sabato 30 novembre 2013

The Dentist (1996) di Brian Yuzna


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Bell'horror che mette in scena egregiamente situazioni disturbanti, non rinunciando a criticare la società in maniera velata. Il protagonista della pellicola è un dentista maniaco dell'igiene e della precisione che, una volta scoperto il tradimento della moglie, impazzisce e inizia a distruggere le bocche dei propri pazienti. La storia prosegue in maniera lineare, ma molto interessante, dato che suscita bene la curiosità su come si evolverà la vicenda. Lo spettatore verrà calato nelle visioni del medico e nelle sue fissazioni, grazie anche alla regia che, dando importanza ad avvenimenti non gravi, fa capire come lui sia una persona disturbata. Il protagonista, dopo aver visto rompere il suo idillio familiare, inizia a vedere il marciume nella bocca dei pazienti e, non credendo che dallo sporco ci sia recupero, inizia a distruggere. Dietro questo aspetto è possibile vedere una critica alle famiglie borghesi e alla società americana, dato che entrambi nascondono (o fingono di non vedere), dietro una patina di onestà e perbenismo, molto più marcio di quanto vogliano ammettere. Una altra critica più diretta viene portata avanti dal personaggio del finanziere, che è corrotto e usa il suo potere per sopraffare gli altri. La regia è ben fatta ed è molto curata, così come la fotografia che è caratterizzata da colori freddi accesi e luminosi. Fra le sequenze più pregevoli ci sono quelle in cui lui ha le visioni e quelle dell'interno bocca. Quest'ultime scene, essendo fatte a mano senza l'ausilio del computer, hanno un impatto emotivo molto forte e risultano ancora oggi disturbanti e pesanti da vedere. Sono presenti anche molte inquadrature sghembe che danno un forte senso destabilizzante durante il film. Gli attori recitano bene, anche se il migliore è il dentista che riesce a passare con convinzione da fasi normali a fasi di pazzia pura. Lui è anche il personaggio più approfondito, mentre gli altri risultano più superficiali. Il ritmo si mantiene abbastanza alto e non ci sono cali in nessuna sequenza. Anche il finale è ottimo, con lui che si ritrova suo malgrado a passare da carnefice a "vittima". Nel complesso quindi questo è un horror fatto molto bene, che ancora oggi non ha perso la sua forza visiva e si è meritato giustamente il titolo di cult.

Monty Python e il Sacro Graal (1974) di Terry Gilliam e Terry Jones


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Grande film comico che prende in giro le gesta di Re Artù. La storia si occupa della ricerca del sacro Graal da parte di Re Artù e dei suoi cavalieri. In una prima fase, il sovrano sarà alla ricerca di valorosi guerrieri che si uniscano a lui, dopodiché, attraverso una chiamata divina (in una scena esilarante con Dio), partirà per compiere la sua missione. Il film, nonostante segua un filo conduttore, sembra mantenere una certa separazione fra le sequenze, le quali hanno come protagonista sia l'intero gruppo, sia i singoli membri. Moltissime sono le scene divertenti, dalla scelta di far fare il rumore dei cavalli con delle noci di cocco sbattute fra loro, al lancio di animali come difesa del castello. Ogni trovata comica avrà un suo perchè e sarà sviluppata benissimo grazie ad un ottimo comparto tecnico e ad un'ottima performance degli attori, che sono maestri della comicità. La messa in scena e la fotografia, nonostante la leggerezza del film, sono molto curate e non verrà mai meno l'atmosfera creata nelle scene. La regia è ottima e riesce ad aiutare le gag a funzionare al meglio. Anche il comparto sonoro è di prim'ordine, con canzoni convincenti e momenti musicali di una comicità unica. La sequenza all'interno del castello di Camelot è entrata di diritto fra le mie scene comiche preferite. Molto interessante è stato l'inserimento, fra le parti filmate, di intermezzi disegnati che raccontano quello che accade fra le scene dal vivo. In conclusione, questo è un'opera da non farsi sfuggire per via di tempi comici perfetti, battute ottime, trovate visive molto belle e una cura tale da renderla una pietra miliare della comicità filmica.

giovedì 28 novembre 2013

Tideland - Il mondo capovolto (2005) di Terry Gilliam


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Gran bella favola ambientata nella realtà. Le vicende raccontate riguardano il trasferimento, dopo la morte della madre, di una bambina e di suo padre nella casa della nonna paterna. Questa famiglia non è normale, dato che i genitori sono dei tossici e la bambina aiuta il padre a farsi di eroina. Dopo l'arrivo dei due nella casa di campagna, anche l'unico genitore rimasto morirà di overdose, lasciando la figlia sola. Per sua fortuna incontrerà due strambi vicini con cui interagire e per sostentarsi. Sebbene la trama sia molto tragica, sia per gli sviluppi finora raccontati, sia per quelli futuri, non viene avvertita durante la pellicola un'aria pesante o triste. La caratteristica che rende, infatti, questo film atipico è nel fatto che tutti gli avvenimenti vengano visti dal punto di vista della bambina. Ciò porterà a vivere ogni cosa con molta innocenza, come se fosse una favola. La storia infatti si sviluppa e viene mostrata con i toni tipici dei film fantastici, pur non mostrando mai avvenimenti irreali. Nonostante questo, non tutto risulta molto plausibile e sono presenti fatti inspiegati o che possono apparire inverosimili. Lo sviluppo del film, però, fa in modo che chi guarda non dia peso a questi aspetti, dato che viene creata un'atmosfera che riesce ad immergere molto bene lo spettatore nella vicenda. La regia è splendida ed elegante, con una telecamera in continuo movimento e con un uso massiccio di inquadrature sghembe, che danno un forte senso di straniamento. Le inquadrature giocheranno molto con la prospettiva e saranno spesso sviluppate in profondità, cosa che dà all'ambiente un tono vagamente disturbante. Anche la fotografia è ottima sia negli interni che negli esterni riuscendo ad avere sempre inquadrature dettagliate e visivamente convincenti. Tutta la messa in scena sembra sia fatta per far vedere un film fantastico (perfino la colonne sonora è tipica di quel genere), quando in realtà ogni avvenimento accade in un ambiente reale, che ha le sue dinamiche e le sue regole di causa-effetto. Gli attori recitano in maniera molto convincente, anche se la migliore è indubbiamente la protagonista, che riesce a rendere ottimamente il suo personaggio. I comprimari sono tutti volutamente sopra le righe e nessuno di loro è un essere umano normale, ma vivono tutti in una loro dimensione. Tutte le caratteristiche che rendono i personaggi strambi e favoleggianti hanno comunque radici reali, dato che la donna ha quei comportamenti perché non accetta la morte dei suoi cari e attende il loro risveglio, mentre il ragazzo ha turbe psichiche e problemi cerebrali. Una cosa molto interessante è il tono con cui vengono descritti gli avvenimenti tragici e scabrosi. Essi infatti vengono mostrati senza filtri, ma con un punto di vista senza pregiudizi che porta a vederli con più leggerezza. Perfino la "relazione" fra la bambina e il ragazzo viene mostrata senza morbosità e non risulta immorale come potrebbe apparire in un contesto più serio. Purtroppo il film non riesce sempre a mantenere un ritmo ottimo, ma sembra avere dei piccoli cali verso metà. Questa è un'opera/favola molto bella, ma essendo atipica non convincerà tutti, anche se riesce nel difficile compito di unire toni leggeri a realtà difficili e tragiche, facendo entrare perfettamente lo spettatore nell'ottica della pellicola e facendolo immergere nel suo mondo, che è come il nostro, ma visto con lo sguardo puro e innocente di una bambina.

