare senza zavorre. Nel complesso la pellicola tenta di mandare un forte messaggio di speranza, indicando come con la buona volontà sia possibile superare le difficoltà e come sia necessario non arrendersi. Questo può sembrare un appello banale e poco originale, ma esso è messo in scena con una forza e un sentimento tali da far credere nella genuinità dell'intento del regista, che sembra sentire profondamente la questione. Oltretutto il film trasmette molto bene la rabbia scatenata dagli eventi e ciò impedisce al film di diventare piatto e banale. La regia è molto bella, con rari cali di ritmo, ma curata molto e visivamente ispirata. I movimenti di macchina sono molto curati e sono presenti alcuni piani sequenza ben fatti. La fotografia è ben fatta e mostra inquadrature interessanti, soprattutto quando mostra le macerie. Tali inquadrature vogliono indicare come sia l'animo del ragazzo ad essere in macerie. Anche la colonna sonora è curata, alternando momenti con musica classica ad altri con suoni disturbanti. Il film riesce a trasmettere benissimo le emozioni dei protagonisti e farà entrare molto in empatia con i personaggi. Gli attori offrono performance buone, anche se i due giovani danno delle ottime prove attoriali. Non tutti i personaggi sono caratterizzati a dovere, mentre i due protagonisti e alcuni comprimari sono fatti benissimo. Nel complesso, questo è un film che riesce ad emozionare e a lasciare un forte messaggio di speranza e, pur non brillando per originalità, riesce a convincere per la messa in scena e per la veste non banale con cui è confezionato. Quindi non una delle migliori opere di questo regista, ma comunque un bel film.

sabato 21 dicembre 2013

Marebito (2004) di Takashi Shimizu


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Ottimo film horror che presenta una storia disturbante e innovativa. La pellicola racconta di un reporter/videomaker che rimane affascinato dall'espressione di puro terrore di un uomo subito prima di suicidarsi e decide di capire cosa glielo ha scatenato. Per far ciò finirà, attraverso le gallerie della metropolitana, in un mondo sotterraneo dove troverà una ragazza nuda incatenata (che chiamerà F). Lui la porterà a casa con sé ed inizierà per lui una spirale autodistruttiva verso la follia. Tutta la vicenda è particolarmente intrigante e riesce a mantenere molto alto l'interesse. Il protagonista, accudendo F inizierà ad avere visioni e riceverà chiamate da persone sconosciute che sembrano sapere molte cose su di lui. Una cosa molto interessante è che il film non fa mai capire se le cose che lui vede rappresentino veramente la realtà o siano solo frutto della sua immaginazione, anche se alcuni punti vengono chiariti. A tal proposito è possibile interpretare il sottosuolo come il luogo d'origine delle paure più ancestrali dell'uomo. Durante la vicenda sono portate avanti molto bene entrambe le teorie così da lasciare allo spettatore l'interpretazione finale. Viene messa in scena la sua continua ricerca per il terrore puro, che sembra poterlo portare alla follia e alla comprensione delle conoscenze degli Antichi. Questa ricerca lo porterà verso un abisso senza fine e ciò è reso molto bene. La pellicola cita e prende spunto dalla mitologia lovecraftiana, modificandola per i suoi scopi senza snaturarne l'atmosfera e la natura. Il rapporto con la ragazza sarà trattato molto bene e sarà per lui la chiave per raggiungere il terrore puro. L'atmosfera creata è ottima, ricorda moltissimo quella scatenata durante i racconti di Lovecraft, risultando molto disturbante. Viene inoltre creato un universo ben strutturato e credibile, con la sua storia e la sua identità. La regia è ottima, riuscendo a creare situazioni inquietanti e credibili, pur avendo un budget bassissimo. Vengono utilizzati diversi stili di ripresa che vanno dal POV, alle riprese classiche, a scene viste attraverso schermi televisivi. Nel complesso questa scelta dà una forte dinamicità alla vicenda e riesce a creare un'ottima atmosfera. Pure la fotografia e la messa in scena sono molto curate, mostrando ambientazioni molto suggestive e belle inquadrature, soprattutto durante le interazioni fra il protagonista e la ragazza. Anche il montaggio l'ho trovato ben fatto, dato che non crea mai confusione fra i vari stili di ripresa, ma riesce ad equilibrarli ben fra loro. Vengono, in alcuni punti del film, mostrati fotogrammi e situazioni che avverranno successivamente e ciò fa un bell'effetto dal punto di vista visivo. La colonna sonora è utilizzata poco, ma risulta ben fatta e adeguata alle scene in cui è inserita. I pochi membri del cast offrono delle prove attoriali convincenti, dando vita a personaggi interessanti e ben scritti, anche se ovviamente il protagonista è sempre padrone della scena. La pellicola non è molto violenta, ma le parti più sanguinolente sono rese bene. Anche il trucco della ragazza è fatto benissimo e riesce a rendere perfettamente l'aura di morte che le aleggia intorno. Questo è, quindi, un horror di alto livello, realizzato benissimo e che ha dalla sua una trama intrigante sviluppata bene che riesce a disturbare ed angosciare grazie anche ad un'ottima messa in scena.

venerdì 20 dicembre 2013

La samaritana (2004) di Kim Ki-duk


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Bella storia raccontata con eleganza. La trama racconta di due amiche minorenni che organizzano un giro di prostituzione per comprarsi i biglietti aerei per andare in Europa. Solo una delle due (Yeong-ki) fa materialmente sesso con i clienti, mentre l'altra (Yeo-jin) organizza gli appuntamenti. A seguito di una retata, per scappare da un rapporto con un uomo, Yeong-ki rimane uccisa cadendo dalla finestra. L'altra inizierà così un percorso di espiazione che prevederà di restituire i soldi ai clienti ed avere dei rapporti sessuali con essi. Il padre scoprirà le attività della figlia ed inizierà a seguirla. Questa è una pellicola molto poetica, dal ritmo tranquillo che permette allo spettatore di ragionare sulle domande e le questioni che vengono poste. Ho trovato molto interessanti i vari punti di vista con cui viene esaminata la prostituzione, infatti per l'organizzatrice e suo padre i clienti sono da disprezzare totalmente, mentre l'altra non ci vede nulla di male in quello che fanno, ma anzi spera di renderli felici il più possibile. Anche gli utilizzatori non vengono mostrati in maniera totalmente negativa, ma fra l'immoralità che dimostrano, riescono a far emergere tratti di umanità e una forte insoddisfazione per la loro vita. Il ribaltamento di prospettiva spiazza lo spettatore, che si troverà immerso in una società malata, nella quale a farne le spese sono le due ragazze, che, consapevoli delle loro azioni, non vengono mai condannate. Ovviamente la pellicola condanna maggiormente i clienti e il padre, il quale si macchia di crimini pur tentando di portare giustizia, anche se vengono rappresentati come persone normali. Forse questo voleva rappresentare come l'immoralità si sia talmente insinuata nella società da poter coinvolgere anche le persone più insospettabili. I rapporti umani, soprattutto all'interno delle famiglie, sono distorti e non è presente una vera e propria comunicazione. Ciò porta a incomprensioni e alla perdita di morale fra le generazioni. Emblematica in questo senso è la reazione del padre che, invece di confrontarsi con la figlia, decide di rimanere nell'ombra lasciandosi trascinare in una spirale autodistruttiva. A farne le spese sono le due ragazze che, non rendendosi conto delle conseguenze delle loro azioni, portano avanti un progetto senza futuro, essendo rimaste senza la guida delle precedenti generazioni. Molto interessante è il modo con cui vengono vissuti i rapporti sessuali dalle due ragazze: Yeong-ki, come già accennato, lo fa per portare piacere al cliente tentando di costruire un legame con lui, probabilmente a causa di un rapporto mancante con i genitori, che non saranno i primi ad essere avvisati dell'incidente; Yeo-jin lo fa come espiazione per aver sfruttato il corpo dell'amica e avere rapporti con i vecchi clienti è come se fosse una specie di autoflagellazione. La regia è molto posata e punta molto sulla bellezza estetica delle scene, che risultano visivamente interessanti grazie anche ad una fotografia di buon livello. Il film riesce a mantenere bene l'interesse fino alla fine, pur non avendo un ritmo altissimo, che risulta però adatto al tono che è stato dato alla vicenda. Anche la colonna sonora è molto calma e rilassante e risulta un buono "sfondo" alle scene. Nel complesso il cast dà delle prove convincenti, anche se il padre sembra avere una marcia in più, e i personaggi sono sviluppati bene presentando una caratterizzazione realistica. Uniche note negative sono l'apparente mancanza di motivazione nel salto dalla finestra della prostituta (anche se fosse per fuggire, mi è sembrato un po' estremo) e il fatto che il regista non prenda una posizione ferma contro determinati comportamenti, anche se questo può essere visto come un elemento positivo che aiuta ad avere una riflessione in parte autonoma e in parte guidata. Quindi, questo è un film pregevole per via della bellezza delle immagini e per il fatto di affrontare temi scottanti senza faciloneria, ma lasciando allo spettatore il compimento del ragionamento introdotto presentando una realtà degradata e purtroppo attuale.

Lo Hobbit - La desolazione di Smaug (2013) di Peter Jackson


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Secondo capitolo convincente, che non modifica la formula finora utilizzata, portandosi dietro sia i suoi pregi che i suoi difetti. La storia continua esattamente dove si era interrotta nell'episodio precedente: la compagnia di nani si è avvicinata molto alla loro destinazione, ma dovranno ancora percorrere parecchia strada e sconfiggere il drago. In contemporanea Gandalf indagherà sulla possibile riorganizzazione dell'esercito nemico. Il film segue quindi due linee parallele, intrecciandole fra loro bene e riuscendo a non far perdere il filo in nessuna delle due. Per quanto riguarda la trama essa presenta i difetti tipici del fantasy, cioè una distinzione fin troppo netta fra buoni e cattivi e una certa prevedibilità nei momenti di tensione o più a rischio. Oltre a ciò è facilmente visibile come il film sia orientato ad un pubblico più giovane rispetto a quello del Signore degli Anelli e ciò si traduce in un'epicità ridotta, ma non assente, e in alcune situazioni abbastanza leggere. Una cosa che non ho apprezzato è il fatto di riuscire a prevedere fin troppo bene alcuni momenti e sono inserite informazioni che lasciano intendere avvenimenti che accadranno nell'ultimo episodio, anche se spero che non tutte vedano la luce, così da stupire un po', invece di lasciare tutto come dovrebbe andare. D'altro canto quest'opera, ispirandosi ad un libro, decide di non discostarsi troppo dall'universo creato da Tolkien e rivisita solo in parte il racconto, così come avveniva nelle altre pellicole. L'epicità comunque viene resa bene e alle azioni più ingegnose o degne di nota sarà dato il giusto peso. Dal punto di vista tecnico la regia è maestosa, riproponendo grandi paesaggi durante le sequenze di spostamento e garantendo una buona tecnica durante le fasi più movimentate, pur presentando alcune imperfezioni nel montaggio. La fotografia e la messa in scena sono molto curate e creano dei paesaggi e delle inquadrature molto evocative. Una cosa che non ho molto apprezzato è stato il massiccio uso della computer grafica, dato che rende alcuni personaggi eccessivamente irreali e patinati. Ovviamente in alcune situazioni tale utilizzo risulta necessario, ma ho riscontrato un certo abuso di questa tecnica pure dove non sarebbe stata necessaria. Pure la qualità della CGI mi è sembrata peggiore del Signore degli Anelli, forse per l'abbandono dei modellini e per la scelta di non usare attori per quasi nessun cattivo. Nel complesso quindi la qualità tecnica è lievemente inferiore all'altra trilogia pur mantenendo un livello molto buono. C'è stato un maggior lavoro per quanto riguarda la caratterizzazione dei nani, che sembrano avere un'identità più definita rispetto al precedente film. Per quanto riguarda i personaggi più importanti è stato fatto un buon lavoro, con un Bilbo (interpretato benissimo) più maturo e meno entusiasta, mentre Thorin rimane un po' stereotipato per essere così importante ai fini della storia. I nuovi inserimenti sono abbastanza curati, anche se Bard non mi sembra sviluppato benissimo, al contrario del re degli elfi e di Smaug, che riescono a rimanere impressi e ad avere un impatto positivo. Un lavoro di scrittura abbastanza scarso è stato invece fatto per il resto degli antagonisti, che non hanno una profondità psicologica sufficiente essendo spinti unicamente dalla loro sete di sangue e limitandosi ad eseguire gli ordini dall'alto. L'inserimento di Legolas l'ho trovato un po' tirato via, dato che assume comportamenti eccessivamente aggressivi e guerrafondai, al contrario di come avveniva nella precedente serie, e anche la storia d'amore fra l'elfa e il nano (ovviamente il più bello della compagnia) poteva essere sviluppata meglio o eliminata. Nel complesso il livello rimane buono e fa ben sperare per la conclusione della saga. Il ritmo è abbastanza alto, anche se non mancheranno momenti più lenti che fanno respirare in preparazione alla parte finale, la quale è caratterizzata da un ritmo molto elevato e un'alta velocità di azione. Questo è un film fantasy di qualità, che mantiene le buone meccaniche già sfruttate nel resto della saga, riuscendo a rendere interessante una vicenda che sembrava troppo debole per poter appassionare sufficientemente, grazie ad un buon comparto tecnico, con pochi cali di stile, che riesce ad intrattenere bene. Quindi, vista la mole di lavoro, è un prodotto che fa rimanere soddisfatti, ma rimanendo un prodotto fantasy classico, è da evitare se non si apprezza il genere.