Terrore nello spazio (1965) di Mario Bava

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Bellissimo film di fantascienza con tinte horror. La storia racconta di un'astronave che, dopo aver perso i contatti con un'altra spedizione, si troverà attratta, con un campo gravitazionale, ad un pianeta deserto. Appena atterrati, la maggior parte dell'equipaggio verrà colto da una furia omicida, dalla durata di pochi minuti, che li porterà ad attaccarsi fra loro. Da questo punto in poi i personaggi cercheranno di riparare la nave per ripartire e indagheranno sulla natura di quella forza gravitazionale e sulla scomparsa dell'altro equipaggio. La trama è sviluppata molto bene, con colpi di scena e rivelazioni calibrate ottimamente che riescono a rendere il racconto scorrevole e interessante. La scelta di inserire anche situazioni tipiche dell'horror è stata una trovata ottima, dato che rende molto più emozionante la pellicola. La regia è perfetta, con movimenti di macchina e inquadrature sempre curate e mai a vanvera. Anche la fotografia è ben fatta, grazie anche ad una messa in scena ispirata e di buon impatto che, anche se alcuni ambienti possono sembrare un po' spogli, risulta comunque credibile e non dà il senso di sciatteria o trascuratezza. La scelta di utilizzare molto la nebbia rende tutta l'ambientazione molto minacciosa, come se potesse riservare un pericolo dietro ogni angolo. Una cosa che ho notato è che vengono spesso usati zoom e inquadrature che ho trovato caratteristici nei film horror più che in quelli di fantascienza, a dimostrazione dell'unione dei due generi. Gli attori recitano bene, rendendo adeguatamente la differenza fra le due condizioni che si trovano ad interpretare. Questo è ovviamente aiutato da un buon lavoro di scrittura che, pur non caratterizzando approfonditamente ogni personaggio, riesce a rendere interessanti i protagonisti e a rendere indimenticabili i pochi momenti di contatto con l'altra entità, che riesce a rimanere impressa con poche righe di dialogo. Molto interessante è la scelta di non rendere i cattivi delle macchiette, ma farli essere non del tutto malvagi dato che stanno combattendo unicamente per la loro sopravvivenza, cosa che, come viene spiegato, avrebbero fatto anche i protagonisti. Questo è un grande film di fantascienza che, con una messa in scena ispirata e di qualità, riesce ad unire benissimo atmosfere tipiche del genere con quelle horror, portando avanti una trama fino al bellissimo finale che rende quest'opera imperdibile.

Il volto di un'altra (2012) di Pappi Corsicato

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Interessante film che critica, con uno stile ispirato, l'apparire, il mondo televisivo e il desiderio di fama. La vicenda si sviluppa intorno all'incidente che ha una conduttrice televisiva (Bella), nel quale sembra che sia rimasta sfigurata. Ad operarla dovrà pensarci il marito (Renè), primario e proprietario di una clinica di chirurgia estetica. Lui ha un piano in serbo per lei per farla tornare ai fasti di un tempo e per intascare i soldi dell'assicurazione, con cui ripianare i debiti della clinica. La storia segue un andamento abbastanza lineare ma, nonostante segua una linea narrativa non innovativa, riesce a proporsi in una veste interessante che non fa sopraggiungere il senso di già visto. La pellicola si muove su binari tendenti al favolistico, con una messa in scena lievemente sopra le righe che tende a rappresentare una realtà con toni leggeri nonostante i temi trattati siano abbastanza seri. L'ambientazione è ciò che, più delle vicende dei protagonisti, mette in luce le cose contro cui si scaglia il regista. Ad esempio, i pazienti della clinica sono persone alla continua ricerca di un aspetto perfetto, non volendo cedere ai segni dell'età ed essi vengono rappresentati, ad inizio film, come degli zombi o dei moderni mostri di Frankenstein che vengono "ricostruiti" sia nel corpo che nell'identità da parte del primario/Frankenstein. Tale parallelismo è reso immediato dalla scelta di fare in bianco e nero le operazioni, creando una sala operatoria dalle atmosfere vagamente orrorifiche. Un'altra critica portata avanti attraverso elementi di contorno è quella legata alle persone che si accampano fuori della clinica per seguire gli sviluppi della degenza di Bella, così da diventare anche loro parte della notizia grazie alla luce riflessa dalla VIP. Queste sono viste in maniera dispregiativa dal regista, che le mostra prive di un'identità propria, che le porta ad inserirsi nelle vite altrui. Ciò è visibile anche attraverso l'uso che viene fatto delle maschere di Bella da parte di questa gente, che potrà così identificarsi ancora di più con lei. La linea narrativa principale porta invece avanti una critica al mondo dello spettacolo, visto come popolato da arrivisti senza scrupoli che non presentano alcuna morale. La regia l'ho trovata buona, con delle trovate visive intelligenti, che rendono il film moderno nonostante tenda a richiamare le atmosfere dei film anni 40. Un grande aiuto in tal senso viene dalla bella colonna sonora che ricorda molto quelle delle pellicole dell'anteguerra. Sono numerose anche le citazioni ad altri film facenti parte dei generi più disparati. Anche la fotografia è ben studiata e ispirata nelle inquadrature, anche se alcune sequenze sono meno riuscite, come ad esempio quella del secondo sogno, che sembra realizzato in maniera non ottimale. I personaggi sono tutti ben caratterizzati, anche se non sono molto realistici nei loro comportamenti, così da mantenere il tono favolistico della pellicola. Gli attori recitano di conseguenza, anche se non danno prove attoriali eccelse. Molti di loro non verranno approfonditi molto, ma verranno sfruttati unicamente per le loro caratteristiche più superficiali. Gli unici tre personaggi che hanno una struttura più complessa sono i due coniugi e il capo della manutenzione, dato che i primi avranno un rapporto dominato/dominatrice con il marito che tenterà di prendere il posto della moglie essendo invidioso della sua visibilità, mentre il terzo inizierà come persona onesta che poi, di fronte al guadagno, abbandonerà i suoi amici, anche lui alla ricerca della fama. Il finale è emblematico e dissacrante, rappresentate il fatto che tutti i difetti e le colpe che uno tenta di nascondere tornano a galla e vanno a macchiare ancor più vistosamente la persona. Una cosa che non ho capito molto nella storia è l'utilità che ha avuto l'inserimento di un asteroide che minaccia di colpire la Terra ai fini della trama, dato che non aiuta in alcun modo le tesi portate avanti e conferisce alla scena finale, un tono trash che stona un po' con il resto della pellicola. Quindi quest'opera è stata una piacevole sorpresa (non una pietra miliare), dato che riesce ad essere visivamente interessante e non banale, oltre a mandare buoni spunti di riflessione (a volte un po' abusati) con un tono leggero, che permette di avere una visione più critica rispetto ai toni più seri che vengono generalmente usati.

domenica 24 novembre 2013

L'ultima tentazione di Cristo (1988) di Martin Scorsese


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Stupendo film su Gesù, che rivisita la sua storia donandoci una figura molto più umana. La trama segue le vicende di Gesù nei suoi ultimi anni di vita, da quando capisce che si dovrà sacrificare per il bene dell'umanità. Nonostante la vicenda sia nota, ci viene presentato un uomo pieno di dubbi, che non crede fino in fondo nella sua missione e si troverà più volte sul punto di mollare tutto per vivere una vita normale. La trama si sviluppa molto bene e rende ben approfonditi i cambiamenti di idee che ha il protagonista. Tutto ci viene presentato con molta grazia e senza quell'epicità e quella retorica che poteva rischiare di far scadere tutto. Nonostante tutta la pellicola abbia come centro portante le vicende del messia, c'è da notare come sia stato fatto un lavoro eccellente nella caratterizzazione dei comprimari. Molti di loro sono stati approfonditi a seconda della loro importanza ai fini della storia e la scelta di mostrare Giuda come il discepolo più legato a Gesù, invece di presentarlo come un traditore, ribalta la concezione comune sulla vicenda e dà una nuova chiave di lettura in cui sembra apparire come uno degli artefici più importanti per il compimento della missione. Giuda interpreterà più volte ruoli fondamentali nella trama ed aiuterà molto Gesù nel suo lungo cammino, ponendosi spesso come rivale intellettuale e filosofico. Viene meno anche la storia del tradimento, dato che è lo stesso figlio di Dio ad ordinargli di tradirlo e ciò porta a vedere il personaggio sotto un'altra luce. Il protagonista è sviluppato benissimo e viene rappresentato come un uomo buono, molto insicuro che riuscirà piano piano ad acquisire fiducia in se stesso e ad accettare di rinunciare alla sua vita pur di fare del bene agli altri. Durante questo percorso lui verrà molte volte tentato dal diavolo che gli proporrà potere, tenterà di fargli pensare solo a se stesso e, successivamente, proverà a farlo sentire superiore agli uomini, così da corromperlo. Questi incontri con il demonio avverranno in scene visivamente molto belle in cui il maligno è rappresentato con varie vesti a seconda del tipo di tentazione. Il comparto tecnico della pellicola è eccezionale, come è visibile nella maggior parte delle scene che sono molto belle ed evocative. Anche la messa in scena è molto curata, sia dal punto di vista dei costumi, che delle location. La regia e la sceneggiatura sono riuscite a sviluppare un racconto non facile in maniera ottima intessendo una serie di situazioni che fanno mantenere alta l'empatia e l'interesse dello spettatore. Anche la fotografia è ottima, presentando inquadrature di paesaggi o di interni molto curate e belle. La colonna sonora si assesta invece su buoni livelli, pur non brillando per originalità. Gli interpreti fanno egregiamente il loro lavoro e risulta impossibile portare una qualsiasi critica alle loro performance, anche se una menzione d'onore va a Keitel e Dafoe che sono sensazionali. Una parte molto interessante del film è quella in cui Gesù scende dalla croce guidato da ciò che lui pensa essere un angelo. Queste scene mostrano il più grande cedimento del personaggio, che in cuor suo sa di sbagliare, ma dovrà attendere le parole di Guida e la rappresentazione (ottima) dell'inferno in terra prima di rinsavire. Questa è un'opera stupenda, forse la migliore del suo genere, e riesce a dare un quadro innovativo della storia andando ad analizzare l'umanità che c'è dietro Gesù riuscendo a far capire benissimo il sacrificio che ha dovuto sopportare.