Per favore, non mordermi sul collo! (1967) di Roman Polanski


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Divertente pellicola che rivisita in chiave ironica i film sui vampiri. La storia racconta di due studiosi che viaggiano per trovare un vampiro ed ucciderlo. Capiteranno in un paese in cui verranno a conoscenza dell'ubicazione del castello del mostro e andranno là per fermare il male e salvare coloro che sono stati rapiti. La trama ripercorre le linee narrative classiche dei film vampireschi, ma inserendo al suo interno delle trovate ed un'atmosfera molto ironiche che vanno a stemperare la tensione. Ciò che viene in buona parte tolto alla pellicola è la componente horror che caratterizza le opere a cui si ispira, facendo così diventare il tutto simile ad un film di avventura sopra le righe. La comicità è molto fine, inserita in maniera non eccessiva e con trovate comiche non demenziali, ma legate all'ironia delle situazioni che si vengono a creare. Una delle cose più interessanti del film è che riesce ad alternare bene fasi più allegre a parti più serie in cui si crea tensione, pur non sfociando mai in sequenze eccessivamente cupe. La vicenda prosegue linearmente fino al buffo finale, che risulta atipico e ben fatto. La regia è di alto livello dato che riesce ad aiutare le gag a funzionare grazie ad un buon ritmo e ad un buon montaggio. La messa in scena e la fotografia sono molto belle, caratterizzate da colori vivaci e, dato che non risentono del tono leggero del film, risultano credibili e molto cupe (anche se alleggerite dall'alone horror), fornendo delle belle ambientazioni e delle atmosfere azzeccate. La colonna sonora è gradevole e riesce ad amalgamarsi bene con ciò che viene mostrato. Il cast fornisce una prova attoriale complessivamente convincente, con i due protagonisti che riescono a rimanere subito simpatici e si rendono partecipi delle situazioni più divertenti. Nonostante le trovate comiche non facciano divertire ai livelli dei capolavori della comicità, credo che l'intento principale fosse spogliare un genere del suo lato horror, giocare con alcune sue caratteristiche e rivestirlo di leggerezza ed ironia senza scadere nel demenziale. Credo, quindi, che il film sia riuscito, da questo punto di vista, a raggiungere il suo scopo. Risulta quindi molto gradevole da vedere grazie anche ad un'ottimo ritmo e ad una tecnica registica di qualità.

mercoledì 18 dicembre 2013

Dancer in the Dark (2000) di Lars von Trier


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Bellissimo dramma in cui un'immigrata rimane vittima di una società (americana) in cui domina solo il denaro. La storia racconta di Selma, una cecoslovacca emigrata negli Stati Uniti per avere un futuro più roseo rispetto alla patria natia. Una volta là inizierà a lavorare in una fabbrica per mantenersi e per risparmiare soldi per un'operazione che deve fare il figlio agli occhi, dato che ha una malattia, così come la madre, che lo porterà alla cecità. Partendo da questo incipit si sviluppa una trama che vedrà scontrarsi Selma con un sistema dove tutto ruota intorno al possesso di denaro e che non presenta alcuna clemenza o tutela verso le classi più deboli. Lei si troverà quindi a subire soprusi e a fare scelte molto critiche, trovandosi perfino a dover scegliere fra la sua vita e la vista del suo bambino. Questa è un'opera molto amara che userà i rari momenti di speranza, unicamente per poterli poi affossare con la crudezza della realtà. Nel film sono anche inseriti momenti cantati, tutti causati dall'immaginazione della protagonista, che vede nella realtà fornita dai musical l'unica forma di evasione dal mondo. Questo è un racconto che parla anche di ingiustizia perpetrata dallo Stato che non interverrà mai a favore della protagonista, pur avendo la possibilità di cambiare il suo destino. Il film svuota lo spettatore da ogni speranza e fa provare molta empatia con Selma, rendendo partecipe lo spettatore delle sue emozioni. Tutta la parte finale è indubbiamente quella che fa provare più tristezza e amarezza, soprattutto contro un sistema che ha al suo interno troppe falle morali (fra cui viene indicata anche la sanità). Unica cosa negativa che mi sento di dover segnalare è forse un eccesso di eventi negativi, come in un tentativo di far provare emozioni estreme, ma io credo che fosse questo l'intento del regista, quindi non mi ha dato alla fine alcun fastidio. La regia è particolare, ma, a mio avviso, molto bella: verrà infatti utilizzata la telecamera a mano facendola muovere abbastanza durante tutto il film, tranne quando ci saranno le scene musicali, nelle quali vengono utilizzate moltissime telecamere fisse. Questa tecnica permette di entrare molto più in empatia con i personaggi, perché fa sembrare partecipi dell'azione. Anche la fotografia ha due registri ben distinti, infatti durante le canzoni avrà colori molto più accesi, oltre a dare inquadrature di più ampio respiro, mentre nelle altre scene sono utilizzate riprese più ravvicinate ai personaggi, così da calarci nella vicenda, e un'illuminazione naturale. La colonna sonora è ottima, anche se presente unicamente durante i momenti cantati, mentre negli altri ci sarà una totale assenza di musica. Le canzoni sono molto belle e sfruttano i rumori del mondo che circonda la protagonista. Queste sequenze stonano molto con le sequenze che le precedono e che le seguono, dando un tono molto più liberatorio alle fantasie di Selma. Gli attori fanno un ottimo lavoro e riescono a dare il giusto tono alle loro azioni e a dar vita a dei personaggi realistici e che rimangono impressi, anche se ovviamente la protagonista sarà padrona della scena. Questo è un film bellissimo, che riesce a smuovere gli animi e a far provare forti emozioni durante tutta la sua durata grazie ad un'ottima realizzazione tecnica e a delle tematiche trattate molto bene, insieme ad una protagonista che riesce a rimanere impressa nella mente.

martedì 17 dicembre 2013

Blue Jasmine (2013) di Woody Allen

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Bel dramma esistenziale che mostra il fallimento di una donna nel ricominciare. La protagonista del film è Jasmine, che si trasferisce dalla sorellastra dopo il divorzio e il successivo suicidio del marito, il quale, a causa di una condanna per reati fiscali, la lascia senza un soldo. Dopo il trasferimento, lei proverà a reinventarsi scontrandosi con le sue nevrosi, il suo passato e le sue aspirazioni fin troppo elevate. Questo film mostra come il cambiamento non sia possibile senza una motivazione reale e forte. Lei infatti proverà a crearsi una vita propria, ma finirà per ripercorrere le vie del suo passato, da lei sempre rimpianto, per tornare ad avere quello status sociale a cui si era abituata. La sua ricerca del cambiamento è quindi solo di facciata e ciò è in parte causato dal suo sguardo sempre perso negli anni precedenti, periodo che le farà visita per rovinarle i progetti futuri che aveva attuato. Oltre a ciò, sembra non aver superato le numerose debolezze che la contraddistinguevano, come il sopportare tradimenti ed affari poco leciti del marito solo per mantenere lo status quo, visto la sua scarsa fiducia nelle cose nuove. In parallelo viene mostrata anche la storia della sorella Ginger che è stata a sua volta rovinata dagli affari del marito di Jasmine, che le ha portato via molti soldi e le ha causato la rottura con il coniuge Augie. Al contrario di Jasmine, lei non ha mai avuto progetti grandiosi per se stessa, accontentandosi di ciò che le capitava con una certa dose di rassegnazione. Nonostante lo stile di vita più modesto sembra avere una vita più felice della sorella, anche se proverà a portare dei cambiamenti appena si presenta l'occasione. Il film ci mostra quindi una vicenda dove non ci sono molti vincitori, tranne il figlio di Jasmine, per via dei troppi legami con il passato che impediscono una vita piena nel presente. Alcuni di loro però sembrano essere stati impotenti di fronte alle difficoltà che gli si sono parate davanti. La regia è buona e, pur non brillando per uno stile visivo che rimane impresso, riesce a dare un buon ritmo alla vicenda. La fotografia è ben fatta, dando delle inquadrature curate e interessanti, oltre a proporre bei paesaggi. Il montaggio costruisce due linee narrative (passato e presente) alternate fra loro, inserendo, in maniera brusca, una scena passata ogni volta che è viene fuori un riferimento nel presente, lasciando che sia lo spettatore ad accorgersi della traslazione temporale. Questa forma, pur non essendo innovativa, funziona bene in questa pellicola e marca ancor più profondamente il riverbero delle situazioni accadute. Gli attori recitano molto bene, con una Cate Blanchett mostruosa che porta avanti da sola il film. Oltre a ciò c'è da notare una scrittura intelligente dei personaggi che, pur mostrando una certa stereotipazione, riescono ad avere un'identità credibile e ben definita. Anche i dialoghi sono curati e scandiscono bene il ritmo del racconto. In conclusione, questo è un'opera molto amara che ci ricorda come non sempre tutto vada secondo i piani, dato che il nostro futuro non dipende unicamente dai nostri sforzi e dalle nostre azioni, e che non basta proclamare la nostra voglia di cambiamento se siamo i primi a non crederci e a rimpiangere la realtà da cui ci stiamo allontanando. Tutto questo, unito ad un lavoro di scrittura di alto livello, insieme ad un bel comparto tecnico che risulta funzionale alla storia e non ha cali vistosi, ci consegna una pellicola ben fatta e che saprà far riflettere.

M - Il mostro di Düsseldorf (1931) di Fritz Lang

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Capolavoro di Fritz Lang che dimostra la sua genialità in ogni fotogramma della pellicola. La trama segue le indagini per la cattura di un serial killer di bambini che ha fatto piombare nel terrore la popolazione di Berlino. Sulle sue tracce si metteranno la polizia, che dimostra una certa rigidità formale che ne rallenta i movimenti, e la malavita, per via dei danneggiamenti ai loro traffici, dovuti ai continui raid delle forze dell'ordine per scovare il killer. La vicenda proseguirà abbastanza linearmente, mostrando in parallelo i ragionamenti e le misure prese da queste due fazioni per portare a termine la "caccia". Il film utilizza il personaggio dell'assassino come pretesto per mostrare una società allo sbando. Essa si trova impotente di fronte alla forza destabilizzante del criminale che la porterà ad imbarbarirsi, come è possibile vedere in alcune scene. Verrà ricercata continuamente dalla popolazione una soluzione rapida e sommaria, senza curarsi più di ciò che giusto e ciò che non lo è. Una cosa grandiosa della pellicola è il fatto che fa montare l'odio verso il mostro, per poi ribaltare il punto di vista mostrandolo impotente e malato. Questa cosa fa svanire di colpo tutto l'astio, accumulato fino a quel momento, che porta a parteggiare per i criminali, anche se colpevoli di reati altrettanto gravi. Questo cambio di prospettiva metterà in luce l'immoralità della malavita e il loro processo servirà a mostrare un punto di vista vendicativo, che li fa apparire più crudeli del killer stesso. La fazione della criminalità rappresenta una specie di giustizia privata che non aiuta quella ordinaria, ma anzi ne ostacola il lavoro. Oltre alla grande modernità della messa in scena, viene evidenziato come la legge funzioni solo se chi la mette in pratica è moralmente onesto, mentre, in mancanza di ciò, pur rispettando le formalità, non può essere ottenuto un verdetto giusto. Ho trovato interessante la scelta di lasciare il finale aperto, così da non far capire se la giustizia ordinaria avrà un moralità superiore a quella criminale. Viene anche messa in luce la bramosia di vendetta e di sangue tipica della folla, che è rappresentata come una forza animalesca priva di qualsiasi umanità. Molto azzeccata e rivoluzionaria ho trovato la scelta di rendere l'aspetto del mostro molto comune e quasi rassicurante, così da rendere meglio l'insensatezza nel valutare l'esteriorità per capire realmente una persona. Dal punto di vista tecnico quest'opera è incredibile. La regia è eccezionale, con un ritmo altissimo, nonostante un uso massiccio dei dialoghi, e delle trovate visive bellissime e molto innovative per gli anni 30. Alcune scene, come la prima apparizione del mostro, il primo omicidio e il suo monologo finale sono entrare di diritto nella storia del cinema e sono talmente belle da lasciare storditi. Anche i continui parallelismi fra i poliziotti e i criminali sono gestiti in maniera eccezionale, grazie anche ad un montaggio che ha dell'incredibile. Ancora oggi sono pochi i film che hanno una tale qualità nel montaggio, non essendo presente alcun errore di congiunzione fra le scene e riuscendo a creare sequenze orchestrate benissimo. La fotografia è ottima, con inquadrature studiate benissimo, dal forte impatto visivo e, in alcuni casi, molto simboliche. Fra tutte queste meraviglie, la cosa che più spicca per l'innovazione portata alla cinematografia è senza dubbio il sonoro, dato che era solo quattro anni che veniva utilizzato. C'è un uso così intelligente e avanguardista dei suoni da far impallidire i film moderni, oltre ad avere un ruolo fondamentale ai fini della trama. L'uso dell'audio fuori campo, a volte inquadrando solo le ombre degli interlocutori, ha permesso di creare ottime scene. Non dilungandomi oltre posso affermare che questo è una delle opere migliori che mi è capitato di vedere e risulta talmente moderna che potrebbe uscire oggi senza destare alcun sospetto sia per i temi trattati che per lo stile modernissimo che la caratterizza.