La passione di Cristo (2004) di Mel Gibson


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Scadente film sulla passione di Gesù troppo carico di retorica e pomposità. La storia che viene rappresentata nella pellicola è la via crucis. Vengono qui ripresi in maniera storicamente precisa le varie fasi che hanno portato alla resurrezione del messia, senza apportare nessuna modifica. Questa è secondo me una scelta a doppio taglio perché, nonostante possa far piacere a chi ha letto il vangelo rivedere per filo e per segno la vicenda, mostra l'inutilità dell'opera dal punto di vista dell'analisi, dato che non apporta nulla di nuovo ad un genere che con L'ultima tentazione di Cristo era stato già sviscerato a dovere. Tutto ciò passerebbe in parte in secondo piano se ci fosse stato un comparto tecnico ottimo o una rappresentazione visivamente eccellente. Purtroppo così non è stato. La messa in scena e i costumi sono indubbiamente ben fatti e pure la fotografia ha dei momenti in cui è ispirata. I problemi principali sono il tono con cui è stata raccontata la storia e un livello tecnico mediocre. La regia è di scarso livello, sono presenti delle scene girate molto male, come la cattura di Gesù, dove la lotta è filmata in maniera molto confusionaria, non facendo capire nulla. Inoltre la scelta di riempire fino alla nausea il film di ralenti per dare pathos alle scene, l'ho trovata un vero e proprio suicidio artistico. Va bene dare più risalto ad alcuni momenti, ma in questo caso vengono rallentati anche gesti insignificanti. Ciò dimostra indubbiamente una scarsa capacità del regista, che non riesce ad emozionare senza l'utilizzo di questi trucchetti ruffiani. Senza rallentamenti la durata dell'opera sarebbe ridotta di molto! Inoltre sono presenti inesattezze nella vicenda che non trovano spiegazione (dove poggia la croce quando la ribaltano?? perché ribaltarla?). Il montaggio non è male e riesce ad essere convincente in alcune scene, mentre la colonna sonora sa di già sentito e non è niente di eccezionale. I personaggi sono sviluppati malissimo dato che, eccetto Gesù, nessuno ha un minimo di spessore, ma sono mostrati solo come spettatori del massacro con le loro faccette schifate o dispiaciute. Il diavolo è indubbiamente la figura peggio sfruttata visto che non combina nulla per tutto il film, tranne tormentare Giuda e assistere alla via crucis come spettatore. Anche dal punto di vista estetico, il maligno poteva essere più curato, al contrario dei demonietti che sono ben fatti. Gli attori non danno prove molto convincenti, dato che sono tutti un po' sopra le righe nelle espressioni e nei comportamenti. Alcune recitazioni sono veramente pessime (vedi la Bellucci) e fanno in modo che anche lo spettatore subisca una vera e propria tortura. Un'altra scelta che ho trovato molto stupida è quella di far parlare gli interpreti nelle lingue antiche: tutto ciò non ha alcun senso, secondo me, ed è solo un trucchetto per dare un'aura più intellettuale al film. Solitamente almeno una lingua è resa comprensibile al pubblico, sennò in tutti i film ambientati nel passato o nel futuro dovrebbero esserci le lingue originali. Per quanto riguarda il capitolo della violenza, c'è da dire che è fatta molto bene e con dei begli effetti speciali, solo che è talmente esagerata e ruffiana da stonare totalmente col contesto e con la vicenda raccontata. Ogni scena viene usata unicamente per dare spunti ai carcerieri per infierire sul corpo di Gesù, senza che questo abbia alcuna valenza ai fini del messaggio della storia. La ripetizione continua di queste sequenze fanno calare troppo il ritmo e fanno provare un forte senso di noia, invece di empatizzare col protagonista. Le difficoltà che quest'ultimo deve sopportare sono unicamente di tipo fisico/dolore, invece ne L'ultima tentazione di Cristo sono presentati dilemmi più filosofici ed esistenziali. L'altro quindi ha trovato una chiave di lettura molto più matura ed efficace, per comprendere il suo sacrificio. Ciò che rimane è un film di scarso valore che riesce a farsi ricordare solo per la violenza, invece che per il messaggio del messia, e non bastano alcune rapide scene della sua vita (scollegate da qualsiasi contesto) per risollevare un'opera dal livello tecnico mediocre ed una visione della vicenda molto superficiale e per nulla innovativa.

sabato 23 novembre 2013

Venere in pelliccia (2013) di Roman Polanski

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Venere in pelliccia racconta dell'audizione di una donna con il regista che ha adattato l'omonima opera per il teatro. Durante il provino fra i due nascerà un rapporto mutevole e i confini fra la realtà e la pièce teatrale si faranno molto sottili. Mettere in scena un film di questo tipo è molto difficile, dato che sono presenti in scena unicamente due attori che dialogano incessantemente fra loro. Pochi registi/sceneggiatori sarebbero riusciti a rendere la storia così accattivante, ritmata e con un'atmosfera unica fortemente carica di erotismo. Una buona parte del merito va indubbiamente ai due interpreti che sono riusciti a dare delle performance incredibilmente credibili e hanno scatenato fra loro un'alchimia palpabile. La regia è eccezionale, dato che evita di rimanere statica, ma riesce a non rendere il film troppo lento e riesce a mantene appassionante la vicenda. Un grande merito, come già scritto, va indubbiamente al lavoro di sceneggiatura che ha partorito dialoghi ottimi che si sono fusi perfettamente con la parti tratte dall'opera originale. La messa in scena è molto spoglia, dato che tutto si svolge su un palco di teatro, ma non mi ha mai dato la sensazione di vuoto, dato che i due personaggi, grazie alle loro performance e ad un ottimo comparto tecnico fanno immergere lo spettatore nelle scene che vengono provate. Anche la scelta di far sentire i rumori degli oggetti non presenti sulla scena (tazzina del caffè, contratto) l'ho trovata una scelta molto intelligente per migliorare ulteriormente l'atmosfera creata. Una cosa che ho trovato molto interessante è come si evolve e si sviluppa il rapporto fra i due attori: in una prima fase lui dirige lei per provare le varie parti, poi man mano che la storia va avanti i due entreranno talmente tanto nel personaggio da far diventare lei dominatrice e lui sottomesso. Un passaggio simbolico che indica l'impersonificazione quasi totale dei due con i personaggi è quando Vanda chiamerà Thomas con il suo vero nome pure durante la prova delle scene e il passaggio definitivo fra dominato e dominatore è simboleggiato dal passaggio del collare. La bellezza della pellicola sta anche nel personaggio di Vanda, dato che sembra essere l'impersonificazione di Venere che nel finale perde tutta la sua umanità e parte della sua carica erotica. Lei servirà a far analizzare a Thomas la sua sessualità e la sua vita facendoli capire come lui si trattenga per evitare di mostrare il suo vero io. Questa vicenda, infatti, lo porterà a mettere alla berlina la sua vera natura e il suo piacere nell'essere sottomesso, come è facilmente visibile nello scambio di parti che avviene fra i due, così da far rimanere lui il dominato. In conclusione questo è un ottimo film, molto intellettuale, che analizza attraverso una struttura a scatole cinesi, la sessualità e la capacità di ognuno di accettarsi per quello che è. Tutto ciò è reso possibile grazie alla grande prova di tutti quelli che hanno preso parte al progetto, riuscendo a rendere cinematografico un qualcosa che non lo era e raggiungendo un risultato eccellente, che ha al suo interno molte chiavi di lettura e molti spunti di riflessione.