sabato 14 dicembre 2013

Reazione a catena (1971) di Mario Bava


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Bellissimo film antenato dello slasher. La storia inizia con l'omicidio di un'anziana signora in sedia a rotelle da parte del marito, che viene a sua volta ucciso a coltellate da uno sconosciuto. Da questo incipit inizia una vicenda molto violenta, dove le persone coinvolte non avranno scrupoli ad uccidere pur di ottenere l'eredità della signora. Durante questi avvenimenti, alcuni innocenti, per aver visto troppo, ne faranno le spese. Vengono mostrate, senza filtri, le dinamiche che portano ad una spirale di violenza che non fa altro che aggravarsi fino al geniale e macabro finale, in cui viene rappresentato come, chi compie atti violenti potrebbe trovarsi a sua volta a dover subire tali trattamenti. La causa di tutte le crudeltà è l'avidità dei personaggi, che li porta ad una deriva morale senza uscita e che, una volta iniziata, non può far altro che degenerare. Le meccaniche messe in atto in questa pellicola sono molto innovative e saranno riprese successivamente per far nascere e portare avanti il genere dello slasher. Questo stile è stato molto prolifico e dura fino ai giorni d'oggi, anche se un po' ridimensionato. C'è da dire che sono solo una manciata, fra le tante opere fatte, a poter essere paragonate a Reazione a catena, dato che risulta difficile superarne la bellezza. La violenza è molto esplicita e vanno fatti i complimenti ai begli effetti speciali che rendono ogni uccisione molto realistica e disturbante. Vengono mostrati omicidi a catena con una cattiveria rara e un'eleganza che quasi nessuno slasher, nemmeno ai giorni d'oggi, ha avuto il coraggio e la capacità di eguagliare. La regia è eccezionale (alcuni elementi sono copiati da Venerdì 13) e punta molto sulle soggettive, sugli zoom e su un netto cambio di tono fra gli omicidi e le interazioni dei personaggi, quest'ultimi momenti caratterizzati da uno stile più posato e addirittura poetico in alcune sequenze. La fotografia è ottima, con alcuni paesaggi e inquadrature molto azzeccate, insieme ad un eccezionale uso delle luci. Il punto di forza del film però, secondo me, è il montaggio che, soprattutto durante alcune uccisioni, ha una precisione e un ritmo che raramente mi è capitato di vedere (la prima uccisione mi ha tolto il fiato e mi ha ricordato l'impiccagione di Suspiria). Anche la colonna sonora è ben fatta riesce a mantenere il tono voluto nelle scene. Gli attori danno delle belle prove, donando spessore e carisma ai propri personaggi, eccezion fatta per i quattro giovani che sono trattati in maniera più superficiale. Il ritmo è molto elevato e dubito che qualcuno possa annoiarsi vedendo la pellicola, che sembra modernissima. In quest'opera Bava sembra non aver inserito alcun elemento gotico (tranne forse la chiromante) o kitsch, ma ha preferito dare uno stile registico senza fronzoli e molto realistico. In conclusione, posso tranquillamente definire Reazione a catena una pietra miliare della cinematografia per via delle molte innovazioni che ha portato e per l'altissima qualità tecnica, che lo rende ancora oggi cattivissimo, violentissimo, molto intrattenitivo e stupendo da vedere.

venerdì 13 dicembre 2013

Anno 2000: La corsa della morte (1975) di Paul Bartel


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Film giustamente diventato cult grazie alla bella messa in scena, all'ironia e alla critica sociale che lo contraddistingue. La storia è ambientata in una versione distopica degli Stati Uniti d'America, in cui tutto il potere è in mano al Presidente. Esso, per evitare problemi con la popolazione e per fargli sfogare la rabbia repressa, organizza degli spettacoli violenti che ne distolgono l'attenzione dai veri problemi. Oltre a ciò verranno inventati anche dei nemici (in questo caso i francesi), così da poter rafforzare il potere del governo. Lo spettacolo presentato nel film è una corsa automobilistica in cui vince chi fa più punti. Per aumentare il proprio punteggio è necessario investire le persone per strada (ogni pedone ha il suo punteggio) o arrivare primi al traguardo. Durante questa manifestazione avverranno attentati da parte di un gruppo di ribelli che ha l'obiettivo di rapire Frankenstein, il favorito della corsa, per ricattare il presidente e chiedergli di eliminare l'evento per sempre. Nonostante il contesto sia abbastanza serio, il film è contraddistinto da una forte ironia di fondo e da una messa in scena sopra le righe e kitsch che ricorda lo stile estetico dei fumetti. Un aspetto che contribuisce a dare alla pellicola questo tono sono i piloti, i quali sono visivamente molto buffi e lievemente caricaturali. Dal punto di vista sociale, la pellicola si scaglia contro la figura del presidente, vista come oppressiva e menzognera, e contro la televisione la quale viene mostrata asservita al potere e pronta a manipolare la realtà per non lasciar trapelare notizie scomode. Pure la moralità della società è sotto accusa, dato che essa accetta di buon grado una manifestazione così barbara, addirittura contribuendo con dei "sacrifici umani", così da favorire il proprio beniamino. Tale deriva morale viene evidenziata anche dal fatto che venga accettata l'esposizione dell'iconografia nazista sul casco e sulla macchina di un pilota. Nonostante sia un B-movie, la regia è ben fatta e riesce a rendere la gara interessante, oltre a rappresentarla in maniera chiara ed adrenalinica. Inoltre la regia riesce a trasmettere tensione in alcune scene (come quella davanti all'ospizio) e a dare il giusto ritmo alla storia. Anche la messa in scena, pur disponendo di un budget abbastanza basso, riesce a costruire un ambientazione credibile e curata, soprattutto negli ambienti chiusi. Saranno quindi presenti inquadrature ben fatte e dal buon impatto visivo. I piloti non sono molto caratterizzati e risultano macchiettistici, dimostrando uno spessore non molto marcato e nessuna evoluzione durante il film. Per i giornalisti c'è da dire che, nonostante siano poco approfonditi, essi vengono utilizzati unicamente per far emergere i lati peggiori dei media e quindi risultano comunque funzionali alla trama. Unica eccezione è data dal protagonista che ha uno stile interessante e dimostra di avere molte sfaccettature nella sua morale e nei suoi modi di fare. Insieme a lui sono ben caratterizzati pure la sua navigatrice, combattuta fra il suo obiettivo e l'attrazione per Frankenstein, e, in maniera minore, alcuni membri della resistenza. L'opera è abbastanza violenta, anche se non vengono mai mostrate direttamente scene splatter, le quali vengono solo accennate con brevi inquadrature (sembra per dei tagli), e quindi alcune scene saranno disturbanti più per cosa suggeriscono piuttosto che per effetti sanguinolenti. Una caratteristica che ho trovato azzeccata è l'ironia e la comicità grottesca con cui vengono presentate alcune sequenze, che tendono a stemperare i toni, altrimenti troppo seri, del film. Essendo la messa in scena esagerata e orientata ad offrire uno spettacolo coinvolgente, avrebbe stonato una serietà eccessiva in determinati momenti. Altro aspetto interessante è riscontrabile nel finale che, pur essendo inverosimile, mostra come non basti eliminare il precedente persecutore per scardinare la corruzione derivante dal potere. Infatti, SPOILER le persone che eleggeranno Frankenstein come presidente, lo faranno per via delle sue imprese, più che per la sua onestà, cosa che emerge nel rifiuto a rispondere a domande scomode e nel fatto che lui è comunque un assassino dalla moralità deviata, anche se mosso da buoni propositi FINE SPOILER. In conclusione, un bel film di fantascienza che dietro una veste fracassona e disimpegnata nasconde una forte critica alla società e alla deriva morale che rischia di prendere.

martedì 10 dicembre 2013

Film per non dormire: La stanza del bambino (2006) di Álex de la Iglesia


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Buon horror che tenta di mostrare con innovazione tematiche ormai abusate. La protagonista della pellicola è una famiglia composta da padre, madre e figlio piccolo (pochi mesi) che si trasferiscono in una nuova casa. Tutto procede bene fino a quando l'uso di una babycam mostrerà al padre un uomo vicino alla culla del figlio. Una volta sopraggiunto là, però, non sarà presente più nessuno. Essere l'unico testimone di questo e dei successivi episodi sconvolgerà gradualmente la psiche del padre che inizierà ad indagare. La trama non è delle più innovative, ma vengono inseriti alcuni elementi che vanno ad attenuare il senso di già visto, come ad esempio l'utilizzo della babycam per indagare o l'utilizzo delle realtà parallele. Ovviamente queste scelte non impediscono al film di prendere strade narrative battute, cosa che infastidisce un po' nel finale, che è un po' telefonato e, a mio avviso, tirato via. Per il resto, la pellicola è ben fatta e crea una buona tensione. Peccato che non sia stato sfruttato adeguatamente il tema della diffidenza verso gli stranieri, che emerge ad un certo punto, ma non viene più utilizzato. Dal punto di vista registico il film è ben fatto ed è caratterizzato da una telecamera non molto mobile, che riesce comunque a dare un forte senso d'ansia in alcune parti. La fotografia è la cosa che ho preferito, con colori glaciali nell'incipit e una buona composizione delle inquadrature nel resto della storia. L'effetto di sovrapposizione delle realtà con la babycam è inoltre ben sfruttato e riesce ad essere molto realistico ed intrigante. Una cosa che non mi ha convinto è che, nonostante le dinamiche con le altre dimensioni siano state ben sfruttate, non viene spiegato perché gli esseri che ci vivono vogliano entrare nella dimensione dei protagonisti. Anche la colonna sonora non è il massimo e l'ho trovata sottotono e molto canonica. Gli attori danno delle buone prove, anche se i loro personaggi non sono tutti sviluppati bene (ad esempio la vecchia poteva essere più approfondita). In conclusione, questo è un horror che ha alcune buone idee ben sviluppate, riesce ad intrattenere bene e a creare una buona tensione, pur non brillando per originalità, anche se non riesce ad avere una qualità tale da rimanere impresso per molto tempo.

Gremlins 2 - La nuova stirpe (1990) di Joe Dante


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Bel seguito che potenzia gli aspetti positivi del primo film ottenendo, così, un bel prodotto. La storia è molto simile a quella di Gremlins, solo che cambia ambientazione, passando dalla piccola cittadina dove sono nati i protagonisti, a New York, dove i due si sono trasferiti per fare carriera. Entrambi lavorano per una multinazionale che tratta i suoi dipendenti con cattiveria e oppressione, in un palazzo che sembra uscito da 1984 di Orwell. Il ritrovamento di Gizmo, mogwai presente anche nel primo episodio, e il suo trasferimento nel laboratorio del palazzo porterà a nuovi disastri. La pellicola sfrutta al massimo le caratteristiche comiche e orrorifiche delle creature, creandone un'infinità e andando a modificarle grazie a dei geni che vengono trovati nel reparto scientifico. Ciò porterà a poter creare una lunga serie di scenette ironiche che sono caratterizzate da una serie lunghissima di citazioni, passando dal Mago di Oz, a Rambo, a L'invasione degli ultracorpi ecc. La cura di queste scene, insieme ad un'animazione eccellente dei mostriciattoli, fa divertire moltissimo. Dietro la bella cornice viene però mostrata una realtà lavorativa crudele, dove è stata ormai persa qualsiasi socialità fra le persone, che vanno avanti pensando unicamente alla loro carriera e al loro prestigio. Gli unici interessamenti ai colleghi derivano da tornaconto personali. Viene anche mostrato un reparto scientifico che sembra uscito da un film horror ed è rappresentato come totalmente privo di etica o di scrupoli morali. La regia è ottima e dimostra di sapere sfruttare pienamente la carica anarchica e distruttiva dei Gremlins. Sono molte le scene in cui il film gioca con se stesso e, non prendendosi troppo sul serio, riesce a fare ironia su di sé e su ciò che lo circonda. Alcune scelte visive sono azzeccatissime e nel complesso vengono sempre fornite inquadrature di qualità. La fotografia è curata e sfrutta bene l'oscurità in cui si muovono i personaggi, creando bene le atmosfere giuste, non sacrificando troppo i toni dark dell'opera. Gli effetti speciali sono eccellenti e, considerando che i mostri non sono fatti al computer, riescono a dare vita e personalità ad ognuna delle creature. Gli attori danno delle buone prove, spesso recitando sopra le righe, come richiede una pellicola di questo tipo e riuscendo a dare personalità ai propri personaggi. Da notare come in questo caso, il capo dell'azienda venga rappresentato come ingenuo, ma non negativamente, mentre hanno caratteri negativi i suoi collaboratori. Unica nota in parte dolente è che viene presentato un finale eccessivamente positivo, dove ogni cosa va al suo posto: avrei preferito una soluzione più moderata. Detto questo, ci troviamo di fronte ad un seguito che riesce ad essere pienamente all'altezza dell'originale, migliorandone alcuni aspetti, facendo divertire moltissimo lo spettatore e riuscendo a far pienamente esplodere il potenziale dei Gremlins, che vengono così consacrati come icona dei film horror/commedia.

Il Decameron (1971) di Pier Paolo Pasolini


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Bellissimo film che rivisita il Decamerone di Boccaccio. La pellicola ha una struttura analoga all'opera letteraria, dato che è divisa in storie brevi che sono collegate fra loro da due linee narrative principali: la prima segue i movimenti di un delinquente che compie reati a pagamento, mentre l'altra mostra il lavoro dell'allievo di Giotto che deve affrescare parte di una chiesa. Durante queste sequenze vengono inseriti circa dieci racconti che sono ripresi direttamente dal Decamerone. In questo caso le storie vengono rappresentate con maestria, così da fornire un affresco della società (soprattutto popolare) mostrandone le usanze, i difetti e i pregi senza usare filtri. Le cose verso il quale si scontra la pellicola sono i tabù sessuali che sono mostrati nella loro inutilità e vengono spogliati di ogni valenza morale, essendo rappresentati come naturali e non peccaminosi. Gli unici aspetti mantenuti nel film, che rendono determinati rapporti sconvenienti, derivano infatti dalla sovrastruttura e dalla morale imposta dalla società, che tenta di controllare il modo di rapportarsi fra le persone. Tutto l'ambiente popolare è visto come culla di vitalità e in maniera amorevole, pur mostrandone i difetti in termini morali. Il "brutto" che viene associato alla gente riguarda solo gli atti immorali e malvagi, frutto di una società imperfetta, edonista e che dà più importanza alle apparenze. Viene, invece, vista con interesse l'estetica dell'ambiente e delle persone, manifestata attraverso continui primi piani di popolani, che li mostra sotto una luce positiva. La regia è splendida, dato che riesce a dare un ottimo ritmo alla pellicola senza sacrificare la qualità delle inquadrature. Questo viene egregiamente supportato da una fotografia da manuale, che crea delle sequenze curatissime e che spesso toglieranno il fiato per la loro bellezza. La colonna sonora aiuta ad immergersi nell'ambientazione, dato che anch'essa ha toni tipici dell'epoca ed è realizzata benissimo. Pure la messa in scena è ottima e riesce a dare un impatto visivo molto credibile e caratteristico, insieme alla scelta di attori presi dalla strada che fornisce facce realmente popolane, insieme ad interpretazioni sincere e particolari. Anche gli attori di professione riescono a dare buone performance e risultano ben caratterizzati. In conclusione, questa è un'opera bellissima, che mostra l'inutilità dei tabù sessuali e dà una visione del popolo come luogo vitale dove è ancora possibile trovare l'essenza più pura dell'essere umano.