À l'intérieur (2007) di Alexandre Bustillo e Julien Maury

 

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Bel film horror, dalle ottime atmosfere. Ciò che è raccontato in questa pellicola è la lotta che si scatena fra due donne, apparentemente senza alcun motivo. La storia è ambientata quasi unicamente nella casa di Sarah, il giorno prima del suo parto, in cui entrerà una donna che vuole farle del male. Inizierà quindi uno scontro fra le due che coinvolgerà anche altre persone care alla vittima. La regia è buona e riesce a creare benissimo la tensione e a fare paura durante il film. Molto bella è la scelta di far vedere alcuni spostamenti in casa attraverso l'accensione delle luci alle finestre e quella di inserire alcune allucinazioni ad inizio film che fanno subito entrare nel mood giusto. La fotografia è ben fatta e sceglie di dare una distinzione netta fra gli ambienti esterni, rappresentati con colori freddi per dare un senso di insicurezza ed estraneità, e gli ambienti interni alla casa, rappresentati con colori molto caldi che trasmettono sicurezza. Inoltre è presente una buona cura nella composizione delle inquadrature. Il montaggio è molto interessante dato che è funzionale alla storia e, con l'aggiunta di momenti iperaccellerati dà quel qualcosa in più rispetto alla media. Il comparto sonoro è eccezionale e raramente capita di vedere una colonna sonora sfruttata così bene per aggiungere trasporto emotivo alla narrazione. Le musiche elettroniche danno un senso molto straniante. Sono comunque presenti alcune inquadrature che stonano un po' nelle scene e sono quelle che fanno vedere il bambino dentro la pancia della madre. Non sembrano molto curate e non aggiungono nulla alla narrazione. Questa pellicola punta molto sull'impatto visivo ed, infatti, sono presenti molte scene forti e violente fatte con effetti speciali ben fatti. Dato che tutto si ambienta durante le rivolte del 2005 scatenatesi a Parigi, è possibile tracciare un parallelismo fra le gesta della donna e quello dei manifestanti, visto che entrambi sono stati privati di un diritto, ma utilizzano una violenza eccessiva verso persone innocenti per riaverlo. L'unica parte in cui c'è un rovinoso calo di stile è quando SPOILER il poliziotto che sembrava morto di rialza ed inizia a menare tutti FINE SPOILER. Questa scena non ha alcun senso a fa perdere tutto il pathos accumulato nelle sequenze precedenti. Veramente imperdonabile (mi ha ricordato l'orribile finale di Alta tensione). Per fortuna il finale risolleva un po' la situazione, dato che è molto bello e fotografato bene. Nel complesso quindi questo rimane un horror valido, che farà provare paura e disgusto, grazie ad un comparto tecnico di spessore e ad un cattivo degno di questo nome.

giovedì 21 novembre 2013

Cani sciolti (2013) di Baltasar Kormàkur

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Mediocre buddy movie, che riesce riproporre in maniera discreta meccaniche abusate, eliminando inutili buonismi e non risparmiando qualche frecciata, un po' qualunquista, ai militari statunitensi. La trama vede come protagonisti un agente della DEA e un ex-membro della marina, che compiono una rapina in una banca per incastrare un boss della droga. Purtroppo per loro il malloppo avrà dei proprietari insospettabili e ciò li porterà a vedersela con dei narcotrafficanti e con delle agenzie governative. Tutta la storia è strutturata abbastanza bene, anche se alcuni punti potevano essere resi in maniera più credibile e meno forzata. I punti di forza della linea narrativa sono la mancanza di alcuni cliché che avrebbero dato un eccessivo senso di déjà vu e la scelta di complicare la storia fino ad un livello accettabile, senza eccedere. La regia è buona, forse un po' tamarra, ma ha il merito di rendere tutte le sequenze comprensibili e mai confusionarie. La fotografia sfrutta molto i colori del Messico e degli Stati Uniti meridionali, anche se si rende complice di alcune inquadrature bruttine. Il montaggio è buono e riesce, insieme alla regia, a tenere un buon ritmo dall'inizio alla fine della pellicola. Alcune scelte purtroppo minano il comparto tecnico e fra queste è possibile indicare alcuni rallenty di troppo e uno stile registico pulito ma un po' anonimo. I protagonisti sono scritti decentemente e hanno una personalità ben caratterizzata (anche se ricorda personaggi più illustri), mentre i cattivi sono troppo stereotipati e sembrano delle macchiette. Gli attori danno una prova buona, anche se Wahlberg e Washington sono un po' troppo carichi e sopra le righe. Il film non manca anche di portare avanti alcune critiche alle società governative americane che vengono viste più interessati all'immagine, più che alla legalità, oltre ad essere rappresentate come bacino di cellule illegali. Viene anche posta una critica (più superficiale) alla condizione di odio in cui vivono i messicani che tentano di varcare il confine. Purtroppo queste critiche sono molto qualunquiste e in alcuni punti vengono trattate con eccessiva leggerezza tematiche serie, come la tortura, banalizzandole un po' troppo. Ciò fa scadere in parte il lavoro di scrittura fatto. Un altro problema del film, che gli impedisce di raggiungere un livello buono, è la totale implausibilità di alcune sequenze (ingresso nella base, conflitto finale) dove risulta difficile credere che due soli uomini possano fare determinate cose così facilmente. Nel complesso rimane una pellicola senza guizzi, facilmente dimenticabile, con alcune sequenze ben fatte e che ha alcuni momenti divertenti, pur prendendosi un po' troppo sul serio e sfoggiando un troppa tamarraggine.

Casinò (1995) di Martin Scorsese

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Ottimo film sulla malavita e su come la brama di potere distrugga le persone. Il protagonista è un ottimo scommettitore a cui viene affidata, dalla mafia, la gestione di uno dei loro casinò a Las Vegas. La pellicola percorre tutta la sua carriera dall'inizio alla fine facendo vedere i rapporti che crea con le alte sfere e quelli che continua a tenere con le persone che lo circondano. Tutta la vicenda è fantastica, con trovate narrative ottime che compongono una storia senza buchi di sceneggiatura, che prosegue precisa e con un ritmo elevato che è perfetto per il tipo di film. La regia è ottima, con dei piani sequenza da manuale e delle inquadrature curatissime. La telecamera si muove sempre con un'eleganza rara negli ambienti, tanto da far pensare ad una danza. La fotografia e il montaggio non sono da meno dato che riescono a creare delle inquadrature e delle sequenze visivamente ottime per tutta l'opera, senza apparenti cali. I personaggi sono scritti molto bene e, grazie all'ottimo cast, risultano molto credibili in quello che fanno e nelle scelte che prendono. Viene, durante la storia, mostrata la corruzione presente a tutti i livelli, con una politica composta da approfittatori che ricercano continuamente il vantaggio personale a qualsiasi costo. Il film mostra protagonisti in cerca di riscatto e che, per volere troppo, riescono a perdere tutto. Anche i casinò vengono visti con un occhio molto critico come se fossero il ricettacolo di tutti i vizi umani e posti in cui far prosperare la criminalità organizzata. Vengono, inoltre, mostrati con la loro vera faccia, cioè come trappole mangiasoldi che vanno ad arricchire unicamente i loro proprietari. Perfino quando la malavita verrà espulsa dal sistema, non sembra sopraggiungere alcun cambiamento in quella realtà, come se fosse per natura al limite della legalità e della moralità. Viene immediato  anche il parallelismo con il capitalismo sfrenato, che credo sia voluto dal regista. La colonna sonora è molto bella e sono presenti molte musiche tipiche dei club di Las Vegas. Questa è un'opera bellissima che non presenta alcuna sbavatura e, nonostante la lunghezza, riesce ad appassionare moltissimo e riesce a rimanere scolpita nella mente dello spettatore per moltissimo tempo. Eccezionale.