domenica 8 dicembre 2013

Darkness (2002) di Jaume Balaguerò

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Bell'horror che crea una storia intrigante e che riesce a portarla in fondo senza cadute di stile. La storia è quella di una famiglia che va ad abitare nella casa d'infanzia del padre. Una volta trasferitasi, il padre tornerà ad avere attacchi d'ira, come in passato ed accadranno fenomeni strani all'interno della casa. Nonostante la premessa, non siamo di fronte al classico film sulla casa infestata. La trama tenterà di svilupparsi in maniera simile ma innovativa, scegliendo delle strade narrative azzeccate. Una cosa che rende la pellicola molto interessante è la buona creazione di tensione lungo parecchie scene, sia durante gli eventi più estremi, sia durante la vita normale della famiglia. Molto interessante e azzeccata è la figura del padre che sembrerà sul punto di scoppiare da un momento all'altro, canalizzando così l'attenzione del pubblico. Viene subito chiarito che in quell'abitazione è successo qualcosa 40 anni prima e verranno disseminati alcuni indizi lungo la storia, i quali andranno a combaciare nel bel finale, che ha il coraggio di seguire la via più sensata, senza dover per forza accontentare tutto il pubblico. Il film gioca molto con le luci ed infatti la fotografia è molto curata e ben fatta, creando delle inquadrature molto ispirate. La regia riesce bene a creare tensione, anche se sono presenti sporadici cali di ritmo ed atmosfera. Il montaggio è una delle componenti fondamentali per la buona riuscita delle scene, dato che soprattutto nei momenti critici, riesce essere d'impatto pur rendendo comprensibile ciò che accade su schermo. Anche gli attori sono in parte e riescono a dare delle buone performance, anche se il padre è quello che rimane più impresso per via dei suoi sbalzi di umore. C'è da segnalare anche la buona prova di Giancarlo Giannini che riesce a dare un buon spessore al suo personaggio. Purtroppo l'opera si porta dietro alcuni cliché tipici di questo genere di film, fra i quali è possibile notare la figlia maggiore che non è felice della nuova casa, il figlio piccolo che entra per primo in contatto con le presenze. In conclusione, ci troviamo di fronte ad un discreto prodotto, che viene orchestrato bene e, pur non raggiungendo i livelli di altri film del regista (come ad esempio Bed Time o [REC]), riesce ad emozionare e a far passare dei momenti con molta tensione.

venerdì 6 dicembre 2013

Tulpa (2013) di Federico Zampaglione

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Mediocre horror che riprende le atmosfere degli anni passati senza però apportare alcuna innovazione. La protagonista del film è Lisa, una donna in carriera che di giorno svolge duramente il suo lavoro, mentre di notte va in un club di scambisti per fare sesso. La sua vita sarà sconvolta dal fatto che le persone con cui ha rapporti e con cui ha delle rivalità iniziano ad essere uccise una dopo l'altra. La trama ricorda vagamente quelle dei film di Argento, anche per il fatto di non lasciare alcun indizio allo spettatore su chi possa essere il killer (anche se si intuisce abbastanza bene). La storia segue un andamento molto lineare e, per gli spettatori più smaliziati, ha uno sviluppo molto prevedibile e canonico. Questo porta a prevedere più o meno ogni sviluppo spegnendo gradualmente l'interesse verso la vicenda. Le atmosfere create sono di qualità altalenante: di giorno si hanno infatti scene banali difficilmente sopportabili dove viene vista lei a lavoro o nelle sue faccende giornaliere, mentre di notte c'è una ricerca superiore in termini di qualità visiva e di situazioni. Le sequenze migliori sono indubbiamente gli omicidi, pur essendo poco efferati e sembrando un po' scopiazzati nello stile. Sarebbero senza dubbio risultati più efficaci 40 anni fa, ma al giorno d'oggi non riescono ad avere un impatto sufficiente, pur non essendo da buttare. Uno dei pregi maggiori del film è che tenta di unire l'horror con l'erotismo presente nella vicenda, anche se questo secondo aspetto non è approfondito sufficientemente (siamo pur sempre nel 2013 e non più negli anni 70) e viene dato un punto di vista negativo, un po' moralista, sulle attività della protagonista. La regia è mediocre, risultando molto piatta nelle scene diurne e non sempre riesce a conferire la giusta tensione a tutte le sequenze. Tutto procede fra alti (soprattutto la scena del sogno) e bassi (molti), attestandosi su un livello insufficiente per garantire una narrazione di qualità, anche se si risolleva un po' nel finale dove c'è una scelta di tempi interessante e delle inquadrature d'impatto. Purtroppo l'espediente per risolvere la questione è ridicolo e stona moltissimo col tono della pellicola, rovinando molto la bella atmosfera creata nelle sequenze finali. Il modo con cui viene risolto tutto è così assurdo e fuori contesto da far rimanere lo spettatore amareggiato e deluso, anche se per fortuna non c'è alcun cambio di rotta moralista verso i comportamenti di Lisa, che vengono mantenuti anche se vengono rappresentati negativamente. La fotografia è buona, dato che c'è un bel gioco di luci, sia nel club, che di notte sfruttando dei bei coni luminosi che danno vita a delle inquadrature interessanti. Di giorno si ha una ricerca visiva pressoché nulla rendendo queste sequenze scadenti. La colonna sonora non mi ha pienamente convinto è la giudico uno dei fattori principali che ha bloccato la creazione della giusta tensione in alcune scene. Spesso infatti ha dei toni non adeguati a ciò che accade su schermo, mentre in altre occasioni risulterà buona. I personaggi non sono molto approfonditi, eccezion fatta per la protagonista che ha un carattere molto interessante ed è nel complesso un buon personaggio femminile. In particolare il killer sembra preso direttamente da un film di Dario Argento o di Fulci senza raggiungerne minimamente la bellezza, ma concentrando su di sé del ridicolo nel finale. Gli attori danno delle prove mediocri, con alcuni che lasciano molto a desiderare. Il film mostra, fra un omicidio e l'altro, un ambiente lavorativo molto competitivo, dove non c'è alcuna morale e si è disposti a tutto pur di far carriera, ma questa è una cosa che viene messa in secondo piano nella vicenda. Gli effetti speciali delle parti violente sono ben fatti e, per una volta, non c'è timore nel mostrare mutilazioni e ferite gravi pur rimanendo su livelli scarsi se paragonati a quelli odierni. Purtroppo il film ha uno stile molto retrò e ricorda fin troppo i vecchi thriller a cui si ispira, ciò può non essere un male, anche se un po' di innovazione non avrebbe guastato. In definitiva, la pellicola intrattiene poco e crea una scarsa atmosfera, non eccellendo nel comparto tecnico e non raggiungendo nemmeno lontanamente la qualità artistica delle opere a cui si ispira in maniera un po' troppo marcata.