Una sull'altra (1969) di Lucio Fulci


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Grande film targato Fulci. Il protagonista della storia è il proprietario di una clinica che è sposato ed ha un'amante. Un giorno sua moglie, che era asmatica, muore e lui incasserà il premio dell'assicurazione sulla vita. Un giorno, però, l'incontro con una spogliarellista identica alla defunta porterà la polizia ad indagare a fondo e lui verrà accusato dell'omicidio della moglie, nonostante il pover'uomo si dichiari innocente. La trama, nonostante abbia un intreccio complesso, è orchestrata e scritta molto bene e riesce a non avere falle degne di nota. Fin da subito è possibile notare i numerosi riferimenti a La donna che visse due volte, utilizzando il doppio come tema portante, senza risultare una banale copia. La regia è splendida, con scene molto innovative dal punto di vista visivo e con un'orchestrazione perfetta della linea narrativa che riesce a rendere tutto il racconto chiaro ed interessante. La tensione e la curiosità sono tenute vive per tutta la durata della pellicola, cosa che con una trama classica come questa non era facile. La scelta di interrompere la narrazione nel punto di maggior suspense, per passare ad un servizio televisivo che racconta gli eventi avvenuti successivamente, l'ho trovata geniale ed aggiunge ulteriore pathos alla sequenza. Altri elementi che caratterizzano la regia e la fotografia sono la grande cura nella composizione delle inquadrature, che sono visivamente molto belle, e l'uso notevole degli zoom in avanti che pongono l'interesse su dei punti in particolare o su dei primi piani. Alcune sequenze sono montate con split screen e sono visivamente ottime, oltre a dare la giusta atmosfera.  La colonna sonora ricorda in alcuni punti i film classici degli anni 50, mentre in altre sequenze sono presenti canzoni più moderne dai toni vagamente jazz e più adatte a dare tensione e trasmettere perversione alle scene. Gli attori fanno il loro dovere e riescono a rendere i loro personaggi molto credibili, aiutati da un'ottima caratterizzazione. Una cosa interessante è che è presente per tutta l'opera un'atmosfera carica di morte, che nelle scene più sensuali, si mescola con la carica erotica sprigionata dai movimenti degli attori. In definitiva, questo è un gran bel film, forse uno dei migliori di Fulci, che, con uno sguardo al passato, fa del grande intrattenimento grazie ad una messa in scena molto innovativa e curata, riuscendo a non far mai calare l'interesse dello spettatore che potrà anche vedere sequenze che sono un piacere per gli occhi.

lunedì 18 novembre 2013

Primer (2004) di Shane Carruth


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Interessante film di fantascienza messo in scena bene, ma che risulta un po' confusionario. I protagonisti della pellicola sono due ricercatori che, studiando un modo per ridurre il peso degli oggetti, scoprono accidentalmente come viaggiare nel tempo. Una volta fatta la scoperta utilizzeranno questo metodo per risolvere le loro questioni personali. Ciò che contraddistingue il film dagli altri con una trama simile è la messa in scena e lo stile che è stato adottato. VIene infatti ricercata sempre una forte plausibilità del contesto in cui andranno ad agire i personaggi, rendendo tutto il più realistico possibile. Anche il viaggio nel tempo non è identico a quelli classici: esso infatti permette solo di tornare nel passato e per poter tornare indietro di tot ore, richiede una permanenza nella macchina per lo stesso numero tot di ore. Il film, nonostante abbia un budget bassissimo, sembra sempre molto credibile e nessuna scena sembra soffrire la scarsità di mezzi. Tutto ciò ha portato ad una messa in scena minimale, che non si basa su effetti speciali, ma sulla creazione di un'atmosfera tale da non far sentire la mancanza di effetti visivi particolari. I personaggi sono molto pochi e solo i protagonisti avranno un ruolo preponderante nella pellicola, mentre i comprimari sono mostrati per una manciata di minuti. Ho trovato interessante il fatto che i due ricercatori sono rappresentati come anomalie e sembrino fuori da ogni linea temporale. Gli attori nel complesso recitano discretamente, anche se, per i motivi già citati, la maggior parte di essi non ha molte scene in cui farsi vedere. La colonna sonora e gli effetti sonori sono ben fatti e aiutano molto l'immersione dello spettatore. La regia è pulita e riesce a non rendere mai noioso il film, pur avendo una dose molto massiccia di dialoghi (molti dei quali di tipo tecnico), anche se ben scritti. Il montaggio è la componente che spicca di più, dato che viene effettuato in maniera atipica montando parti di scene in maniera non cronologica, come a voler dare maggior importanza e risalto al tempo. Questi effetti sono ben fatti e danno un buon ritmo alla narrazione, anche se a volte alcuni eccessi di virtuosismo fanno perdere forza al montaggio. La fotografia sfrutta molto la luce naturale e viene sfruttata spesso la luce del mattino o del tramonto durante le scene in esterna. Ciò che impedisce al film di diventare una perla è l'eccessiva complessità con cui è stato deciso di raccontare e sviluppare la trama nella parte finale. Sono presenti intrecci eccessivi fra le linee temporali che non aggiungono niente alla pellicola, ma anzi la peggiorano, e che non sono spiegati adeguatamente. Queste linee narrative sono esposte in maniera molto ermetica, spesso solo con dei dialoghi (forse per problemi di budget) e ciò rende difficile non perdere il filo del racconto e trovare una logica in alcune scelte. Sarebbe bastato semplificare un po' o raccontare meglio la storia per rende tutto comprensibilissimo. In definitiva, questa è una buona opera, che è confezionata con cura ed è messa in scena con un tono adeguato al tema, anche se la ricerca eccessiva della complessità sembra più un capriccio registico piuttosto che una necessità e ciò mina l'immersione e la fruizione.

sabato 16 novembre 2013

Lettere da Iwo Jima (2006) di Clint Eastwood


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Un grande film sulla guerra e, soprattutto, sugli uomini in guerra. La pellicola ricostruisce la battaglia di Iwo Jima, raccontando tutto attraverso gli occhi dei giapponesi. La trama è gestita magnificamente, con un ritmo perfetto, pur non essendo veloce come uno si potrebbe aspettare, e con un alto numero di scene di molto belle. La vicenda mostra uno scontro fra due popoli che viene vissuto dai giapponesi come una difesa della propria patria, spinti da un odio creato rappresentando il nemico come se fosse privo di pietà e di umanità. L'obiettivo principale dell'opera è quello di mostrare la guerra per quello che è: un massacro inutile che porta fuori il peggio degli uomini e che non può e non deve essere in alcun modo nobilitata, cosa che è possibile notare dalla totale mancanza di epicità nelle scene di combattimento. Le due fazioni vengono mostrate come speculari, con atti di inutile ferocia e azioni di umanità, con i soldati che si comportano alla stessa maniera e sperano le medesime cose, quale che sia il loro schieramento. Questa presa di posizione del regista impedisce allo spettatore di parteggiare per qualcuno. Viene spontaneo un senso di disgusto e di disprezzo verso l'atto della guerra, insieme alla speranza continua che le attività bellicose cessino il prima possibile per la salvaguardia di vite umane. Una cosa che ho molto apprezzato è il fatto che non venga data spettacolarizzazione alle morti, pur dando ad ogni uccisione il giusto peso. Altra scelta che ho apprezzato moltissimo e l'aver finalmente usato le diverse lingue in maniera adeguata: nel doppiaggio italiano è stato scelto di far capire la lingua dei giapponesi e di lasciare in inglese le conversazioni degli americani, dando così un quadro molto più interessante e ben fatto (credo sia così anche nella versione in lingua originale). Dal punto di vista tecnico il film è impeccabile, con una regia fenomenale, sia nelle scene in ambienti chiusi, in cui riescono ad emergere le personalità dei vari personaggi, sia durante le scene di guerra che sono rappresentate in maniera perfetta dal punto di vista visivo e stilistico con una messa in scena molto brutale e realistica. La fotografia è eccezionale, proponendoci inquadrature di rara bellezza con una predominanza di colori pallidi durante il periodo degli scontri, con il sangue che rimane di un colore rosso acceso, e nelle altre scene si hanno colori un po' più accesi. Gli attori recitano molto bene e danno ai loro personaggi una profondità unica, aiutati anche da una scrittura di alto livello dei dialoghi e delle personalità. Questo è un film imperdibile, uno dei migliori del suo genere e riesce a far provare forti emozioni durante tutta la sua durata, facendo capire come la guerra sia inumana e come ogni battaglia sia combattuta da persone molto simili qualsiasi sia la loro fazione.

venerdì 15 novembre 2013

Nickname: Enigmista (2005) di Jeff Wadlow


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Buon thriller/horror ambientato in un college. La storia parte dall'omicidio di una ragazza nel bosco vicino ad una scuola. Da tale avvenimento un gruppo di ragazzi creeranno un macabro gioco, facendo credere agli studenti che il killer sia all'interno dell'istituto. Purtroppo per i giovani organizzatori, l'omicida li contatterà via chat informandoli che li ucciderà presto. La storia è abbastanza interessante e dosa bene le rivelazioni e i colpi di scena, rimanendo appassionante per tutta la sua durata e mantenendo un ritmo crescente fino al finale che risulta essere convincente. Purtroppo alcune trovate nella trama sanno di già visto (la relazione amorosa col professore) e durante la pellicola sono presenti delle spiegazioni un po' troppo eccessive. Oltre a ciò c'è da dire che il piano messo in atto dall'assassino è un po' troppo meticoloso e si basa su un po' troppe reazioni casuali per poter essere credibile al 100%. Nel complesso resta comunque una storia molto interessante e che coinvolge lo spettatore. La regia è nella media, ma riesce comunque a creare tensione in alcune scene e a rendere chiara la vicenda. La fotografia sfrutta molto luci naturali o l'illuminazione elettrica, anche se tutto sembra eccessivamente patinato e pulito, minando molto la messa in scena. Anche i filtri usati durante le sequenze di immaginazione/flashback non è bellissimo e non rende le inquadrature molto piacevoli. La colonna sonora non è granché dato che si alternano pezzi rock bruttini a brani musicali strasentiti tipici del genere. I personaggi non sono molto approfonditi, anche se riescono a distinguersi l'uno dall'altro, grazie anche ad una caratterizzazione abbastanza stereotipata. Il personaggio scritto meglio è senza dubbio Dodger, la quale da sempre l'idea di essere una buona manipolatrice e di essere spietata. Gli attori non danno performance degne di nota, anche se il protagonista è quello che rimane più anonimo, sia come personalità, sia come espressività. In definitiva, ci troviamo di fronte ad un'opera discreta che riesce a divertire e ad appassionare, pur senza eccellere.

mercoledì 13 novembre 2013

Cube Zero (2004) di Ernie Barbarash


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Terzo episodio della saga di The Cube che non riesce ad aggiungere nulla di interessante, né a ricreare l'atmosfera del primo. La trama è pressoché la solita: un gruppo di persone sono inserite nel cubo e devono trovare una via d'uscita. Nel frattempo seguiamo anche le vicende degli operatori che manovrano le stanze, venendo a conoscenza di un po' di background della struttura. La storia sa di già visto e, alla terza iterazione della medesima formula, non emergono più le emozioni provate nel primo. Ciò rende la parte con le trappole, paradossalmente, quella meno interessante. La novità di far vedere la sala di controllo è una bella trovata, che poteva servire a diradare la nebbia che ha sempre avvolto le vicende finora narrate. Purtroppo queste sequenze sono mal sfruttate, dato che non aggiungono quasi nulla alla trama e non spiegano quasi nulla sull'origine del cubo. Le spiegazioni fornite in questa pellicola sul perché sia stato costruita tutta la struttura (esperimenti scientifici di qualche tipo) non appaiono molto logiche e i motivi che vengono fatti intuire non hanno alcun senso (se è per fare test sulle armi, perché farli passare per varie stanze? Perché chiedere a chi esce se crede in Dio?). Sarebbe risultato molto più corretto ed interessante non fornire mezze spiegazioni e scegliere una via più decisa: o far capire per bene cosa sta accadendo o continuare a lasciare tutto in sospeso, magari dando indizi interpretabili in mille modi. La regia è senza guizzi di sorta e non brilla per la sua bellezza, mentre la fotografia e la messa in scena sono copiate dal primo episodio. La colonna sonora non mi ha convinto, l'ho trovata poco azzeccata e non aiuta molto a creare la giusta atmosfera. Gli attori recitano in maniera mediocre grazie anche a dei personaggi scritti in maniera prevedibile e stereotipata, con il responsabile della struttura un po' troppo sopra le righe e un po' ridicolo per il contesto in cui è calato. La parte finale è indubbiamente la peggiore, dato che sono presenti scene senza senso o malfatte (come sconfiggono il soldato è quasi comico). Ci sono nel finale molti punti che non tornano e danno un senso di trascuratezza a questa parte. Una delle poche cose che si salvano del film sono le poche scene splatter che non sono fatte male e alcuni momenti dentro il cubo che ricordano pallidamente quelli di The Cube. In definitiva, un terzo capitolo che non aggiunge nessun elemento positivo alla ricetta presentata precedentemente e che non riesce ad eccellere in nessun campo sprecando così una buona occasione per sviluppare una saga con molte potenzialità.

Mean Streets - Domenica in chiesa, lunedì all'inferno (1973) di Martin Scorsese


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Film eccellente che mette in scena rapporti umani in un ambiente crudele e molto violento. La pellicola mette in scena i rapporti fra delle persone appartenenti alla criminalità di Little Italy, con un particolare interesse per quattro di loro i quali sono caratterizzati da un legame di amicizia più o meno profondo. Dal punto di vista tecnico, nonostante sia il secondo film di Scorsese, è possibile notare un livello di qualità molto alto. Le inquadrature riescono sempre a creare la giusta atmosfera nella scena e l'uso preponderante della steadicam nei luoghi chiusi fa immergere lo spettatore nella vicenda. Anche la fotografia e la messa in scena sono eccellenti, infatti vengono proposte ambientazioni e manifestazioni tipiche di quei luoghi ricostruite in maniera magistrale. La colonna sonora è molto buona con un utilizzo di brani pop che stridono con la cupezza delle situazioni presentate. I personaggi sono ben fatti e hanno un certo spessore, anche se il più approfondito è Charlie, nipote di un boss mafioso che cerca nella fede l'espiazione per le cattive azioni che compie vivendo in quell'ambiente. Questa sua voglia di espiazione sarà una delle cause che lo porterà a compromettersi per aiutare Johnny Boy, il quale è fortemente indebitato. Scorsese mostra un ambiente marcio, dove non è presente onestà in alcuna forma, grazie alla corruzione dilagante negli organi statali. Come verrà fatto notare in più scene, quest'ambiente è caratterizzato da un razzismo verso i neri talmente radicato da venire portato avanti anche per salvare le apparenze. Questo porterà Charlie, che non sembra razzista, a non sfruttare un'occasione per mettersi a collaborare con una nera per mettere in piedi un'attività per paura di farsi vedere a giro con uno di colore. Una cosa interessante è che i quattro protagonisti e altri personaggi non sono i classici gangster, ma sono in realtà dei criminali di poco conto, pronti ad arrivare a soluzioni violente per quantità di soldi non elevate. Questa è un'opera di altissimo livello che fornisce un quadro accuratissimo di quegli ambienti. Oltre a ciò, riesce a fare del grande cinema grazie ad un comparto tecnico ottimo, ad un trama appassionante e a delle trovate visive (ad esempio quando la telecamera è legata al corpo di Charlie e fa sì che lui rimanga fermo nell'inquadratura, mentre si muove solo lo sfondo) che riescono a dare sempre il tono necessario alle scene.