giovedì 5 dicembre 2013

Il fascino discreto della borghesia (1972) di Luis Buñuel

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Capolavoro di Buñuel che ridicolizza la borghesia mostrandone ottimamente le contraddizioni e l'ipocrisia. La storia segue le vicende di un gruppo di borghesi (due coppie, la sorella di una delle donne e un ambasciatore di uno stato inventato) che cercheranno per tutto il film di organizzare una cena tutti inseme, senza riuscirci per una serie continua di contrattempi. La vicenda segue un andamento anomalo ed unisce sapientemente le parti reali a quelle oniriche. Quest'ultime sono rese in maniera magistrale e contengono l'insensatezza e le dinamiche tipiche dei sogni, pur mantenendo una linearità di fondo. Tutta l'atmosfera mantiene comunque un tono surreale e sono molte le scene che risultano al limite della plausibilità pur trovandosi nella realtà. La pellicola mostra senza filtri come, dietro un'apparenza di normalità e di galanteria, si nascondano i peggiori vizi e attività immorali e criminali. I borghesi protagonisti, nel privato, sono rappresentati come superbi e razzisti verso le classi sociali più modeste. Hanno una moralità così distorta da preferire una corretta etichetta, piuttosto che una condotta moralmente irreprensibile. Durante le loro vicende sono inoltre inseriti dei sogni e dei racconti che rappresentano una certa crudeltà delle classi più abbienti. Ai protagonisti sarà affiancato un vescovo che si unirà a loro in alcune circostanze e si proporrà di curare il giardino della villa di una delle due coppie. Questo personaggio risulterà essere molto sfaccettato e mostrerà dei comportamenti ambivalenti: se da un lato è disponibile ad aiutare gli altri e sembra abbastanza buono, non esiterà a macchiarsi di un delitto, pur di ottenere vendetta. Questo fa capire come la facciata di bontà nasconda una persona violenta e vendicativa. Oltre a ciò, credo che il suo lavorare per i borghesi tenda a rappresentare un certo servilismo verso i potenti, dato che avrebbe potuto aiutare chi ha veramente bisogno. Il comparto tecnico è eccellente, dalla regia alla fotografia che ci regala inquadrature curatissime e molto ispirate. Il comparto sonoro è anomalo, dato che c'è una totale assenza di canzoni, ma sono sfruttati rumori di sottofondo per nascondere alcune informazioni di carattere politico legate al mondo reale. Alcune di queste scene sono molto divertenti. Il film procede benissimo e, pur non avendo un ritmo elevato, riesce ad interessare e incuriosire lo spettatore. Anche gli interpreti sono stati molto bravi, dato che sono riusciti a rendere alla perfezione tutte le sfaccettature che hanno i loro personaggi, sia in positivo che in negativo (tutti i protagonisti hanno dei difetti che li rendono personaggi negativi). Questo è un film che si scontra frontalmente contro una classe sociale ritenuta dominante, ma corrotta sia dal punto di vista morale che materiale, riuscendo a farlo con un'eleganza e un'efficacia rara e ciò lo porta ad essere una pietra miliare della cinematografia.

martedì 3 dicembre 2013

Contenders. Serie 7 (2001) di Daniel Minahan


Trailer del film


Interessante pellicola che propone temi già sentiti in una veste originale e realistica. La storia si sviluppa come una puntata speciale di uno show televisivo, in cui delle persone scelte a caso in una città degli Stati Uniti dovranno uccidersi fra loro fino a proclamare il vincitore. Una volta ottenuta la vittoria, il campione non sarà libero, ma dovrà vincere altre due sfide, analoghe alla prima, per ottenere la libertà. Una cosa che colpisce molto è la forma con cui questa vicenda è raccontata, dato che ricalca molto bene le puntate delle trasmissioni che sono oggi visibili alla televisione. Ciò impedisce al regista di effettuare riprese virtuosistiche o avere una regia ricercata, ma conferisce alla pellicola un realismo inquietante. Questo aspetto viene amplificato dal fatto che la società in cui è ambientata tutta la vicenda assomiglia in tutto e per tutto a quella attuale. Non sembrano quindi presenti realtà distopiche o oppressive. Le persone sembrano accettare di buon grado questa pratica barbara e non cercano in alcun modo di violare le regole imposte, anche se facendo ciò potrebbero salvare un loro caro. Il fatto di non poter spiegare, per via della scelta stilistica, le condizioni che hanno portato a quella situazione è un'arma a doppio taglio: da un lato contribuisce a rendere quella realtà simile alla nostra e può far immaginare qualsiasi ipotesi allo spettatore, ma dall'altro aspetto rischia di non far cogliere il marcio presente nella società descritta e potrebbe far perdere plausibilità alla storia. Ovviamente tutto il film è un'aperta provocazione e critica alla società odierna, narcotizzata dalla televisione, che viene vista come un ambiente barbaro e senza alcuna morale. La mentalità della popolazione è così distorta da considerare giusti gli omicidi nel programma, mentre vengono condannati gli omicidi compiuti al di fuori, come se fossero meno gravi. La differenza fra quella televisione e la nostra sta solo nel fatto che la spettacolarizzazione è estremizzata per poter rendere maggiormente l'idea del degrado in cui stiamo già vivendo. La regia è composta quasi unicamente da telecamere a mano che riprendono le situazioni in continuo movimento, come accade nelle trasmissioni citate. Questo impedisce di avere riprese eccezionali, ma tutto si mantiene su un buon livello. La fotografia e il montaggio sono buoni, con l'inserimento di intermezzi e anticipazioni, per rendere più credibile la veste di puntata televisiva. La colonna sonora non è niente di eccezionale e viene inserita in scene strappalacrime e molto ruffiane. Per fortuna che, essendo inserite in questo contesto, non assumono la loro classica veste, ma vanno a colpire la ricerca dell'emozione facile da parte dei media. Interessante è l'inserimento di ricostruzioni di parti "non filmate" recitate da attori diversi da quelli veri. Questa scelta mina alla base il concetto di TV verità e mostra come le cose trasmesse rappresentino una realtà creata ad hoc per fare piacere allo spettatore. Purtroppo non tutto funziona alla perfezione, dato che non tutti i personaggi sono ben approfonditi e risulta a volte difficile per lo spettatore provare interesse sulla sorte di alcuni concorrenti. I protagonisti, invece, sono caratterizzati abbastanza bene e nel complesso il cast dà delle prove attoriali discrete. Oltre a ciò purtroppo non sempre la tensione è mantenuta bene e si ha alcuni momenti meno efficaci. Nel complesso, nonostante le critiche portate avanti non siano del tutto innovative, il film riesce a creare una buona atmosfera e una buona empatia con alcuni personaggi, oltre a rappresentare in maniera innovativa e realistica una società e una situazione estreme che riescono a far riflettere.