Top Secret! (1984) di Zucker - Abrahams - Zucker


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Un film geniale e uno dei migliori film comici che io abbia mai visto. La pellicola è ambientata durante la guerra fredda nella Germania Est e vedrà coinvolto Nick Rivers, un famoso cantante americano, in un complotto dei tedeschi a danno della flotta NATO. Tutto si basa sulla stessa comicità nonsense che ha reso celebri ed indimenticabili Una pallottola spuntata e L'aereo più pazzo del mondo. Non mancheranno quindi situazioni assurde molto divertenti, dove vengono presi in giro svariati generi (spionaggio, guerra, love story) inserendo quando possibile molte citazioni ad altri film. Raramente ho trovato una qualità media delle battute così alta che sono riuscite a farmi ridere praticamente dall'inizio alla fine. Queste trovate sono rese ottimamente soprattutto grazie alla grande regia che caratterizza quest'opera, dato che si basano spesso su trovate visive o su spostamenti di camera funzionali alla battuta. C'è una tale cura in ogni scena da dover prestare molta attenzione anche allo sfondo delle inquadrature, perché potrebbero esserci situazioni di puro nonsense (come in pizzeria). Ogni personaggio è ovviamente sopra le righe e molti rimarranno impressi per via della loro simpatia. Perfino la colonna sonora, composta quasi unicamente dalle canzoni di Nick Rivers, ha dei testi molto ironici, con Skeet Surfing, scritta dai Beach Boys, che la fa da padrone e riesce a mostrare un'intelligente critica al possesso indiscriminato delle armi. Raramente mi è capitato di vedere una pellicola comica così ben fatta e curata, con un reparto tecnico ottimo che è artefice della comicità e dell'ilarità che scatenano le scene. Insomma, un film indimenticabile per chi, come me, ama questo tipo di battute e sa apprezzare una costruzione delle scene e dei tempi comici da manuale.

domenica 10 novembre 2013

L'amico di famiglia (2006) di Paolo Sorrentino


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Altra prova riuscita per Sorrentino, che si conferma uno dei migliori registi italiani in circolazione. Il protagonista è Geremia, un usuraio che ha fatto una fortuna facendo prestiti alle persone che vivono nella sua zona, grazie ad un buon intuito su quali prestiti concedere e quali no. Il personaggio migliore e scritto meglio è indubbiamente il protagonista, che mostra molte sfaccettature nella sua personalità, passando da momenti di cattiveria pura a momenti di fragilità, quando si trova con la madre o quando non tutto va come previsto. Anche i comprimari sono ben fatti, senza eccellere, e creano un quadro interessante intorno a Geremia. Il film muove una forte critica al consumismo sfrenato e all'indebitamento, dato che le persone che usano i servizi dell'usuraio lo fanno per futili motivi o sono disposti a tutto pur di ottenere i soldi. C'è una ricerca quasi ossessiva del denaro da parte delle persone, mostrando una società che si basa molto sull'apparenza e che è composta da persone sole che pensano a fare solo i propri interessi. Tutto l'ambiente è così marcio che nessuno pensa a denunciare all'autorità l'usuraio, dato che viene visto come una risorsa. Lo stesso protagonista sarà circondato da sentimenti fasulli e di facciata da parte di persone che vedono in lui un'opportunità di guadagno, più che una persona. La regia è molto bella, con una macchina da presa sempre in movimento che non infastidisce, ma riesce a coinvolgere lo spettatore. La fotografia è ottima sfrutta molto la luce naturale creando inquadrature molto belle. Anche la colonna sonora è molto bella e evocativa, anche se un po' troppo presente. Gli attori sono in parte, con una menzione d'onore al protagonista, che fornisce una performance notevole. Grazie alle buone interpretazioni del cast, vengono fuori dei personaggi interessanti, anche se non tutti ben fatti o approfonditi a sufficienza per spiegare le decisioni che prenderanno lungo il film. La pellicola segue gli affari di Geremia, fino a quando incontrerà una donna che lo porterà  a modificare le sue abitudini e a perdere molti dei suoi legami fino a farlo diventare più solo di prima. La trama non sempre fila liscia e sono presenti alcune scelte narrative che non sono ben spiegate. Ciononostante, siamo di fronte ad una bella opera, ottima dal punto di vista tecnico che riuscirà a far riflettere su come la società odierna sia schiava del dio denaro, che viene qua rappresentato dal brutto usuraio.

Crows Zero II (2009) di Takashi Miike


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Bel cinefumetto girato con grande maestria. La storia prosegue dove si era interrotto il primo: Genji ha sconfitto Serizawa per il controllo dell'istituto Suzuran e continua la sua crociata per il controllo totale, ma verrà iniziata, nel frattempo, una guerra con l'istituto Hosen per dimostrare quale sia il più forte. L'ambientazione di questo film è totalmente irreale, dato che gli istituti non presentano personale scolastico, ma somigliano a piccoli feudi in cui stanno gli studenti, a loro volta suddivisi in varie fazioni. Le regia è notevole, con sequenze fatte in maniera magistrale. Le scene più riuscite sono senza dubbio i combattimenti, che sono girati benissimo e non danno mai senso di confusione anche grazie a delle coreografie studiate benissimo. La fotografia e la messa in scena sono ottime e vanno a dipingere delle ambientazioni molto suggestive che riescono a dare il giusto tono alla pellicola. Gli attori offrono delle interpretazioni buone, in alcuni casi volutamente sopra le righe, e riescono a dare spessore ai personaggi, i quali sono ben caratterizzati. Il tono predominante dell'opera è simile a quello dei manga o dei cartoni giapponesi, con scenette che ricordano molto quel mondo (come un ragazzo, Takashi Makise, che ha problemi ad avere contatti con delle donne per paura di eiaculare), oltre ad una violenza che non fa mai i danni che ci si potrebbe aspettare. Le parti di storia che seguono le vicende dei pochi adulti presenti nel film sono caratterizzate da un contesto molto più realistico, dove le scelte sbagliate possono portare ad estreme conseguenze. La storia segue un andamento abbastanza canonico, ma nonostante ciò riesce ad intrattenere molto bene, anche se alla lunga i fin troppo numerosi combattimenti possono stancare. Il film muove secondo me una critica soprattutto al mondo adulto, che non si mostra mai interessato alle vicende di questi ragazzi, che vengono invece lasciati allo sbando. Un'altra differenza che va a svantaggio del mondo adulto è che fra i giovani esiste un'etica condivisa da tutti e un forte senso dell'onore, cosa che sembra mancare fuori dalla scuola, dove ognuno per ottenere i propri scopi non si fa scrupoli. Questo è un buon film di intrattenimento che farà divertire molto, grazie alla grande maestria nella regia, anche se la scrittura non accuratissima può provocare ripetitività nelle situazioni, soprattutto confrontando l'opera con il suo predecessore, che segue la stessa linea narrativa e tratta gli stessi temi.

sabato 9 novembre 2013

Machete Kills (2013) di Robert Rodriguez

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Bel film di intrattenimento che quasi raggiunge la bellezza del primo. Gli elementi che hanno reso Machete un cult ci sono tutti: violenza esagerata e comica, effetti speciali fatti male, comicità, personaggi sopra le righe, critica sociale (anche se in maniera minore rispetto al primo) ecc... La differenza è che in questo capitolo tutto è ancora più eccessivo e fracassone. La trama comincia con Machete che viene incaricato di uccidere un messicano, per poi trovarsi invischiato in un complotto mondiale che mira alla purificazione del pianeta. Sono presenti innumerevoli colpi di scena che divertiranno moltissimo, dato che alcuni sono così inverosimili da essere irresistibilmente comici. La regia è volutamente trascurata con stacchi di montaggio fatti male, così da rimanere coerente con il tono della pellicola. Si nota la mancanza di alcune scene con un impatto visivo più marcato, cosa che nel primo era presente (ad esempio la crocifissione), ma si rimane su buoni livelli. Nella fotografia invece predominano i colori giallo e arancione, così da creare un atmosfera messicana al 100%. C'è da notare come il tono della fotografia cambi a seconda delle situazioni dato che, ad esempio, durante il concorso di bellezza risulta essere molto patinata, mentre nel deserto avrà un tono molto più realistico. Ogni personaggio del film rimarrà impresso nella memoria grazie alla bella caratterizzazione e grazie alle situazioni in cui si verrà a trovare ognuno di essi, anche se il migliore risulterà essere ovviamente Machete, che non mancherà di dire frasi che faranno morire dalle risate. La cosa che rende questo film una grande opera di intrattenimento è il fatto che giochi con tutti gli stereotipi dei film d'azione, modificandoli con maestria a proprio piacimento per renderli ridicoli e creare scene fatte così male o così inverosimili da essere comiche. Non mancherà anche in questo episodio una critica sociale al razzismo verso i messicani da parte di alcuni americani o la critica alla grande diffusione delle armi. Viene presa di mira anche la finta aura buonista di cui si circondano i venditori di armamenti, come fa intuire Mel Gibson quando dice che vendere armi a dei mostri (umani), non fa di lui un mostro. La critica non sarà al livello del primo, però rimane su livelli accettabili. Questo è un film di intrattenimento di qualità e merita di essere visto per il divertimento che crea e per via della cura con cui sono riusciti a far sembrare trash e far diventare cult ogni singola scena (che non citerò per non rovinare la sorpresa), riuscendo nella difficile impresa di non fare una copia del primo, ma rinnovandosi bene (cosa non facile).

venerdì 8 novembre 2013

Psyco (1960) di Alfred Hitchcock


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Uno dei migliori thriller mai fatti (se non il migliore). Psyco è un film che tutti conoscono ed ha una trama nota: a una giovane donna viene affidata una somma di denaro da portare in banca, ma lei deciderà di scappare con quei soldi, andando a finire in un motel dove verrà brutalmente assassinata. La storia è superba ed è magnificamente orchestrata da Hitchcock che dosa sapientemente la tensione in modo da avere un ritmo serratissimo, perfino per i giorni nostri, con dei colpi di scena che hanno fatto storia. L'aspetto tecnico è impeccabile, con trovate visive che non sfigurerebbero nemmeno oggi. Ad esempio la celebre uccisione nella doccia è una delle sequenze più belle del cinema mondiale. Anche la decisione di far raccontare cosa succede, mentre la protagonista scappa, attraverso dei dialoghi fuori campo l'ho trovata una scelta molto bella ed elegante. Dalla regia alla fotografia è possibile notare una precisione e una classe rarissime, infatti nessuna inquadratura è messa senza uno scopo o è trascurata. Il cast è in formissima con un Perkins da manuale e con una protagonista che dà un tale spessore al suo personaggio da renderlo quasi reale. La scelta di farla morire a metà film è geniale e sposta l'attenzione su Perkins e sugli amici della vittima. Ciò fa interessare enormemente lo spettatore allo sviluppo della vicenda, facendogli provare una tensione fortissima in molte scene, come quella in cui l'amica della vittima va in casa dei proprietari dell'albergo. L'assassino del film ha fatto storia e pressoché nessun altro criminale è riuscito finora ad eguagliare la profondità e la bellezza di tale personaggio, che riesce ad essere talmente inquietante da essere indimenticabile. Perfino la colonna sonora è diventata una delle più famose al mondo, oltre ad essere omaggiata/copiata in innumerevoli pellicole per via della sua efficacia e della sua bellezza. Da notare come, pure in questo film, emerga una certa diffidenza di Hitchcock nei confronti della giustizia. Non c'è da aggiungere molto ad una tale pietra miliare del cinema che va vista per poterne capire la bellezza.

giovedì 7 novembre 2013

Stake Land (2010) di Jim Mickle


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Bell'horror che fa una variazione dell'apocalisse zombi sostituendo i non morti con i vampiri. La trama è quella classica di ogni apocalisse: un gruppo di tizi cercano di sopravvivere tentando di raggiungere un luogo che dovrebbe essere senza pericoli. Tutto il racconto segue quindi una linea narrativa piuttosto battuta. Nonostante ciò l'utilizzo dei vampiri dà un tocco di novità e creerà situazioni molto interessanti. La regia è ben fatta e, senza far gridare al miracolo, riesce a dare la giusta tensione durante l'opera. Anche la fotografia è buona, anche se è identica a quelle solitamente usate in film analoghi. I personaggi sono ben caratterizzati, con un occhio particolare ai due protagonisti (Martin e Mister), dato che il rapporto fra di loro porterà alla maturità il giovane Martin. La pellicola può essere paragonata a Zombieland, presentando molti punti in comune, anche se è totalmente assente ogni tipo di ironia. Le scene violente non mancano e sono tutte fatte con gusto, senza scadere nel trash e riuscendo a dare ad ogni morte il giusto peso. I vampiri sono caratterizzati da un comportamento fortemente animalesco e, pur non mostrando quasi mai un intelletto degno di nota, riescono a far sempre temere per la vita dei personaggi. La colonna sonora si attesta nella media e sembra un po' scopiazzata dai film simili. La forza dell'opera è nella cura messa in essa, che fa raggiungere l'obiettivo di far restare il tutto appassionante fino ad arrivare ad un bel finale, non originalissimo, in cui c'è il passaggio generazionale fra Mister, che decide di rimanere nella zona pericolosa, e Martin, che invece tenta la sorte avventurandosi dentro l'area che sembra sicura (anche se non viene mostrata). Quindi questo è un film che merita di essere visto, dato che riesce ad intrattenere benissimo e riesce far empatizzare coi personaggi, senza dare un attimo di respiro, pur non brillando per l'originalità della trama, della messa in scena o della caratterizzazione dei personaggi.

martedì 5 novembre 2013

Vampyros Lesbos (1971) di Jesùs Franco


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Grande film che mischia sapientemente horror ed eros. Il film parla di una vampira che succhia il sangue a belle donne per mantenersi giovane e che, quando incontrerà Linda, se ne innamorerà e tenterà di farla diventare come lei. L'opera in questione è fortemente visionaria e, pur essendo pressoché priva di effetti speciali, riesce comunque a creare un'atmosfera con una forte carica erotica sulla quale aleggia la morte. Molte sono le scene morbose e degne di nota, come ad esempio il ballo della vampira o i rapporti fra le due donne. Molte inquadrature sprigionano una sensualità notevole, raramente visibile in altri film, che non sfocia mai nella volgarità. La regia è curata, pur non essendo presente un montaggio eccezionale (con cambi un po' troppo bruschi), con belle inquadrature dei volti ottenute spesso con uno zoom-in seguito da uno zoom-out. Questa pellicola ha sicuramente un suo punto forte nella fotografia, che crea inquadrature dal forte impatto visivo (in senso artistico). I vari personaggi non sono tutti sviluppati con la stessa cura, ma c'è una maggior profondità nelle due protagoniste. Fra di esse infatti nascerà una relazione guidata dalla ricerca del piacere, ma che rischia di trascinare Linda nel baratro della perdizione in caso accettare di diventare vampira. Va notato come nella casa della contessa siano presenti luci irreali e ambienti che la fanno sembrare una dimensione lontana dalla realtà. Una menzione d'onore va alla colonna sonora che, con dei toni psichedelici e orientali, riesce ad imprimersi nella memoria. Quindi, un'opera assolutamente da vedere essendo una valida rivisitazione del mito del vampiro, in uno dei pochi film che riescono a mischiare ottimamente l'erotico con l'horror in sequenze bellissime e dalla carica erotica rara.

Sole a catinelle (2013) di Gennaro Nunziante


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Mediocre film comico che tenta di fare critica sociale, ma si ferma al populismo. Checco Zalone interpreta un venditore di aspirapolvere porta a porta che ha fatto carriera vendendo ai propri parenti, ma che perderà tutto a causa della crisi che lo porterà all'insolvenza. Deciderà comunque di portare il figlio in vacanza per mantenere la promessa fattagli vivendo così varie vicissitudini. Dal punto di vista della trama, siamo di fronte ad una commedia classica dove tutto segue strade ampiamente battute ed è infatti possibile anticipare tutta la storia da un certo punto in poi. Gli attori fanno il loro dovere senza entusiasmare e non riescono a dare spessore ai propri personaggi, che sono scritti in maniera molto superficiale. Gli unici che spiccano sono Checco Zalone e l'odioso figlio (che recita malino) dato che la storia ruota intorno a loro. Ogni personaggio sarà buono o cattivo, senza mezzi termini e ognuno avrà quello che si merita facendo del facile buonismo per tutto il racconto. Dal punto di vista della comicità il film ha dei momenti divertenti dovuti unicamente alle battute scorrette di Checco, anche se dopo un po' il gioco stanca. Per il resto non si hanno mai situazioni memorabili o momenti di ilarità esagerata. Una delle note più dolenti della pellicola è la componente tecnica, dato che il montaggio non è fatto molto bene e la regia, pressochè inesistente, non riesce a dare verve a nessuna gag, lasciando Zalone a fare le sue scenette senza tentare di apportare nient'altro. Le critiche mosse alla società potevano essere sviluppate molto meglio, mentre invece si limitano a cavalcare l'onda del populismo dilagante al giorno d'oggi. Non viene mai data una stoccata convincente e ciò è imputabile ad un mediocre lavoro di scrittura. Ciò che si presenta allo spettatore è una palese commercialata, non totalmente da buttare grazie ad alcune trovate comiche di Zalone, ma che mantiene inalterate le dinamiche già viste con questo comico e, insieme ad un reparto tecnico anonimo, forniscono un film facilmente dimenticabile e di scarsa qualità (con una scena finale da galera).